Bella e determinata, ma con una doppia vita
Non frequentava il paese in cui abitava con il compagno. Progettava un futuro con il medico radiologo

Borin Cornuda Sofiya Melnyka
CORNUDA. Un futuro a due con l’ultimo amante, il medico radiologo Placido Maugeri, 14 anni più grande di lei. Era questo il futuro che stava progettando Sofiya Melnyk? Innamoratissimo lui, tanto da piangere alla notizia della sua tragica morte. Pronta a chiudere definitivamente con Pascal Daniel Albanese, dopo 16 anni di una convivenza sempre più sfilacciata, lei. Ma il matrimonio era davvero il sogno che accarezzava la quarantatreenne ucraina, il cui corpo dilaniato è stato trovato in un dirupo del versante vicentino del Grappa la vigilia di Natale? Bella e determinata, era partita da Kiev in Ucraina, in cerca di quella fortuna che il suo paese non sapeva offrirle. In Francia aveva conosciuto Pascal Albanese, emigrato con la famiglia. E con lui era arrivata in Veneto, stabilendosi qualche anno fa nella villetta acquistata dall’organista del paese e pagata dal geologo emiliano settantenne che con Sofiya aveva intessuto una relazione.
«In Italia noi ucraine», racconta una di loro che vive nel Montebellunese, «arriviamo per motivi differenti. Le donne sopra i 45 anni vengono per fare le badanti, le giovani spesso scelgono la strada del lavoro nei locali notturni. Ci sono anche quelle che si trasferiscono qui per ricongiungersi con il marito-compagno. Difficile trovare ucraine emigrate in Italia per fare la stagione o per lavorare in fabbrica». Sofiya, però, non apparteneva ad alcuna di queste tre categorie. O meglio: la sua vita non era quella apparente di badante neppure quella di interprete, come si presentava ai più, ma neanche quella del sesso facile. Bella, con una cultura superiore alla media delle sue connazionali, aveva scelto un’altra strada. Amanti sì, ma non certo quelli dei privé low cost. Così si era costruita una vita tutta sua, lontana dalla chiacchiere del paese. A Cornuda, dove abitava in via Jona, nessuno dice di conoscerla. «Sì, la si vedeva qualche volta», ammette qualcuno, «ma nessun rapporto diretto. I suoi interessi erano altrove». Mai vista al supermercato, al bar o dalla parrucchiera del paese. E sconosciuta era pure alle comunità di riferimento degli ucraini veneti, quelle di Mestre, quella di Treviso e quella di Conegliano.
«Abbiamo scoperto la sua esistenza dai giornali», confessano. Di fede ortodossa, Sofiya non frequentava la chiesa di Cornuda. In paese gli ucraini censiti sono 14, presenze discrete, che passano inosservate. Neppure la famiglia di Pascal sa schiarire il mistero che si è fatto improvvisamente fitto sulla vita di Sofiya. «Una bella coppia, affiatata», hanno ribadito a più riprese i familiari del convivente, che però ora lei presentava come un cugino. Pascal, un uomo taciturno, diploma di istituto tecnico, continuava a convivere con lei pur consapevole di non essere più l’amore della sua vita, se mai lo era stato. Nei suoi confronti, Sofiya aveva un debito di riconoscenza. Dettato da quale motivo? La verità del loro rapporto potrebbe emergere dai pc sequestrati nella loro abitazione. Forse quel debito si stava trasformando in un doloroso benservito, visto l’ingresso nella vita della donna del medico di origini siciliane conosciuto durante una visita. Alle amiche Sofiya parlava di un nuovo amore. Al medico aveva mandato l’ultimo messaggio prima di sparire nel nulla. Donna determinata, si muoveva sicura nella sua doppia vita svelata solo dalla tragedia della morte.
(a.d.m.)
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