Arrigo Cipriani. La paura reale e forte delle bombe e quella silenziosa arrivata con il virus

Differenze tra i timori vissuti negli anni della Seconda guerra mondiale e quelli incombenti che i cittadini stanno vivendo in questi giorni
AGOSTINI AG.FOTOFILM TREVISO CONVEGNO ''IL FUTURO DELLA FOOD ECONOMY NEL VENETO'' HOTEL M. CONSIGLIO, IN FOTO ARRIGO CIPRIANI
AGOSTINI AG.FOTOFILM TREVISO CONVEGNO ''IL FUTURO DELLA FOOD ECONOMY NEL VENETO'' HOTEL M. CONSIGLIO, IN FOTO ARRIGO CIPRIANI
Non era mai successo. E invece si.
 
Sono uno degli anziani che la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, bontà sua, ordinerà di liberare per ultimi, ma solo quando anche lei dichiarerà definitivamente sconfitto il coronavirus.
Mi ritrovo perciò tra i pochi superstiti che hanno vissuto la Seconda guerra mondiale e che possono dire che ciò che stiamo vivendo era già successo. Appunto.
 
In laguna tra il 1943 e il 1945 l’acqua era calma come in questi giorni, ma non lo erano i cieli perché da un momento all’altro poteva sbucare un aereo con un pilota che sembrava divertirsi a fare il tiro al bersaglio di qualsiasi cosa si muovesse sull’acqua.
 
Così furono colpiti e affondati vaporetti carichi di gente, fu colpita e scoppiò una finta nave ospedale ormeggiata a San Basilio.
 
Dal sandolo in laguna con mio padre ho visto aerei ruggire sopra di noi a bassissima quota, ho visto le formazioni di bombardieri volare alti per colpire i civili di Treviso, ho visto dalla marittima saltare in aria le enormi cisterne di benzina di Marghera, esplodere da 50 metri le finestre di ca’ Giustinian distrutta da una bomba partigiana. Quando accadde ero con mio padre in barca proprio davanti alla Punta della Salute. Il 26 Luglio 1946. Saranno state le 10 del mattino.
 
Così oggi, nel ricordo di questi orrori, mi chiedo quale sia la differenza tra la paura di allora e quella silenziosa di oggi. La paura di una morte vera e incombente inasprita dalla mancanza della libertà e quella temuta che serpeggia ovunque adesso.
 
Dopo l’8 settembre 1943 la dittatura fascista divenne tedesca. E quello fu il momento del vero terrore. Non si poteva parlare e nemmeno pensare.
 
Si poteva morire per una bomba, ma anche per una parola o un pensiero. Si finiva massacrati per essere di una religione diversa. Era scomparsa perfino la fiducia tra gli amici. Si moriva per il solo pensiero della libertà.
Così mi chiedo come si possa dare una spiegazione all’odierno terrore. 
 
Io credo, ma forse mi sbaglio, che se allora i pericoli erano veri e reali, da molti anni si è cercato di dare forma ad eventi catastrofici futuri raccontati come reali anche se non dimostrati. Chi non si ricorda il buco dell’Ozono che si chiuse repentinamente e inspiegabilmente. Il riscaldamento globale, l’eccesso di CO2, le mortifere scoregge delle innocenti mucche della Nuova Zelanda, la dura sfuriata rivolta agli intimoriti membri dell’Assemblea delle Nazioni Unite da una ragazzina che ha il pregio di scioperare il venerdì. E poi, sempre, la chiusura totale agli oppositori di queste funeste previsioni, come è successo non molto tempo fa per il discorso tenuto al nostro parlamento dal nostro premio Nobel Rubbia e mai riportato dalla stampa perché contestava apertamente i falchi del clima. I quali invece ottengono ampia solidarietà da una potente filiera eco-bio-verde finanziata da un trilione di euro promessi da Ursula nel suo discorso inaugurale che iniziò con un commovente riferimento all’acqua alta di novembre a Venezia, premonitrice di lugubri visioni apocalittiche del futuro.
 
Ecco solo per dire che quello del passato era vero terrore. Vero non finto.
 
Adesso mi sembra sia più forte la paura di non essere pronti. —
 
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