Arrigo Cipriani e l’elogio dell’accoglienza: «Tradizione spazzata via senza sostituirla»

VENEZIA. È il barista-ristoratore più famoso del mondo, ma da otto anni non beve alcolici; non solo: da bambino era quasi anoressico e decisamente malaticcio, mentre adesso – a 87 anni - ha dei bicipiti di acciaio (ce li ha fatti tastare!), grazie a mezz'ora quotidiana di pesi e karatè: oltre naturalmente ad essere dotato di una vitalità e uno spirito invidiabili.
Arrigo Cipriani, patron dell'Harry's Bar, non delude mai l'interlocutore, sia che si tratti di un giornalista – a cui riserva aneddoti succosi, battute salaci e sentenze agrodolci - che di un normale avventore, con cui è prodigo di attenzioni, non importa se è un turista di passaggio, l'ex gondoliere elegantissimo che pranza qui tutti i giorni, uno scrittore o una stella del cinema (Ernest Hemingway, Truman Capote, Charlie Chaplin, Orson Welles, che peraltro fu inseguito fino alla stazione perchè aveva dimenticato di pagare il conto), un miliardario (Onassis) o un sovrano (“un giorno ce n'erano quattro seduti ai nostri tavoli”, racconta).
Ambasciatore del gusto e dell'accoglienza, Cipriani però oltre che ai fornelli ama cimentarsi anche con la penna, e con buon successo, visto che finora ha pubblicato ben 12 libri, e con editori di tutto rispetto, da Rizzoli a Longanesi, da Giunti a Feltrinelli, da Sperling & Kupfer a Dalai.
E proprio all'”Elogio dell'accoglienza” (Ed. Aliberti) è dedicata la sua ultima fatica, che raccoglie le sue lezioni agli studenti del corso di Economia del turismo a Ca' Foscari.
Un'attività pubblicistica iniziata nel lontano 1980 con un articolo sul Gazzettino in ricordo del padre Giuseppe appena scomparso, fondatore dell'Harry's Bar e inventore del Bellini e del Carpaccio, ancor oggi fiori all'occhiello del locale a due passi da San Marco e dei suoi 26 cloni sorti negli ultimi decenni in tutto il mondo. Si, perchè oggi Cipriani significa un impero con 3000 dipendenti, 250 milioni di fatturato e ben 27 locali, ristoranti, hotel, negozi alimentari (anche un pastificio e un caseificio) da New York a Dubai, da Mosca a Hong Kong, da Ibiza a Riad.
“L'artefice di questo sviluppo è soprattutto mio figlio Giuseppe, che ha lo spirito imprenditoriale del nonno – spiega Cipriani – Ora stiamo aprendo anche in Uruguay e a Gedda, ma personalmente sono molto fiero anche della coltivazione di 30mila carciofi all'isola di Torcello (a due passi dalla celebre Locanda Cipriani, gestita da Bonifacio Brass, figlio del regista Tinto e di Carla, sorella di Arrigo, ndr), che ha anche l'obiettivo di fermare lo spopolamento dell'isola e l'abbandono dei suoi campi”.
Cominciamo dagli inizi: perchè nasce a Verona?
Per caso. Ci viveva mio nonno ferroviere, un vecchio militante socialista, che stava morendo, e mia mamma, incinta di me, era andata ad assisterlo.
Assieme a lei è nato anche il locale...
Un anno prima, per la precisione. E il nome del bar non deriva dal mio nome, come si potrebbe pensare, semmai il contrario. Si chiama Harry's in onore di un giovane cliente americano - Harry Pickering - a cui mio padre nel 1928 aveva prestato 10mila lire per consentirgli di tornare a casa. Due anni dopo Harry si presentò a mio padre con 40mila lire, con cui egli aprì il suo bar.
Qual è il primo cibo che ricorda?
Ah, non è un buon ricordo. Da piccolo mia mamma mi dava a colazione una scodella di pane e caffelatte, ma io non la digerivo, e mi restava sullo stomaco. E poi, siccome da bambino ero malaticcio e inappetente, e per farmi mangiare dovevano distrarmi con dei giochi e infilarmi il cibo in bocca, mi costringeva anche a prendere l'olio di fegato di merluzzo... Sono vivo per miracolo! E' stata mia moglie a trasmettermi il piacere per il buon cibo, ma solo dopo i 25 anni.
Strano inizio per il figlio di un principe dei ristoratori, non trova?
Si, ma in realtà mio padre non mi voleva ristoratore, ma avvocato. E in effetti mi iscrissi a giurisprudenza, ma già il primo esame fu un flop: con un po' di presunzione avevo scelto Istituzioni di diritto privato, ma il professore mi dette il classico 19 che voleva dire “un po' hai studiato ma hai capito ben poco... E così due ore dopo l'esame ero dietro la cassa del bar, e ci sono rimasto per 70 anni.
Ristoratore, barista, ma anche scrittore...
Scrittore o scrivano... Insomma, qualcosa di buono devo aver scritto, se di libri me ne hanno pubblicati dodici, senza bisogno di editing: lo dico perché se uno scrittore apre un bar tutti contenti, ma se un ristoratore scrive un libro non ci crede nessuno che sia farina del suo sacco.
Cosa si mangiava all'Harry's Bar a quei tempi?
In particolare la cucina tradizionale francese: scampi alla Termidoro, sogliole alla Casanova, ma anche piatti della cucina veneta, come il risotto primavera. Alcuni li abbiamo ancora nel menù, con piccole modifiche. D'altra parte il nostro non è il pubblico delle guide, ma il cliente che torna e chiede “lo fate ancora quel piatto?”
Ma come ha visto cambiare negli ultimi decenni i gusti della gente?
Nel tempo ho riscontrato che nei periodi di opulenza la gente torna ai cibi poveri. Nei momenti di crisi invece vanno di più i piatti raffinati, ricchi di salse, e i dolci... Nel dopoguerra, povero ma segnato dalla gioia di vivere, andava via il caviale a carriole: ne vendevamo due chili al giorno!
E cos'è successo in cucina negli anni più recenti?
Viviamo nell'onda lunga del '68, che ha spazzato via la tradizione senza sapere con cosa sostituirla. Ora prevale la forma sulla sostanza, e gli chef stellati che oggi spopolano in tv fanno prevalere il disegno dei cibi sul gusto. Non solo: la tecnologia tende a sostituire l'uomo, anche per ragioni meramente economiche: un risponditore telefonico automatico, un robot che ti accompagna in sala, certo costano meno di un cameriere, ma come spiego ne “L'elogio dell'accoglienza” nel nostro mestiere l'elemento essenziale è l'uomo capace di entrare in sintonia con le tante diversità di cui sono portatori i suoi ospiti, fino a farli sentire a casa loro nel suo locale. Questo è il cuore della tradizione italiana dell'accoglienza, e il segreto del nostro successo.
Cos'è per lei la dieta?
Il segno di un mondo che si è allontanato dall'uomo. Io ho capito da anni che mangiare troppo, fumare, bere alcool, fa male, e mi regolo di conseguenza.
E il lusso?
Il lusso è l'anima delle cose. E la vita è il lusso maggiore.
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