Celentano consegna il Leone a Olmistanding ovation per il maestro
Ancora apertissima la corsa per il Leone d'oro. Per il Leone d’Oro a sera erano sul tavolo dei giurati almeno tre film: Teza dell’etiope Haile Gerima, Vegas di Amir Naderi e Rachel getting married di Jonathan Demme. Ma non sono escluse sorprese

Una lunga standing ovation ha accompagnato la consegna del Leone d’oro alla carriera a Ermanno Olmi, cerimonia che è stata accompagnata da una serie di siparietti tra il cineasta e l’amico Adriano Celentano, da lui stesso indicato come cerimoniere, e dalla lettura del messaggio del presidente della Repubblica.
Giorgio Napolitano ha sottolineato l’importanza di Olmi nel raccontare «la gente italiana, le vicende e le suggestioni del nostro tempo», a metà strada tra il documentario e la fiction così come fa a partire dal 1959, quando si presentò a Venezia per la prima volta con Il tempo si è fermato, in una sezione parallela, entrando invece in concorso nel ’61 con Il posto, straordinario e plumbeo ritratto dell’Italia del boom che cercava di abbandonare la precarietà del lavoro verso il miraggio del posto fisso. Un momento importante che lo stesso Olmi ha ricordato, citando Pasolini e De Seta, che in quello stesso anno avevano al Lido rispettivamente Accattone e Banditi a Orgosolo. Fu quella una straordinaria stagione in cui «raccontavamo tutti la patria, non quella della retorica nazionalista, ma intesa come la terra dei padri». Un riferimento agli anni della Edison, dove Olmi entrò nel dopoguerra, dapprima come impiegato e quindi organizzando un servizio di documentazione cinematografica sulle grandi costruzioni idroelettriche del periodo.
Oggi c’è ancora chi lo fa: «i film di Sorrentino, come quelli di Fellini, sono onesti, visionari, grandi lenti d’ingrandimento che deformano i contorni, ma rivelano la verità». Eppure il cinema deve ancora fare molto, aggiunge Olmi, perché «la mancanza di coraggio è uno dei mali di questi giorni. Lo sappiamo tutti che stampa e televisione sono nel pantano, ma mi indigna che non si reagisca, si lasciano soli gente come Montanelli e Biagi. Anche il cinema deve fare di più, altrimenti non possiamo dirci cittadini, ma eunuchi».
E’ dolce come sempre il Maestro, ma fermo e risoluto, sotto gli occhi dell’amico e confidente Celentano che stempera la tensione guardando il direttore della Mostra con un sogghigno: «e voi a uno così volete dare il Leone alla carriera?» «Noi non gli diamo il Leone perché ha finito il suo lavoro», ha risposto Marco Müller. «Siamo e restiamo degli apprendisti, non tanto nel nostro mestiere, quanto della vita. La scoperta del mondo ci fa sentire sempre e comunque apprendisti anche nelle cose più scontate. E la sorpresa è parte della felicità».
Una sorpresa e un’attenzione mistica verso la vita che riflette il proprio credo religioso, che, alla pari di Celentano, è quello di Santa Romana Chiesa. «La vita è attesa di Cristo, dobbiamo prepararci al suo ritorno» ha detto Olmi, che ha annunciato anche un progetto Rai sulla vita di Gesù, dopo avere evocato la figura di un cristo laico nei Centochiodi. Il tema della religione e del miracolo è presente anche in altri film, da E venne un uomo, sulla vita del papa buono Giovanni XXIII, a La leggenda del santo bevitore (leone d’oro 1988) a Genesi. La creazione e il diluvio.
Olmi, che ha 77 anni, è nato a Bergamo, provincia che ha descritto in modo mirabile in quello che resta forse il suo più film più internazionale, L’albero degli zoccoli (ha vinto la palma d’oro a Cannes, nel ’78) pur se recitato in dialetto al punto che servirono i sottotitoli italiani per distribuirlo. Ma l’attenzione verso un mondo, quello rurale, che stava scomparendo, trovava in Olmi il suo cantore più alto: anche se la vicenda era cristallizzata alla fine dell’Ottocento l’attenzione era puntata ancora una volta verso la contemporaneità.
Coerente con quanto ha affermato ieri sera in sala, Olmi ha diretto i suoi sforzi non solo verso un’immagine - di fiction o documentaria - dell’Italia, ma ha cercato di imprimere nelle nuove gerazioni questa forza militante. Così si spiega “Ipotesi cinema”, opportunità formativa avviata a Bassano nel 1983, con la collaborazione di alcuni amici come Brenta e Tretti e la presenza della Rai, per mezzo di Paolo Valmarana. Una scuola che ha portato a risultati importanti, anche considerando la naturale ritrosia dell’uomo Olmi ad apparire in pubblico, che lo ha portato a ritirarsi negli ultimi anni ad Asiago.
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