Camorra a Eraclea, condannato l’ex sindaco
MESTRE
La Camorra c’è stata, per almeno un ventennio. I Casalesi c’erano, capaci di assoggettare anche il potere politico. Di farci affari, in cambio di favori. Lo ha stabilito ieri sera poco prima delle 21 la sentenza con la quale il giudice veneziano Michela Rizzi, ha inflitto oltre 130 anni di reclusione a carico di 25 imputati tra i quali l’ex sindaco di Eraclea, Graziano Teso, condannato per favoreggiamento esterno, accusato di aver agevolato alcune operazioni immobiliare del boss dei Casalesi, Luciano Donadio, e dei suoi sodali. La conclusione della prima parte del processo sulla Camorra a Eraclea, celebrata con rito abbreviato, è arrivata quindi ieri sera a Mestre, quando la giudice ha letto il dispositivo della sentenza, che ha visto la condanna di tutti gli imputati. Compresa quindi quella dell’ex sindaco Teso, che si è sempre dichiarato innocente, e che secondo l’inchiesta è invece intervenuto per favorire la vendita dell’hotel Victory (progetto immobiliare sostenuto da Donadio) in cambio di un sostegno elettorale. Per la procura è l’uomo che avrebbe garantito la copertura amministrativa degli affari del boss Luciano Donadio e del suo clan. Sindaco uscente nel 2005 e poi riconfermato nel 2006 con un vantaggio di 266 voti che, secondo la procura, sarebbero stati portati anche dagli uomini di Donadio.
Ma a scegliere il rito alternativo - che prevede lo sconto di un terzo della pena - sono stati anche alcuni degli ex uomini di fiducia del boss Donadio, che nel corso delle indagini avevano deciso di collaborare con i pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini. Uomini di fiducia ritenuti responsabili come l’imprenditore di San Donà Christian Sgnaolin (condannato a 5 anni e 10 mesi). Pene ben più pesanti nei confronti di quelli che la procura ritiene i dirigenti del clan dei Casalesi in Veneto Orientale, coloro che lo aiutavano a gestire gli affari, partecipando alle spedizioni punitive, quando c’era bisogno di raddrizzare qualche imprenditore che non pagava. Antonio Basile è stato condannato a 12 anni, Nunzio Confuorto a 9 anni e 6 mesi, Antonio Cugno a 8 anni e 6 mesi, Giacomo Fabozzi, nipote del boss, a 10 anni.
E ancora 5 anni di carcere sono comminati al poliziotto Moreno Pasqual (concorso esterno in associazione mafiosa) accusato di aver fornito informazioni riservate al clan, di suggerire loro di far sparire armi e documenti quando c’erano dei controlli in arrivo. Sono otto i mesi di reclusione (pena sospesa e non menzione) nei confronti dell’avvocato Annamaria Marin, l’avvocato storico di Luciano Donadio, che avrebbe passato informazioni riservate a membri del gruppo Donadio. La condanna è arrivata solo per alcuni episodi relativi al 2009.
Una sentenza che, nel suo complesso, rinvigorisce l’impianto accusatorio della procura anche sul fronte del processo parallelo che si sta svolgendo con rito ordinario, e nel quale tra i trenta imputati ci sono anche colui che è ritenuto essere il capo dei Casalesi del Veneto Orientale, Luciano Donadio, il suo braccio destro Raffaele Buonanno, e l’ex sindaco di Eraclea Mirco Mestre, accusato di voto di scambio politico mafioso: in cambio dei voti garantita da Donadio, gli avrebbe promesso - secondo l’accusa della procura - l’interessamento per la realizzazione di una centrale a biogas. Per la lettura del dispositivo, ieri sera è arrivato in aula bunker anche il capo della procura, Bruno Cherchi. «Questo è il primo grande processo contro la Camorra nel Veneto, mi pare che sugli abbreviati l’impostazione si stata totalmente accolta», ha detto. Sul fronte delle parti civile il giudice ha riconosciuto le provvisionali nei confronti delle parti che si sono presentate. La Cgil provinciale e regionale (20 mila euro ciascuna), l’associazione Libera (30 mila), il ministero dell’Interno (50 mila) e la Presidenza del Consiglio (50 mila). Riconosciuta una provvisionale di 30 mila euro anche al broker Fabio Gaiatto. —
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