Autonomia, gioco dell’oca che torna sempre al via
tanto meno il centrodestra
L’autonomia svilita a gioco dell’oca politico. Nelle campagne elettorali, divora caselle; dopo il voto, si insabbia regolarmente nella fatidica 58: dove si paga la posta e si ricomincia daccapo. Il rischio dell’ennesima replica a settembre è corposo.
La partita ha già preso il via con un manifesto formato elefante, dove campeggia la scritta “Autonomia”, retto da Zaia e Salvini; uno dei due è un portoghese del consenso, indovinate chi? Lo prova il fluviale documento della Lega, che tracima in ben 200 pagine: nelle quali risulta appena infilata la parola “federalismo”, e l’autonomia viene citata solo “in difesa delle tradizioni e della cultura”.
Peggio ancora nel testo del programma del centrodestra: dove per trovare la parola “autonomia”, e solo a larghe spanne, si deve arrivare a pagina 63. Gli avversari riescono comunque a superarli al ribasso: tra i principi fondamentali enunciati dal centrosinistra, di autonomia neanche l’ombra; in compenso, spicca il “diritto alla connettività digitale”.
Diciamocelo chiaro e forte: nelle case-madri dei partiti, dell’autonomia se ne stropicciano; salvo usarla come specchietto per le allodole nelle stagioni di caccia al voto.
Non ne ha sfornato un grammo il centrosinistra, che pure ha governato il Paese a lungo; tanto meno il centrodestra, quando è stato al comando (parecchio) a Roma come a Venezia (sempre). Con una responsabilità primaria della Lega, nata per la battaglia federalista; nella quale, con Bossi prima e con Salvini poi, “sul ponte sventola bandiera bianca”: resa incondizionata, mascherata dietro reiterati proclami solo verbali.
Come ricorda il leghista doc veneto Roberto Marcato, lo sbandierato accordo a tre Salvini-Meloni-Berlusconi sull’autonomia è stato siglato già due anni fa, ma nulla è accaduto. Quella odierna è solo una replica a beneficio di telecamere e di propaganda; cui il leader leghista aggiunge addirittura la data di arrivo, a ottobre prossimo.
Mente sapendo di mentire. L’intesa a tre in materia lega a doppia mandata l’autonomia al presidenzialismo; ma mentre per la prima il cammino è già a tre quarti, il secondo richiede passaggi istituzionali lunghi e complessi.
Siamo al più plateale dei bluff, che il presidente del Veneto Zaia invita peraltro formalmente a smascherare: chiedendo che, se vincerà il centrodestra, in caso di inadempienza la Lega esca dal futuro governo. Non succederà mai: in Italia si può far cadere un esecutivo per un termovalorizzatore o per mano di Carneadi tipo Mastella e Turigliatto; quando mai su una questione di principio?
E tuttavia, una strada c’è per non subire l’ennesimo gioco dell’oca: un patto trasversale tra centrodestra e centrosinistra, a partire dalle tre regioni in prima linea e con forte peso elettorale nei rispettivi partiti (Veneto e Lombardia con la Lega, Emilia col Pd), per far pressione sulle rispettive case-madri perché l’autonomia affronti il prima possibile l’ultimo passaggio. Anche perché un testo concordato tra le parti esiste già al 90 per cento; il realismo impone a entrambe di rinunciare ad alcuni punti in nome dell’obiettivo comune. Se così non sarà, non resterà che aggiornare al presente la sconfortata epigrafe dedicata dal Petrarca alla filosofia: povera e nuda vai, autonomia.
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