Autonomia del Veneto, l’Avvocatura dello Stato non si schiererà contro il referendum

Il 13 gennaio la Consulta si riunirà per decidere l’ammissibilità dei quesiti. I meloniani: «Non ci stiamo smarcando». Villanova: «Per i veneti sarà soltanto un vanto ritrovarsi da soli a difendere la legge»

Laura Berlinghieri
De Carlo e Speranzon
De Carlo e Speranzon

E alla fine, nella partita per l’Autonomia, il Veneto di fede leghista si ritrova un’altra volta solo. Il 13 gennaio, il giorno in cui la Corte Costituzionale si riunirà per decidere dell’ammissibilità del referendum contro la riforma, l’Avvocatura dello Stato non si schiererà a difesa della legge, presa a picconate dalla precedente sentenza della Consulta, che ha dichiarato l’incostituzionalità di sette suoi punti.

E la lettura politica – pur negata dai diretti interessati – è chiara: a schierarsi per l’Autonomia resta soltanto la Lega. Abbandonata da Fratelli d’Italia e Forza Italia, che, dalla parte del Carroccio al momento dell’iter parlamentare – galateo di coalizione? – non sono certo pronti a spingersi fino all’«Autonomia o muerte».

I diretti interessati, certo, rifuggono questa lettura. «Non c’è nessuna intenzione di smarcarci dalla battaglia per l’Autonomia. E la Corte Costituzionale non fa politica» dice Luca De Carlo, il primo dei meloniani, in Veneto. Mentre il collega senatore Raffaele Speranzon, vicepresidente del gruppo di Fratelli d’Italia, giustifica la decisione, spiegando che «la presenza dell’Avvocatura dello Stato sarebbe stata inutile, dato che il referendum, anche se dovesse essere approvato, non raggiungerà il quorum».

Quanto poi al coordinatore dei forzisti, Flavio Tosi, la sua valutazione è, come sempre, tagliente: «L’Avvocatura generale difende lo Stato e le questioni di interesse statale. L’Autonomia è una questione partitica, legata alla maggioranza. E sarebbe sbagliato che l’Avvocatura dello Stato si inserisse in un dibattito come questo» è la sua valutazione, caustica, e che porta con sé la solita puntura all’amministrazione zaiana. Anche perché non sarà mica il partito della Lega a schierarsi nel giudizio dalla parte dell’Autonomia, bensì la Regione Veneto. Sola.

E, passino tutte le rassicurazioni del caso dei compagni di coalizione, ma al governo regionale certo non sfugge la politicità del non-passaggio.

E così Alberto Villanova, capogruppo della Lega in Consiglio regionale, commenta, arrembante: «Più che alla solitudine del Veneto in questa battaglia, penso al vanto per i veneti: siamo i soli a difendere il principio costituzionale di dare Autonomia ai territori per un’Italia più moderna ed efficiente. È scritto nella nostra storia di veneti, dai tempi della Serenissima: nonostante tutto e tutti, ci schiereremo sempre affinché il nostro popolo possa decidere autonomamente del proprio futuro».

E pure Andrea Martella, segretario del Partito Democratico, coglie lo strappo: «Evidentemente l’Avvocatura dello Stato si rimetterà a quelle che saranno le decisioni della Corte Costituzionale. Indirettamente, è la dimostrazione del fatto che la legge sull’Autonomia differenziata è già stata svuotata in larghissima parte dalla Consulta stessa».

Svuotata e da rifare. Anche se, tra le stanze di Camera e Senato, non si coglie una particolare fretta nel rimettere sui binari la locomotiva dell’Autonomia.

Le strade percorribili per aggiustare la vecchia legge sono due: la più breve, quella del decreto legge; o la più lunga, della legge ex novo. Ma nessuna delle due è all’orizzonte. «Sicuramente ricominceremo a parlarne entro la fine dell’inverno» promette Speranzon. L’ultima volta che si è “iniziato a parlarne”, si sa com’è finita.

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