Adige contaminato da metalli tossici, aperta indagine sull'inquinamento

ROVIGO
Troppi metalli pesanti nell’Adige: centomila cittadini restano senza acqua potabile per quasi due giorni. E spunta un’ipotesi, che sarà sicuramente oggetto di un’indagine: quello dello sversamento, di una “mano” che abbia approfittato del periodo d’emergenza e della piena del fiume per rilasciare nell’acqua notevoli quantità di piombo e alluminio.
Da martedì a ieri pomeriggio l’impianto di potabilizzazione di Boara Polesine (Rovigo), che serve decine di migliaia di cittadini polesani e depura l’acqua prelevata dal fiume Adige, non è stato in grado di garantire l’erogazione di acqua potabile. Inizialmente pareva che la causa fosse l’eccessiva quantità di fango portato dell’eccezionale ondata di piena del fiume Adige. A rendere necessario lo stop all’erogazione dell’acqua, invece, è stato un livello eccezionale di ferro, piombo e alluminio disciolti nelle acque del fiume. Acquevenete, l’ente gestore della risorsa idrica del Basso Veneto, non ha diramato alcun dato ufficiale ma ha parlato di valori notevolmente oltre la soglia di sicurezza. Senza parametri rispettati in merito alla potabilità dell’acqua, ha letteralmente chiuso i rubinetti, lasciando per un giorno e mezzo i cittadini di nove Comuni polesani – il capoluogo Rovigo su tutti – senza acqua.
Solamente ieri alle 15 il presidente di Acquevenete, Piergiorgio Cortelazzo, ha potuto consegnare alla Prefettura di Rovigo la dichiarazione di potabilità rilasciata dall’Usl. Dalle 18 di mercoledì in alcuni Comuni, dalle 2 di notte di ieri in altri, era ripresa l’erogazione dell’acqua, che però per ordinanza sindacale non era considerata potabile. I cittadini l’hanno potuta usare, quindi, solamente a scopi domestici o per lavarsi, ma non a fini alimentari e tantomeno come bevanda. Il trattamento con cloruro ferrico, reagente in grado di abbattere gli inquinanti presenti nell’acqua in arrivo dall’Adige, e la pulizia delle condotte, hanno permesso di riequilibrare i valori e di annullare l’ordinanza di non potabilità.
Perché l’acqua dell’Adige ha registrato valori così alti di metalli pesanti? Tavoli tecnici e istituzionali non hanno escluso l’ipotesi dello sversamento. Qualcuno, in parole povere, avrebbe potuto approfittare della piena dell’Adige per smaltire in maniera pericolosa e assolutamente fuorilegge ingenti quantità di inquinanti. L’eventualità sarà presa in considerazione, ora che è stata risolta l’emergenza primaria, con tutti gli strumenti del caso. Ci saranno indagini, come hanno spiegato prefetto di Rovigo e forze dell’ordine nel corso delle riunioni svolte nelle ultime ore. È quindi molto probabile che la Procura avvii un’inchiesta su questa circostanza, anche se dall’autorità giudiziaria si mantiene per ora il massimo riserbo. L’ipotesi sversamento è tuttavia ritenuta poco probabile da esperti del settore: l’inquinamento sarebbe stato troppo prolungato nel tempo, rendendo incompatibile il fenomeno a uno sversamento isolato. Sembra più plausibile, invece, il fatto che la piena abbia eroso terreni che fino a questo momento non erano ancora stati toccati e che erano contaminati da quei metalli.
Al di là delle eventuali responsabilità sull’inquinamento dell’acqua, chiarezza viene chiesta circa l’interruzione del servizio. Dieci consiglieri comunali a Rovigo (il primo firmatario è Ivaldo Vernelli, ex M5S ora indipendente, seguito da colleghi del M5S, del Pd e di liste civiche) hanno chiesto, ufficialmente, la convocazione di un consiglio comunale monotematico, evidenziando la necessità che in aula siano presenti tra gli altri Piergiorgio Cortelazzo, presidente di Acquevenete, il numero uno del Consiglio di Bacino Polesine Leonardo Raito e il commissario Arpav Luciano Gobbi. —
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