Autonomia, gioco dell’oca che torna sempre al via

Nelle case-madri dei partiti, questo tema è solo uno specchietto per le allodole nelle stagioni di caccia al voto. Non ne ha sfornato un grammo il centrosinistra

tanto meno il centrodestra

Francesco Jori
Luca Zaia con Matteo Salvini
Luca Zaia con Matteo Salvini

L’autonomia svilita a gioco dell’oca politico. Nelle campagne elettorali, divora caselle; dopo il voto, si insabbia regolarmente nella fatidica 58: dove si paga la posta e si ricomincia daccapo. Il rischio dell’ennesima replica a settembre è corposo.

La partita ha già preso il via con un manifesto formato elefante, dove campeggia la scritta “Autonomia”, retto da Zaia e Salvini; uno dei due è un portoghese del consenso, indovinate chi? Lo prova il fluviale documento della Lega, che tracima in ben 200 pagine: nelle quali risulta appena infilata la parola “federalismo”, e l’autonomia viene citata solo “in difesa delle tradizioni e della cultura”.

Peggio ancora nel testo del programma del centrodestra: dove per trovare la parola “autonomia”, e solo a larghe spanne, si deve arrivare a pagina 63. Gli avversari riescono comunque a superarli al ribasso: tra i principi fondamentali enunciati dal centrosinistra, di autonomia neanche l’ombra; in compenso, spicca il “diritto alla connettività digitale”.

Diciamocelo chiaro e forte: nelle case-madri dei partiti, dell’autonomia se ne stropicciano; salvo usarla come specchietto per le allodole nelle stagioni di caccia al voto.

Non ne ha sfornato un grammo il centrosinistra, che pure ha governato il Paese a lungo; tanto meno il centrodestra, quando è stato al comando (parecchio) a Roma come a Venezia (sempre). Con una responsabilità primaria della Lega, nata per la battaglia federalista; nella quale, con Bossi prima e con Salvini poi, “sul ponte sventola bandiera bianca”: resa incondizionata, mascherata dietro reiterati proclami solo verbali.

Come ricorda il leghista doc veneto Roberto Marcato, lo sbandierato accordo a tre Salvini-Meloni-Berlusconi sull’autonomia è stato siglato già due anni fa, ma nulla è accaduto. Quella odierna è solo una replica a beneficio di telecamere e di propaganda; cui il leader leghista aggiunge addirittura la data di arrivo, a ottobre prossimo.

Mente sapendo di mentire. L’intesa a tre in materia lega a doppia mandata l’autonomia al presidenzialismo; ma mentre per la prima il cammino è già a tre quarti, il secondo richiede passaggi istituzionali lunghi e complessi.

Siamo al più plateale dei bluff, che il presidente del Veneto Zaia invita peraltro formalmente a smascherare: chiedendo che, se vincerà il centrodestra, in caso di inadempienza la Lega esca dal futuro governo. Non succederà mai: in Italia si può far cadere un esecutivo per un termovalorizzatore o per mano di Carneadi tipo Mastella e Turigliatto; quando mai su una questione di principio?

E tuttavia, una strada c’è per non subire l’ennesimo gioco dell’oca: un patto trasversale tra centrodestra e centrosinistra, a partire dalle tre regioni in prima linea e con forte peso elettorale nei rispettivi partiti (Veneto e Lombardia con la Lega, Emilia col Pd), per far pressione sulle rispettive case-madri perché l’autonomia affronti il prima possibile l’ultimo passaggio. Anche perché un testo concordato tra le parti esiste già al 90 per cento; il realismo impone a entrambe di rinunciare ad alcuni punti in nome dell’obiettivo comune. Se così non sarà, non resterà che aggiornare al presente la sconfortata epigrafe dedicata dal Petrarca alla filosofia: povera e nuda vai, autonomia.

Argomenti:editoriali

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova