Canova e Thorvaldsen, i due rivali: la bellezza è l’eredità della sfida

Tra le mostre milanesi di questo periodo spicca – per monumentalità oltre che numero di visitatori – l’esposizione “Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna” che mette a confronto alle Gallerie d’Italia i due più grandi scultori del neo-classicismo, e fra i maggiori di sempre. Ma si tratta solo dell’evento più significativo della grande riscoperta del genio di Possagno, che lo vede protagonista – sempre a Milano, al Gam, fino al 15 marzo – dell’altra importante esposizione “Canova – I volti ideali”, che ricostruisce la genesi e l’evoluzione delle sue diverse declinazioni dell’idea di bellezza femminile.
Tutto questo mentre tra Bassano e Possagno, sedi rispettivamente del Museo a lui dedicato e della Gypsoteca ospitata nella sua casa, si stanno mettendo a punto fra molte turbolenze – sotto la sovrintendenza di Vittorio Sgarbi, e dopo il recentissimo pensionamento dello storico direttore Mario Guderzo – le numerose e pirotecniche iniziative della Fondazione Canova in vista del secondo centenario della morte dell’artista, avvenuta il 13 ottobre 1822 a Venezia.

La mostra delle Gallerie d’Italia rimette in scena la controversa relazione fra lo scultore veneto e il danese Bertel Thorvaldsen, che ripropone quel dualismo fra un maestro più anziano e blasonato e un rivale più giovane e in cerca di affermazione che è tipica di tutte le epoche, ma che nel Settecento italiano si presentò con livelli di particolare eccellenza, ad esempio nel teatro (Carlo Goldoni e Carlo Gozzi) e nella pittura (Canaletto e Francesco Guardi).
Ma la peculiarità del confronto – almeno per quanto riguarda i due drammaturghi e i due scultori – fu che i due rivali più giovani reagirono ai successi dei maestri, che erano stati entrambi degli innovatori nelle rispettive arti, proponendo un ritorno al passato, una rivalutazione (sia pure riveduta e aggiornata) della classicità. Per promuovere il confronto diretto fra l’opera dei due maestri – sorprendentemente mai realizzato prima – il Gruppo Intesa che gestisce le Gallerie ha fatto le cose in grande.

Sono infatti 160 le opere in mostra, raccolte dai due curatori Stefano Grandesso e Fernando Mazzocca dai maggiori musei italiani e stranieri, in particolare l’Ermitage di San Pietroburgo e il Thorvaldsen Museum di Copenaghen; suddivise in 17 aree tematiche, illustrano fra l’altro l’enorme fortuna che i due scultori incontrarono fra i loro contemporanei, e il loro ruolo decisivo nell’imporre nuovi canoni estetici, nuove tecniche operative, nuove strategie comunicative, che pur partendo dai modelli classici gettarono le basi della scultura moderna.
A fare da sfondo al confronto fra i due artisti (che tra loro proprio non si sopportavano) fu Roma, nella quale il maestro veneto arrivò ventiquattrenne, nel 1781, e il danese ventisettenne, nel 1797, anno della caduta della Repubblica di Venezia, trovandovi l’habitat ideale per lo sviluppo della loro arte e il palcoscenico per le loro sfide artistiche.

I confronti più spettacolari messi in scena nella mostra riguardano alcune opere notissime, come le Tre Grazie, le raffigurazioni di Venere, Amore e Psiche. Il tema delle Grazie – affrontato dall’artista veneto nel celebre gruppo marmoreo dell’Ermitage, commissionatogli dalla prima moglie di Napoleone Joséphine de Beauharnais e completato nel 1817 – fu provocatoriamente ripreso dal danese con l’intento di sostituire alla sensuale naturalezza e all’innovativa sintassi compositiva proprie delle Grazie canoviane una raffigurazione più fedele ai canoni classici, più idealizzata e più astratta: viste assieme, le giovani divinità scolpite dal Canova in effetti surclassano quelle del rivale quanto a capacità di trasmettere empatia e di esprimere la carica sentimentale che le unisce.

Più paritario il confronto fra i due gruppi di Amore e Psiche, anche se il Canova non “gareggia” col suo più celebre gruppo (la coppia giacente del Louvre), ma con quello successivo, in piedi, dell’Ermitage. A far da contorno alle sculture sono in mostra ricostruzioni dei laboratori dei due artisti (vere e proprie show room ante-litteram), raffigurazioni dei loro incontri con i maggiorenti dell’epoca e dei loro trionfi, ritratti a loro dedicati da pittori di fama, opere successive dei loro allievi, testimonianza della loro duratura influenza sulla scultura successiva.
LE SEZIONI
Attraverso oltre 160 opere divise in diciassette sezioni la mostra intende documentare la straordinaria complessità delle creazioni di Canova e Thorvaldsen, destinate ad un collezionismo di alto profilo sia italiano sia internazionale, e l’enorme seguito che la loro scultura ebbe, proponendo continui confronti con gli altri artisti di ogni nazionalità.
1. La prima sezione affronta il tema de L’immagine dell’artista. Gli autoritratti, con i lavori eseguiti dai due artisti in tre momenti: all’inizio della loro carriera, quando si erano ormai affermati, e quelli realizzati in maturità. Canova si è rappresentato sia come scultore che come pittore in una serie di dipinti. Thorvaldsen ci ha lasciato in alcuni disegni un’immagine più intima del suo volto dai lineamenti romantici. Ma i due ritratti ufficiali sono quelli in cui si sono raffigurati in due busti di carattere eroico, cioè di dimensioni maggiori del vero, all’antica: due ritratti autocelebrativi, proiettati in una dimensione senza tempo, ma animati anche da una grande carica introspettiva.
2. Si prosegue con la sezione de Gli studi di Canova e di Thorvaldsen a Roma, con una serie di opere che rimandano alle vere e proprie officine in cui operavano i due maestri nel centro di Roma: in mostra i lavori di Francesco Chiarottini, Johan Vilhelm Gertner, Hans Ditlev e Christian Martens, Gaetano Matteo Monti, Friedrich Nerly, Ferdinand Richardt, Pietro Tenerani, che testimoniano come lo studio sia diventato per Canova e Thorvaldsen una sorta di museo dell’artista, dove esporre il proprio operato e i modelli in gesso da copiare.
Le sezioni seguenti, dedicate ai ritratti, per lo più a quelli tributati ai due scultori, testimoniano un fenomeno che per numero e qualità non ha eguali nella storia dell’arte, giustificato dall’ammirazione di cui furono oggetto. Canova vi appare contemporaneamente come l’artista di fama universale e la personificazione dell’identità nazionale italiana. Thorvaldsen, il Fidia nordico, è il riferimento per la rinascita dell’arte germanica e nordica in generale.
3. Nella terza sezione, La gloria di Canova, una serie di effigi, opere di Andrea Appiani, Giuseppe Bossi, Giovanni Ceccarini, Hugh Douglas Hamilton, Angelica Kauffmann, John Jackson, Giovanni Battista Lampi Junior, Thomas Lawrence, Ludovico Lipparini, hanno come soggetto Antonio Canova, immagini molto diverse tra loro che rivelano la grandezza dell’artista, a volte rappresentato accanto alle sue opere, e l’ammirazione nei suoi confronti. Emblematica è la statua monumentale, posta al centro di questa sezione, in cui Canova non appare in abiti moderni come negli altri ritratti, ma seduto e seminudo con un corpo atletico, con accanto la testa antica del cosiddetto Giove di Otricoli.
4. Si prosegue con Ritratti in scena, che riunisce i ritratti di carattere celebrativo tra cui quelli dei due artisti in posa nei loro abiti cerimoniali (tre di Rudolph Suhrlandt e uno di Jacob Munch), ma anche le opere di François Xavier Fabre con Ugo Foscolo, Vittorio Alfieri, Antonio Canova identificati come le grandi glorie d’Italia; la Venere Italica e il ritratto di Maria Luigia d’Asburgo e il gesso per il Monumento a Vittorio Alfieri, tutti di Canova, segnano l’ultima grande stagione del ritratto allegorico come apoteosi all’antica.
5. Una particolare attenzione è dedicata nella quinta sezione, Icone popolari. L’immagine moltiplicata dei capolavori, alla circolazione delle riproduzioni eseguite da altri artisti in tutti i materiali e tecniche, dalle riduzioni in bronzo alle incisioni. Accanto ai due rilievi in cera di Canova e al ritrattino in cera di Thorvaldsen di Giovanni Antonio Santarelli, oltre alle cinque cere di Benedetto Pistrucci, riproduzioni da opere di Antonio Canova, figurano una medaglia in oro di Christen Christensen con l’immagine di Thorvaldsen sul recto e Galatea presenta la Danimarca a Cupido con la lira di Thorvaldsen sul verso, a confronto con una medaglia in bronzo di Giuseppe Girometti con soggetto Canova.
Un posto di rilievo viene accordato alle riduzioni in bronzo dorato usate come eccezionali pezzi d’arredo: mentre Desiderio Cesari ritrae con questa tecnica il maestro danese, viene esposto in mostra uno dei soggetti prediletti da Canova, un’Ebe eseguita dalla manifattura Strazza e Thomas, a confronto con quella eseguita su modello di Pietro Galli, da Thorvaldsen, da Wilhelm Hopfgarten e Benjamin Ludwig Jollage, di cui viene esposto anche Giasone con il vello d'oro. Concludono la sezione le litografie a soggetto religioso e ritratti in stile neoclassico di Michele Fanoli provenienti dalla Biblioteca Nazionale Braidense, che furono pubblicate e diffuse in tutto il mondo,
testimoniando la vastità e la versatilità della produzione di Canova.
6. Nella sesta sezione La gloria di Thorvaldsen, intorno all’effigie monumentale a figura intera dell’Autoritratto con la statua della Speranza, dove l’artista seppe far rivivere la misteriosa bellezza dell’arte greca di età arcaica, troviamo effigi che lo ritraggono o che riproducono le sue opere di Karl Begas, Ditlev Conrad Blunck, Vincenzo Camuccini, Johan Vilhelm Gertner, Alessandro Puttinati, Carl Adolf Senff, Horace Vernet, Carl Christian Vogel von Vogelstein ed Emil Wolff: l’immagine di Thorvaldsen divenne straordinariamente popolare, alimentando il mito dello scultore che, venuto dal Nord, si era fatto interprete di un ideale classico e mediterraneo di bellezza.
7. Il primato della scultura e la celebrazione del genio si sofferma sulla fortuna che il genere scultoreo assunse grazie a Canova e Thorvaldsen, testimoniata sia sul piano illustrativo sia allegorico, su marmo e su tela, da Giuseppe Borsato, Carl Dahl, Giacomo De Maria, Julius Exner, Constantin Hansen, Leopold Kiesling, Tommaso Minardi, Giuseppe Sabatelli, L.A. Smith, Fritz Westphal. Le allegorie di derivazione classica sono state utilizzate per celebrare il potere delle arti ed in particolare della scultura come quella che più di tutte riesce a imitare e gareggiare con la Natura, creando figure tridimensionali capaci di vivere nello spazio.
Non mancano i ritratti di Canova dove viene celebrato nelle solenni cerimonie officiate per la sua morte, vissuta come un lutto nazionale, e nei monumenti che lo ricorderanno come il genio universale. Anche Thorvaldsen, al suo ritorno a Copenaghen, fu festeggiato come un dio e gli fu dedicato un museo personale, onore mai prima di allora concesso ad un artista in vita.
8. Nel grande salone centrale, attorno cui si impernia l’esposizione, Le Grazie e la danza, la sezione dedicata al sensazionale confronto, mai proposto prima, tra i due celeberrimi capolavori, i due gruppi marmorei de Le Grazie dove Canova e Thorvaldsen hanno espresso meglio il proprio ideale di bellezza. Al concetto di grazia come movimento, varietà e sentimento del gruppo di Canova proveniente dall’Ermitage, Thorvaldsen risponde ribadendo il suo ideale austero di casta semplicità con Le Grazie con Cupido, dal Thorvaldsens Museum. Queste due opere sono circondate da una coreografia di quattro figure in cui Canova, Thorvaldsen e un loro seguace, Gaetano Matteo Monti, hanno rappresentato il motivo della danza, grande novità perché tema mai affrontato prima in scultura.
9. I ritratti come specchio di un’epoca ripercorre la vasta produzione ritrattistica in marmo di Canova e di Thorvaldsen, restituendo l’immagine dei personaggi più in vista del tempo, sovrani, aristocratici, collezionisti, artisti e letterati che vollero farsi immortalare in sembianze idealizzate. Nonostante l’idealizzazione, questi volti non appaiono freddi, ma animati da una straordinaria capacità di rendere la psicologia dei personaggi.
10. Altra tematica cara ai due scultori si trova esemplificata nella sezione Venere e il trionfo della bellezza. Canova, Thorvaldsen e il loro seguace Mathieu Kessels sono messi a confronto nella rappresentazione di Venere, la dea dell’amore. Soprattutto Canova ha prediletto questo soggetto, rappresentando in diverse statue, leggermente diverse l’una dall’altra, il motivo di Venere che uscendo dal bagno cerca di coprirsi da sguardi indiscreti. Intendeva così rendere l’emozione che si prova ogni volta alla comparsa della bellezza. La dea di Canova appare più donna e quindi più sensuale rispetto a quella di Thorvaldsen che, nella sua nudità assoluta, rimane una divinità: una Venere vincitrice che, perfettamente immobile, esibisce trionfante il pomo della vittoria assegnatale nella celebre gara.
11. L’undicesima sezione, Amor vincit omnia. La rappresentazione d’Amore, prende in esame uno dei temi più amati dalla scultura e dalla pittura tra Neoclassicismo e Romanticismo, ovvero quello di Amore o Cupido. Simbolo di grazia sensuale, bellezza intatta e innocente, con il corpo di un adolescente o di un bambino, la figura di Cupido offriva un’occasione di virtuosismo unica nella rappresentazione delle ali, che rendono queste immagini straordinariamente seducenti. Thorvaldsen e il suo seguace Wolff raffigurano Amore come una divinità vittoriosa e fiera del proprio trionfo, rendendo così la potenza di questo sentimento universale, dominante sulla vita e sul destino dell’uomo.
Particolarmente apprezzati e richiesti sono stati i bassorilievi in cui Thorvaldsen ha saputo rendere con infinita grazia l’antico mito di Amore bambino consolato da Venere o come emblema, insieme a Bacco o Anacreonte, delle stagioni, dove la bellezza giovanile è indagata insieme alle risorse allegoriche del mito, a simboleggiare che c’è sempre un tempo per amare. Nell’Apollo che si incorona, esperimento giovanile di Canova eseguito nell’atelier di Roma nel 1781-82 e conservato oggi al Getty Museum di Los Angeles, e nell’Apollino riscoperto di recente, si ritrova più accentuata l’attenzione al movimento. In mostra anche le opere su tela di José Álvarez Bouquel, Francesco Hayez, C.F. Høyer, Mathieu Kessels, Joseph Paelinck, Julien de Parme, Emil Wolff. Sulla scia di Cupido, si inseriscono le due sezioni interamente dedicate ai soggetti prediletti dai due scultori: la dodicesima ad Amore e Psiche e la tredicesima ad Ebe.
12. Nella prima, Nel segno della grazia. Amore e Psiche, il tema viene declinato nelle opere su tela e in marmo di Giovanni Maria Benzoni, Agostino Comerio, François Pascal Simon Gérard, Felice Giani, Johan Tobias Sergel che incorniciano il celebre gruppo canoviano dell’Ermitage Amore e Psiche stanti insieme alla Psiche con il vaso di Thorvaldsen. L’abbraccio dei due amanti è reso nei due gruppi in marmo di Canova e Thorvaldsen in maniera molto diversa. Mentre nel primo la loro attenzione appare concentrata sulla farfalla, individuata come l’emblema dell’anima, nel secondo il loro sguardo è rivolto al vaso, identificato come oggetto misterioso ed elemento chiave del mito. Rispetto alla sensualità coinvolgente della creazione canoviana, l’opera dello scultore danese appare caratterizzata da una grazia più distaccata.
13. Nella seconda, Figure in volo. Ebe coppiera degli dei, i lavori di Vincenzo Camuccini, Gavin Hamilton, John Gibson, Gaspare Landi, Pietro Tenerani offrono spunti di approfondimento dell’Ebe canoviana dell’Ermitage e dei tre lavori (statue e rilievi) di Thorvaldsen in cui compaiono Ebe, Ercole, Nemesi e Giove. La figura di Ebe, identificata come simbolo di eterna giovinezza, non ha avuto, diversamente da Venere, Amore e Psiche, una tradizione iconografica che risalisse all’antichità cui Canova e Thorvaldsen potessero ispirarsi. In epoca neoclassica Ebe ha avuto notevole fortuna in pittura soprattutto tra gli artisti inglesi come dimostra l’esempio di Gavin Hamilton, considerato uno dei primi sostenitori di Canova. Rispetto alla straordinaria forza dinamica della statua di Canova seminuda e con le vesti trasparenti che il vento fa aderire al corpo, risalta l’immobile castità della Ebe di Thorvaldsen, chiusa nella sua malinconica e spirituale bellezza.
14. Un capitolo a parte, I grandi mecenati. Napoleone e Sommariva, si sofferma sulla committenza deidue maestri: mecenati come Napoleone e la sua famiglia e il grande collezionista lombardo Giambattista Sommariva, che acquisì numerose statue di Canova ed ebbe da Thorvaldsen il suo capolavoro, Il trionfo di Alessandro in Babilonia, commissionato da Napoleone per il Quirinale ma poi eseguito per la villa di Tremezzo sul lago di Como. Grazie a Sommariva e ad altri committenti, entrambi gli artisti ebbero con Milano un rapporto privilegiato. Ritraendo Napoleone, Canova ha cercato di rendere il fascino dell’eroe, dell’uomo del destino, mentre Thorvaldsen ha divinizzato l’imperatore rappresentandolo come Giove con l’aquila. Sommariva è rappresentato nel magnifico ritratto di Prud’hon ispirato a quelli di grandi collezionisti inglesi che si erano fatti ritrarre da Batoni insieme alle statue antiche ammirate a Roma.
15. Si prosegue sui temi cari a Thorvaldsen, con L’incanto dell’eterna giovinezza. Ganimede: il soggetto prediletto dal maestro, complementare a quello di Ebe, non è mai stato considerato da Canova. Il danese ne ha fatto l’immagine al maschile di una bellezza adolescenziale simbolo di eterna giovinezza, sperimentando diversi modi di rappresentarlo, influenzando i pittori e gli scultori contemporanei, come nel caso delle opere di Camillo Pacetti, presentate in mostra.
16. L’eredità romantica. Il pastore errante riassume, con opere dedicate alla bellezza naturale e al carattere sentimentale dei soggetti arcadici e pastorali di Hippolyte Flandrin, John Gibson, Aleksandr Andreevic Ivanov e Bertel Thorvaldsen, l’eredità degli stilemi e dei modelli di universalità senza tempo del linguaggio di Canova e Thorvaldsen. Qui, alle sembianze più idealizzate di Ganimede, si sostituiscono quelle più naturali del Pastorello che nella versione della Manchester Art Gallery posa ancora sul suo piedistallo originale disegnato da Flaxman. Nel Fauno rappresentato dal migliore seguace di Thorvaldsen, Pietro Tenerani, seduce la verosimiglianza al vivo mentre suona una musica che sembra addolcire le sue membra. Allo stesso modo, il sonno conferisce un sentimento di malinconia alla figura abbandonata e sognante del pastore di Gibson. Lo stesso languore lo ritroviamo nel Giovane pastore dipinto da Flandrin, nostalgico di un’Arcadia perduta.
17. Rientra nel percorso espositivo, concludendolo, la splendida serie di 13 bassorilievi in gesso di Canova permanentemente esposti alle Gallerie d’Italia e appartenenti alla collezione dell’Ottocento della Fondazione Cariplo. Essi immortalano scene mitiche e rappresentazioni di alcuni precetti della filosofia socratica.
INFO UTILI

Apertura al pubblico: 25 ottobre 2019 - 15 marzo 2020
Sede: Gallerie d’Italia - Piazza Scala - Piazza della Scala, 6 Milano
Orari: dalle 09.30 alle 19.30 (giovedì chiusura alle ore 22:30) - Chiuso lunedì.
Ingresso
Biglietto: intero 10 euro, ridotto 8 euro, ridotto speciale 5 euro.
È prevista una riduzione reciproca con la mostra Canova. I volti ideali alla Galleria d’Arte Modena (GAM):
il biglietto d’ingresso della prima mostra visitata dà diritto all’ingresso ridotto a 8 euro alla seconda
esposizione.
Gratuità: convenzionati, scuole, minori di 18 anni e ogni prima domenica del mese.
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Informazioni
numero verde 800 167619
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