Antiabortisti negli ospedali padovani con la convenzione dell’Usl: «Attacco alla 194»

Il Movimento per la Vita farà volontariato e attività divulgativa a Camposampiero. Baldin, 5 Stelle e Camani, Pd: a rischio le conquiste e la libertà delle donne

Costanza Francesconi
I volantini del Movimento per la vita - Centro aiuto alla vita
I volantini del Movimento per la vita - Centro aiuto alla vita

Le associazioni pro-vita nei luoghi della sanità pubblica padovana entrano dalla porta principale: con la convenzione, rinnovata il 23 dicembre, tra la Usl 6 Euganea e l’associazione antiabortista Movimento per la Vita – Centro Aiuto alla Vita di Camposampiero, e con quella nuova, preannunciata dallo stesso ente, in arrivo nell’ospedale di Cittadella.

L’azienda sanitaria concede agli antiabortisti di essere presenti con proprie bacheche e materiali informativi nell’ospedale di Camposampiero e nelle sedi distrettuali dell’Alta Padovana per i prossimi quattro anni. L’obiettivo è promuovere i valori dell’associazione con volantini e il supporto dello stesso personale sanitario interno, per «aiutare le donne in difficoltà a seguito di gravidanza, maternità e le donne che hanno effettuato l’interruzione di gravidanza nel rispetto della legge 194 del 1978», secondo quanto scritto nella delibera del direttore generale della Usl 6 Euganea, Paolo Fortuna.

Le reazioni contrarie

Il documento, approvato alla vigilia di Natale, ha scatenato una bufera da parte delle consigliere di opposizione in Consiglio regionale Veneto: Vanessa Camani (Pd), Erika Baldin (Movimento 5 Stelle) ed Elena Ostanel (Il Veneto che vogliamo), e della Cgil di Padova.

«Un diritto messo sotto attacco», afferma Ostanel, riferendosi alla legge 194 del 1978, «caposaldo delle conquiste femminili di massa», aggiunge Baldin.

Per la consigliera dem Vanessa Camani, «il lavoro delle associazioni pro-life nel territorio è un conto, ma ci sono luoghi in cui la libertà di scelta dev’essere maggiormente garantita, così come l’accesso libero alla interruzione volontaria di gravidanza».

Baldin inquadra l’iniziativa come parte di «una serie di attacchi concentrici alla legge 194 del 1978». «Ciò che accade a Camposampiero», evidenzia, «applica un disegno di legge promosso da Fratelli d’Italia e approvato dal Senato lo scorso aprile, che autorizza le associazioni pro-vita a entrare nella sanità pubblica per dissuadere chi ha intenzione di abortire».

A novembre, Ostanel aveva interrogato l’assessora alla Sanità Emanuela Lanzarin sulle intenzioni della Regione di avvalersi del sostegno di simili associazioni nella programmazione sanitaria. «La risposta era stata che il tema non era all’ordine del giorno, ma oggi lo è, urgentemente», avverte.

Anche la Cgil di Padova critica la convenzione: «C’è il rischio di stigmatizzazione verso chi, non senza difficoltà, decidesse di interrompere una prospettiva di maternità nei confini di legge, ma in un ambiente dove un medico su due è obiettore», spiegano Marianna Cestaro e Manuela De Paolis, delegate Cgil rispettivamente a Pari opportunità e settore sociosanitario.

«Non comprendiamo il motivo della convenzione», concludono, «su tante associazioni, perché sceglierne una così schierata, che “ha la finalità di difendere la vita di ogni essere umano senza eccezione, dal concepimento fino alla morte naturale”, quando nella sanità pubblica ci sono già i servizi sociali?».

La convenzione: cosa prevede

«Con le locandine e i pieghevoli speriamo che le donne che vanno al consultorio e negli ambulatori dei medici di famiglia, se hanno dubbi o difficoltà ci contattino», spiegano Stefania Dal Toso e Stefano Volpato, rispettivamente presidente e vice del Centro Aiuto alla Vita di Camposampiero scelto dalla Usl.

Il numero “Sos Vita” risponde da Roma 24 ore su 24. «La futura madre con certificato regolare di aborto o in procinto di richiederlo perché in disagio, può aprire una porta diversa. Dopo il primo colloquio telefonico, viene indirizzata alla sede territoriale più vicina», chiariscono.

Le sedi sono ad Abano, Campodarsego, Camposampiero, Trebaseleghe, Vigonza, Cittadella, Colli Euganei, Este, Monselice, Montagnana, Padova, Piove di Sacco e Polverara. «I volontari ricevono al 95% donne disincentivate alla maternità perché senza soldi. Offriamo pannolini, latte, un tetto nelle case di accoglienza e un sussidio finanziario», racconta Volpato.

Preannunciata anche una convenzione con l’ospedale di Cittadella, «per salvare qualche bimbo in più dall’interruzione volontaria di gravidanza».

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