Ciao Veneto! Il manager che ha scelto di girare il mondo in Vespa
CONEGLIANO. Ma quanto è bello andare in giro con le ali sotto i piedi” cantava Cesare Cremonini con i Lùnapop. Una Vespa e i colli bolognesi per dipingere un mondo di felicità assoluta. Immaginate cosa possa significare, allora, fare il giro del mondo, in sella a quella stessa Vespa. Perché farlo? «Perché no?» risponde lui: Gianluca Pellegrinelli, 58 anni, di Conegliano, partito a maggio per fare il giro del globo, in sella alle due ruote. Il suo viaggio si è interrotto alle soglie del Myanmar. «I confini erano chiusi e per il momento non sono riuscito a proseguire. Ma io non abbandono il mio sogno intorno al mondo».
Gianluca, uno spirito avventuriero?
«Ho iniziato a lavorare a 15 anni come venditore, arrivando a fare l’amministratore delegato per un’azienda molto grossa. Poi mi sono lanciato in un progetto imprenditoriale e negli ultimi otto anni ho creato quattro start-up. Una vita di lavoro».
E poi cos’è successo?
«Ho capito di avere bisogno di cambiare vita e dare spazio alle mie passioni. Nel 2019 ho venduto le ultime due start-up che avevo creato per partire l’anno successivo alla scoperta del mondo».
Perché in sella alla Vespa?
«Non è solo un mezzo, è uno stile di vita. Significa viaggiare stando al fianco della gente, assimilandone lo stile di vita. Partire in sella a una grossa moto sarebbe stato un’altra cosa. La filosofia del viaggio forse è stata persino più importante e arricchente del viaggio in sé».
Come si è organizzato?
«Non organizzandomi. Decidendo tutto giorno per giorno. Dormivo dove trovavo un letto: sono stato in tanti ostelli, ma anche ospite di persone che ho conosciuto per strada, soprattutto in Iran e in India».
Ci parli dei paesi che ha visitato.
«Ho attraversato la Croazia, il Montenegro, l’Albania, la Macedonia, la Grecia, la Turchia. Sono arrivato in Iran, bellissimo e ospitale, con una natura stupenda e città meravigliose. La benzina costava 10 centesimi al litro e io vivevo con 15 euro al giorno. Poi sono stato in Pakistan, e lì è stata dura».
Perché?
«Superato il confine, mi sono trovato di fronte al primo posto di blocco. Ho trascorso la notte in caserma e l’indomani mi sono messo in viaggio, sempre scortato dalla polizia. Gli agenti si davano il cambio ad ogni passaggio di giurisdizione.
È un Paese estremamente militarizzato e alla fine ho cambiato 63 scorte: c’erano sempre una jeep e due moto, con quattro poliziotti. Non ho conosciuto nessuno, se non i militari.
Viaggiavo tutto il giorno e dormivo nelle caserme, non avevo nemmeno il tempo per mangiare. Il primo giorno ho guidato quasi ininterrottamente dalle 7 del mattino alle 2 di notte. Ho anche trascorso due giorni barricato in albergo, piantonato dalla polizia che attendeva fuori. La città non era sicura».
E poi?
«Finalmente sono arrivato in India, dove me la sono vista veramente brutta. Era sera e si è rotto l’ammortizzatore posteriore della Vespa. Due indiani mi hanno visto, mi hanno accompagnato col furgone in paese e hanno parlato col meccanico, che ha riparato la moto in un’ora. Hanno pagato tutto quei due sconosciuti. Non volevano neanche la mancia».
Infine, il Nepal...
«Ci sono rimasto due settimane. E lì mi sono dovuto fermare, perché era impossibile superare i confini del Myanmar, a causa delle violente guerriglie interne. Non potevo transitare dalla Cina, perché non avevo un mezzo con targa cinese, e spedire la moto con l’aereo sarebbe stato troppo costoso».
Sogno infranto?
«Fino a un certo punto. In questa forma, sì, ma mi è venuta in mente un’altra idea per aggirare i problemi che ho incontrato».
E cioè?
«Quattro grandi viaggi intorno al mondo. Il primo, da 12 mila chilometri, è quello che ho appena affrontato. Poi, a ottobre, vorrei partire per il Ghana: 20 mila chilometri tra andata e ritorno. Mi piacerebbe legare questa nuova avventura a un’iniziativa umanitaria, dando la possibilità a chi lo desidera di viaggiare con me. Infine, ho in programma altri due viaggi nel 2023: il primo nel Nord e nel Sud America, e il secondo in Australia».
Perché fa tutto questo?
«Perché ho 58 anni. Significa che solo tra cinque anni probabilmente non sarò in grado di fare quello che sto facendo ora. O, almeno, non a questa intensità. Ecco, io voglio vivere la vita in modo intenso».
Ha figli?
«Due ragazzi, di 21 e di 30 anni. Ma sono separato».
Vivere come ha fatto in questi mesi è economicamente sostenibile?
«Io non sono ricco di famiglia. Quando ho iniziato a programma questi viaggi, per necessità ho dovuto ridurre le mie ore di lavoro. Ma, allo stesso tempo, ho ridotto anche il mio fabbisogno. Ho venduto la macchina, ho iniziato a ridurre i miei consumi. È solo questione di riparametrarsi».
Quanto spendeva, in media, in un mese durante il viaggio?
«Tra gli 800 e i 1000 euro, compresa la benzina. Sono in tanti a non capire la mia scelta. Ma per me è un sogno a cui non rinuncio».
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