Addio a Bomprezzi, “giornalista a rotelle”

PADOVA. È morto ieri a Milano, Franco Bomprezzi, giornalista, scrittore, aveva 62 anni. Si è spento all’ospedale Niguarda, presso il Centro Clinico Nemo, non riusciva più a respirare in seguito all’aggravarsi di un’embolia polmonare.
Con la scomparsa di Franco perde forza la testimonianza di vent’anni di giornalismo, ma resta vivo il ricordo di una personalità straordinaria. Bomprezzi era in carrozzina, colpito da una disabilità che comunque era riuscito a metabolizzare con l’intelligenza creativa, la forza di carattere, il desiderio di vivere una vita piena, completa, il coraggio di osare.
«Sai – mi diceva – io non ho mai camminato, ma dentro di me sento il ritmo del passo e della corsa, è una specie di imprinting». Era nato a Firenze il primo agosto del 1952, a scuola in varie parti d’Italia in seguito ai trasferimenti del padre colonnello della Guardia di Finanza: aveva frequentato il liceo a Rovigo e si era laureato in Lettere all’Università di Padova.
E a Padova Franco aveva fatto politica: consigliere comunale prima con il Psdi, poi con il Psi dell’avvocato Antonio Testa. Bomprezzi aveva il dono della parola, con i suoi interventi era in grado di incantare e persuadere e il talento della scrittura. Ma, handicap o meno, non era uomo da tavolino, da cucina redazionale, lui amava stare sul campo. Ricordo che al Carlino abbiamo fatto insieme memorabili servizi di nera, anche perché lui, che non camminava, era l’unico della redazione a muoversi in automobile.
Rapina a Limena: banditi travestiti da ufficiali della Finanza assaltano una gioielleria. Sulla porta del negozio uno dei delinquenti brandisce un mitra Ingham di fabbricazione spagnola e quando arrivano i carabinieri spara una raffica. La risposta è precisa e l’uomo cade colpito in fronte. Scendiamo dalla macchina, io spingo la carrozzina con a bordo Bomprezzi: «Siamo del Carlino». Ci guardano a bocca aperta ma ci fanno passare. Franco esplora la zona con la sua carrozzina e, quando rimontiamo in auto, sporca il volante di sangue perché è passato più volte vicino al cadavere, manovrando le ruote con le mani.
Franco, collaboratore, è stato in pratica il direttore di Telecarlino, la trasmissione quotidiana che propagandava il giornale e anticipava le notizie più importanti. Per un certo periodo Bomprezzi lavora alla Fiera di Padova come capo ufficio stampa. Ma, quando nasce il mattino di Padova, Franco viene finalmente assunto e presto diventa responsabile della cronaca e successivamente della Cultura, dimostrando notevoli capacità organizzative e un grande intuito nel fare squadra.
Abitava in via Einstein, una grande casa, con i genitori, il fratello e una nipotina, poi il tempo ha portato via padre e madre. E la casa è rimasta triste e vuota. Franco ha trovato l’amore che ha dato una svolta alla sua vita: si è sposato con Nadia, anche lei disabile, sono andati negli States per la luna di miele, hanno visitato la “grande mela”, da soli, in perfetta autonomia.
Poi hanno trovato casa in via Pellizzo, vicino al giornale, con la compagnia di un gatto. Ma ormai Padova andava stretta a Franco. Si era trasferito a Milano, aveva trovato più spazio, una mentalità più aperta, aveva cominciato ad occuparsi del problema dell’handicap scrivendo su riviste e coordinando l’attività di Telethon. Poi la malattia di Nadia, una forma di lupus, si era fatta più grave e quando si era spenta Franco, dopo anni di convivenza felice, era rimasto solo. Resistendo alla sofferenza, grazie soprattutto alla cultura, Franco era uscito dalla depressione, aveva trovato l’amore, la dedizione e l’assistenza di una ragazza, Silvia. Poi il problema della respirazione, una vecchia piaga, l’improvviso aggravarsi, la fine. Franco, pur nel contesto di un ferreo equilibrio, era comunque una persona allegra, proclive allo scherzo, vivergli vicino, per lavoro o per comuni interessi culturali, era formativo e piacevole, lui ha sempre dato più di quanto abbia ricevuto.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova