Aiuti al consulente del boss, finanziere arrestato

Camorra nel Veneto orientale: in manette a Roma l'appuntato Michele Napolitano, in affari con Angelo Di Corrado, braccio destro di Luciano Donadio per questioni fiscali
Il processo ai Casalesi, in aula bunker a Mestre
Il processo ai Casalesi, in aula bunker a Mestre

NOVENTA DI PIAVE. In manette un finanziere che si era messo in affari con Angelo Di Corrado, il consulente finanziario del clan camorristico di Luciano Donadio. Il militare, l’appuntato Michele Napolitano, 54 anni, presta servizio al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Roma.

In questi anni Napolitano ha risolto varie grane al consulente oltre a consigliarlo come risolverne altre. Quando Di Corrado decide di collaborare con la Procura Antimafia racconta parecchie cose, oltre a quelle relative al clan di Eraclea, anche del malaffare legato alle coop che sfruttano gli stranieri che lavorano alla Fincantieri di Marghera.

Angelo Di Corrado, consulente di Luciano Donadio
Angelo Di Corrado, consulente di Luciano Donadio

Parla del finanziere diventato suo “consulente" stabile, e poi, attraverso la fittizia intestazione al figlio Matteo di una quota societaria del 33 per cento, socio occulto della società Abaco Srls (con legale rappresentante Di Corrado e luogo dell'attività lo studio a Noventa di Piave, Piazza Vittorio Emanuele 23). Convince Di Corrado, assicurandolo che la sua «presenza avrebbe protetto" la società “Abaco Srls” e l'ulteriore società “Ma Consulting Srls” (con stessa sede ndr) di cui Di Corrado era uno dei referenti, in occasione di eventuali controlli di cui avrebbero potuto costituire oggetto da parte di militari della Guardia di Finanza», scrive nell’ordinanza che lo ha portato in carcere, il gip Barbara Lancieri.

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L’indagine dei finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia è stata coordinata dal sostituto Giorgio Gava.

Scrive sempre la dottoressa Lancieri: «Promette che avrebbe apportato all'Abaco srls nuovi clienti, e, quindi, per la remunerazione di tali suoi ruoli, indebitamente si procurava, in violazione di norme di legge/ regolamento, cospicui profitti, costituiti in particolare: da dazioni di denaro per cifra complessiva dell'ordine di circa 40.000 euro, operate a suo favore da Angelo Di Corrado, anche per il tramite della sua collaboratrice e compagna Sara Dolo, del padre Bruno e del fratello Alessandro (tali somme di denaro gli venivano in parte corrisposte in contanti, in parte tramite operazioni di ricarica su carta postepay, in parte per il tramite della società inglese N.C. Equity Management Idt, anch'essa a lui riconducibile».

Ma non solo. Si faceva intestare un’auto di lusso noleggiata da Di Corrado e un telefonino. Tra le sue grinfie cadeva anche Christian Sgnaolin, altra figura di spicco nell’indagine contro il clan Donadio e in quella sullo sfruttamento dei bengalesi delle Coop che lavorano alla Fincantieri. Per evitare, dice lui, che finisse in carcere, si fa consegnare voucher, per 1000 euro, di un centro benessere di Roma che poi consegna a una capitana. Altre migliaia di euro le intasca da un bengalese a cui spiega come denunciare i cognati che odia, facendoli passare per terroristi pronti a fare un attentato alla Fincantieri. Allo stesso bengalese suggerisce di nascondere della droga in casa di un connazionale che odia, e poi di chiamare la Finanza. —

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