Bonavina (Iov): «Gli stili di vita corretti sono fondamentali nella lotta ai tumori»

La direttrice dell’Istituto Oncologico Veneto: «Grazie ai grandi passi avanti fatti nell’ultimo decennio, oggi possiamo parlare di pazienti cronici, che stanno bene. Mi piacerebbe consegnare al futuro una popolazione più sana»

Simonetta Zanetti
Giusy Bonavina, dg dello Iov
Giusy Bonavina, dg dello Iov

La scienza non può camminare da sola. Per andare lontano nella lotta contro il cancro, ha bisogno delle persone, ha bisogno che queste si prendano cura di sé anche quando sono sane. Lo sottolinea Giuseppina Bonavina, direttore generale dello Iov, in occasione dalla Giornata mondiale contro il cancro che ricorre il 4 febbraio a livello globale con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sulla malattia e incoraggiarne la prevenzione.

Nato a Padova – ma con sedi operative anche a Castelfranco e Venezia –, dal 2005, l’Istituto oncologico veneto, si prende cura delle persone malate di tumore: a marzo saranno 20 anni dal riconoscimento ministeriale di Irccs, ovvero di Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico.

Hub della rete oncologica regionale – in collaborazione con le Aziende ospedaliere universitarie di Padova e Verona –, lo Iov mette al centro prevenzione e cura; la ricerca scientifica è strettamente integrata all’assistenza. Nell’ultimo anno, il numero dei pazienti in chemioterapia è aumentato quasi del 3,6%, con un +5,5% di quelli sottoposti a radioterapia.

Dottoressa Bonavina qual è il senso di giornate come quella di oggi?

«È quello di tenere i riflettori puntati su un argomento che ormai in qualche modo interessa tutti, siano ammalati, familiari o amici, tenendo presente che negli ultimi dieci anni sono stati fatti passi da gigante nella cura del cancro: prima era impensabile parlare di pazienti cronici. Oggi, invece, le persone sopravvivono, superata la fase acuta stanno bene e conducono vite di relazione per lo più normali. Ma appuntamenti come questo sono importanti anche per ricordarci che non dobbiamo dimenticare chi sta peggio e che dobbiamo stare vicini al personale qualificato che lavora quotidianamente al fianco dei malati. Questo vale anche per coloro che, in posizione apparentemente più arretrata, si occupano di ricerca svolgendo un loro lavoro fondamentale sul fronte dei farmaci. Grazie a loro oggi abbiamo molecole più efficaci e terapie più sopportabili. Ogni mese la facciata dello Iov è illuminata da un colore diverso cui corrisponde una patologia specifica: è un modo per richiamare l’attenzione delle persone, per diffondere un certo tipo di cultura anche tra chi non si occupa di sanità».

Quali sono le sfide che vede all’orizzonte dal suo osservatorio?

«La prima è lavorare sugli stili di vita. La patologia oncologica ne è fortemente influenzata: subisce gli effetti di stress, alimentazione, fumo e sedentarietà, solo per citarne alcuni. La prevenzione aiuta molto in questo senso, assieme agli screening, poiché la patologia è più gestibile se presa in tempo. La sostanza è questa: dobbiamo sempre giocare d’anticipo. Gli screening su seno, prostata e colon hanno dato grandi risultati, addirittura grandissimi se si pensa ai benefici degli esami a tappeto sul seno per le donne che hanno consentito di intercettare prima la malattia e vivere più a lungo. Tuttavia non possiamo aspettare che la legge obblighi a mettere in campo delle risorse, dobbiamo entrare nella mentalità che volersi bene fa bene: a noi stessi, agli altri e ci consente di sostenere il sistema, cosa altrimenti improponibile».

Qual è il suo auspicio per il futuro?

«Mi piacerebbe consegnare al futuro una popolazione più sana, considerando che le persone sono sempre più anziane e pertanto aumentano i bisogni di cura. Quindi dovremmo almeno poter togliere le malattie causate da vite vissute in maniera dissennata: pensiamo al fumo, che non fa male solo ai polmoni, ma anche alla circolazione e quindi può causare una serie di patologie, comprese quelle neoplastiche. Ma non dobbiamo dimenticare che ci sono fattori correlati allo stile di vita che causano malattie che a loro volta dispongono verso la patologia oncologica, come ad esempio il diabete».

Come Iov quali sono i vostri obiettivi?

«Come ho già detto, incidere sulla cultura delle persone e continuare a spingere sulla ricerca: qui vedo tanti giovani preparati e desiderosi di fare la differenza. In questo senso il 5X1000 è un grande aiuto anche se in ambiti come questo, ovvero di studi costanti, verrebbe da dire che nulla basta. E poi bisogna continuare a investire in grandi attrezzature all’avanguardia e puntare su una costante formazione del personale. Quest’ultimo è un grande impegno e, del resto, ci vuole molta motivazione per lavorare in questo ambiente: ogni persona che sta meglio è un successo personale per tutti. E poi c’è il lavoro importante che facciamo nell’ambito del follow-up con le aziende territoriali nell’ottica di una gestione di rete e di prossimità».

Qual è il big killer, la neoplasia più temibile?

«Quella al polmone, per cui siamo centro di riferimento in stretta collaborazione con la chirurgia toracica dell’Azienda Ospedale Università di Paodva; si sta facendo molta sperimentazione. Per questa malattia sarebbe importante poter prevedere lo screening nei Lea. E poi serve grande attenzione alle patologie cutanee su cui incidono molto il sole e i cambiamenti ambientali. Ma non possiamo pensare di gestire sempre tutto dal punto di vista sanitario: deve passare il concetto per cui un corretto stile di vita fa bene per tutte le patologie».

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