Carlo Angela, il padre di Piero, dal 2008 è stato inserito nel Giardino dei Giusti di Padova

Era nato nel 1875 e morto nel 1949. E’ stato un medico, politico e antifascista italiano.  Ha aiutato, mettendo a rischio la propria vita, molti ebrei durante la Shoah

PADOVA. Carlo Angela era il padre di Piero Angela. Era nato nel 1875 e morto nel 1949. E’ stato un medico, politico e antifascista italiano. Il 29 agosto 2001 gli fu conferita da Yad Vashem l'onorificenza di Giusto tra le nazioni per aver aiutato, a rischio della propria vita, molti ebrei durante la Shoah.  Nel 2008 è stato inserito nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova.

Carlo Angela tra la fine del 1923 e l’inizio del 1924 prese le distanze dal Partito Fascista e si avvicinò alle posizioni del socialismo riformista di Ivanoe Bonomi: il 6 aprile 1924 fu capolista, per la circoscrizione piemontese, di Opposizione Costituzionale, un raggruppamento di ispirazione bonomiana.

Il rapimento e l’uccisione dell’on. socialista Giacomo Matteotti, avvenuto il 10 giugno 1924, suscitò in lui un forte sdegno. In un articolo su Tempi Nuovi accusò apertamente il regime fascista dell’omicidio Matteotti.

Come conseguenza, nella notte tra il 20 e il 21 giugno 1924, gli uffici della redazione del settimanale furono saccheggiati e incendiati; con il n° 50 del 31 dicembre 1924 Tempi nuovi cessò la pubblicazione, essendo stato dichiarato “testata antifascista”.

Carlo Angela finì in una sorta di confino a San Maurizio Canavese (Torino), presso la Casa di Cura per malattie nervose e mentali Ville Turina Amione, in qualità di direttore sanitario. Ivi diede ospitalità, dopo l’8 settembre 1943, ad antifascisti, a giovani renitenti alla leva nell’esercito di Salò e, soprattutto, a molti ebrei perseguitati dalla legislazione razziale 

Per offrire loro un sicuro rifugio, falsificava diagnosi e cartelle cliniche. Col suo operato discreto e prezioso salvò numerose vite dai lager nazisti. Più volte la sua pericolosa attività rischiò di essere smascherata, ma le numerose ispezioni non portarono all’identificazione di nessuno degli ospiti segreti.

Dopo la guerra, si dedicò prevalentemente alla professione di medico e fu nominato presidente dell’Ospedale Molinette di Torino.

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Di seguito l’articolo di Aldo Comello, pubblicato sul mattino il 6 ottobre del 2008

Ha speso 3 milioni per salvare la vita a duemila africani

Piero Angela: mio padre Carlo mi ha insegnato a tenere la schiena dritta e ad avere fede nei valori della persona

Tra i testimoni del Giardino dei Giusti c'è Piero Angela. Il padre Carlo, medico, sulle posizioni del socialismo riformista di Ivanoe Bonomi, dopo l'omicidio Matteotti accusa apertamente il regime fascista in un articolo su «Tempi Nuovi».

Dopo l'8 settembre, direttore nella casa di cura Villa Turina Amione, a San Maurizio Canavese ospita antifascisti, renitenti alla leva nell'esercito di Salò e molti ebrei perseguitati dalle leggi razziali.

«Io ricordo - dice Piero Angela mentre scopre la stele del padre  avevo 15 anni, il papà con altri due medici rischiò la fucilazione. Quello che è valso per me è l'esempio, non le parole. Da mio padre ho imparato a non piegare la schiena ad avere fede nei valori della persona, nella dignità. Certo, vicino a questo albero, simbolo di vita, a lui dedicato, mi sento come una fogliolina».

Gli chiediamo se la passione e il talento per la ricerca scientifica divulgata con un linguaggio giornalistico comprensibile, passione trasmessa anche al figlio Alberto, siano in qualche modo connessi alla figura del padre Carlo. «Certo, mio padre amava la razionalità, la limpidezza di un ragionamento di tipo cartesiano lo affascinava, apprezzava il senso della misura, l'armonia delle cose».

Punto di vista laico che certamente lei condivide, se non altro come presidente del Cicap, l'organizzazione di studiosi, ricercatori universitari. Intellettuali che hanno la «mission» di smascherare maghi e fattucchiere. Insomma la scienza che svela i trucchi. «Certo ed è proprio il Cicap che mi darà occasione di tornare a Padova e di visitare ancora questo Giardino dei Giusti che oggi mi ha regalato una grande emozione».

Pierantonio Costa è un Giusto dei nostri giorni o quasi. Mestrino, 69 anni, giovanissimo lascia il Veneto e raggiunge il padre emigrato nello Zaire. Quando nel 1964 scoppia la rivoluzione di Pierre Mulele si trasferisce in Ruanda dove dal 1988 al 2004 è console onorario d'Italia a Kigali e imprenditore di successo.

Allo scoppio del genocidio, nella sequenza di giorni feroci, di massacri spietati, Costa ha in attività quattro imprese. Subito porta in salvo gli italiani e gli occidentali, poi compie una serie incessante di viaggi per soccorrere il maggior numero di persone possibile. Fa uso di tutti i mezzi per sottrarre alla morte vite innocenti: i privilegi di cui gode, la rappresentanza diplomatica, le sue conoscenze, il suo denaro.

E' al suo fianco il figlio Olivier, lo appoggiano la Croce Rossa e varie Ong. Alla fine della strage che segna il Ruanda di ferite inguaribili Costa ha salvato quasi 2000 persone. Tra cui 375 bambini. E avrà perso beni per oltre 3 milioni di dollari.

«Ma quelli non contano - ha detto - conta l'amore per gli altri e il rispetto per se stessi. Sono cose da conservare ad ogni costo». A Padova Giorgio Perlasca ha condotto per anni una vita riservata, schivo di carattere, di poche parole. Quasi nessuno in città conosceva il suo passato. Giorgio, fascista convinto, era stato volontario in Africa Orientale e in Spagna.

Ma l'8 settembre del 1943 quando tutto crolla e l'esercito italiano si dissolve; in nome del giuramento di fedeltà prestato al re, Perlasca rifiuta di aderire alla Repubblica di Salò, è internato in Ungheria in residenze riservate ai diplomatici, status che possedeva come incaricato d'affari per il rifornimento di carni bovine all'esercito.

Fuggito grazie ad un salvacondotto rilasciatogli in Spagna, Giorgio avvia un programma di protezione degli ebrei ungheresi che prevede la distribuzione di lasciapassare ai perseguitati e l'organizzazione di case protette di cui lui diviene amministratore a garantirne la sicurezza. Perlasca falsificando documenti, nascondendo persone, cambiando nomi salva la vita a moltissimi ebrei e ai bambini. Egli racconta in un libro l'incontro raggelante con Eichmann che, deciso ad impadronirsi di un gruppo di giovani ebrei, gli punta una pistola contro, ma Perlasca è fermo e determinato e lo sterminatore nazista deve cedere di fronte alle sue credenziali... falsificate.  

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