COMMERCIO A PADOVALe commesse: "Lavorare alla domenica?Per 30 euro non vale la pena"
Il 25 aprile coincide con la terza domenica di apertura dei negozi, come vuole l'intesa tra il Comune e le associazioni di categoria. La decisione ha suscitato le proteste di Cgil, Cisl e Uil, che per sabato organizzano un sit-in e una serie di volantinaggi

Silvia ed Elisa, commesse della Libreria Gregoriana
PADOVA. Insomma, se si deve si fa, che di questi tempi fare la commessa con in tasca una laurea magari in Scienze della comunicazione già è un successo. Pur se amarognolo. E una, o uno, il lavoro se lo tiene stretto, anche di domenica, anche storcendo la bocca, anche se in media il pomeriggio domenicale vale in busta paga da 25 euro a un massimo di 40, al netto. Su uno stipendio che solo con una gran botta di anzianità arriva a 1100 euro, altrimenti se ne sta sotto, ma proprio sotto.
Il 25 aprile sarà la terza delle domeniche di apertura dei negozi decise da Comune, Ascom, Confesercenti, Camera di Commercio sotto lo slogan «Tuffati nel cuore di Padova», manco il centro fosse il Lago di Shopping col trampolino piazzato sul tetto del Salone. Decisione che ha scatenato le proteste di Cgil, Cisl e Uil, con tanto di sit-in e volantinaggio in programma sabato mattina, e che trova contraria buona parte delle commesse. Le quali per quei pochi euro farebbero tanto volentieri a meno di tuffarsi, almeno la domenica.
«NON VOGLIAMO GIOCARCI IL POSTO»
Almeno quelle che si sentono libere di dirlo, perché chi lavora in punti vendita di catene tipo Disney Store, in piazza della Frutta (aperto le domeniche), tiene la bocca cucita: «non vorrà mica che ci giochiamo il posto? Per direttiva aziendale non possiamo fare dichiarazioni. Fino a che stiamo in negozio, siamo pagate per lavorare non per parlare», dicono Esmeralda e Winnie The Pooh (ogni commessa nella targhetta ha scritto il proprio nome e quello di un personaggio disneyano). E rapidamente tornano a tuffarsi in un mare di zainetti rosa, di Topolini, pupazzi e stivaletti color pastello, il tutto rigorosamente ricoperto da paillettes e brillantini. Baby-kitsch tra strass e stress da gadget-mania. Molto più comunicativa Michela, 48 anni, da 6 una dei 9 dipendenti di Video Look, boutique in via San Clemente dove chi può spende un migliaio di euro per un Missoni o per una meraviglia traforata firmata Stella Mc Cartney. «Tenere aperto di domenica, a parte il periodo natalizio, è inutile e improduttivo - dice - poi si lavora anche peggio durante la settimana».
«SERVONO INIZIATIVE DI CULTURA, ARTE, MODA»
E alle sue spalle la titolare, Daniela Tognin: «La domenica è fatta per riposare. E se si vuole ridar vita al centro, bisogna creare degli eventi, delle serate di cultura, arte, moda, coinvolgendo i commercianti ma non solo perchè tengano aperti i negozi». Un’altra che la domenica preferirebbe starsene a casa («non vale la pena lavorare, accumuli stanchezza che poi non smaltisci») è Ilenia Garbo, 22 anni, commessa da quando ne aveva 18, titolare di uno dei profili più belli della città, che lavora nel nuovo Xetra, in piazza Frutta al posto di Conbipel: «Non è neanche andata male domenica scorsa, ma è proprio esagerato tener aperto tutte le domeniche». Contrarie anche alcune commesse di Civette moda in piazza dei Signori, per tutte parla Barbara, 40 anni, dietro il bancone da 20: «E’ troppo impegnativo per il personale e non c’è proprio partita di scambio. Non vale la pena». Pamela Crepaldi lavora (con altri 6 colleghi) nell’Ottica Avanzi, in piazza delle Erbe: «Noi teniamo aperti, adesso c’è grande richiesta di occhiali da sole. Ci diamo i turni e facciamo una o due domeniche al mese ma se potessi scegliere, me ne starei a casa». Jules, aperto da un anno in via Roma, è il punto vendita di una catena francese, jeans ora a -50%, maglie e via: la commessa Roberta Filippi, 30 anni, quando c’è da lavorare la domenica lavora, chè alternativa non c’è ma «per me non ha senso, ora col bel tempo la gente va o sarebbe meglio che andasse al mare, in gita, a respirare. E poi, prima io lavoravo a Jesolo, facevo tutte le domeniche e pure gli straordinari ma guadagnavo bene. Qui è molto diverso». Altra boutique di abbigliamento (in centro si è sgonfiato il boom dei negozi di scarpe e adesso è tutta una moda casual, chic o cheap): La Fornarina, sempre in via Roma, con Giorgia, 29 anni e Cinzia, 26 anni la quale, laureata in Scienze della comunicazione, si ritrova a vendere vezzosi abitucci e vestire manichini. Tutte e due, spigliate e divertenti, sono lapidarie: «E’ imprescindibile e necessario il riposo, soprattutto in questo lavoro a contatto con le persone». E Cinzia la butta lì: «Scusi, ma Zanonato c’è in Comune la domenica?».
LE EDIZIONI PAOLINE E I SANDALI CAOVILLA
Alla libreria Gregoriana, via Roma, va da sé che «A parte due domeniche sotto Natale, rimaniamo chiusi. Comunque i dipendenti non verrebbero per scelta», dice Cecilia Briani, da 40 anni responsabile della libreria e le fanno eco le commesse Silvia ed Elisa. Altro giro, altro target, dalle edizioni Paoline ai sandali Caovilla tutti Swarovski suole comprese a 830 euro. Belli come una Venere di Botticelli su tacco 14. Per un paietto di infradito semplici come il pane solo con qualche pietruzza, 320 euro. Pavin il superlusso della calzatura, di fronte al Bo, la domenica resta aperto: uno dei commessi, ragazzo comme il faut ma con un sorriso che fa la differenza, non dice né sì né no ma «se si deve, si fa». Da Zara, che se potesse aprirebbe anche di notte, Daria, 28 anni, ha un’altra teoria: «per me è lavoro in più, pagato di più, la domenica non è un giorno speciale o più faticoso. In Europa i negozi spesso sono sempre aperti: è un altro modo di concepire le cose». Meno d’accordo le sue colleghe con contratti da 40 ore settimanali e con figli magari piccoli a casa: semplicemente non li vedono più. «Il lavoro non è la prima cosa nella vita, almeno la domenica lasciatecela, sennò saremmo sempre qui. E così la pensano anche i nostri titolari»: parola di Matteo 28 anni e Federica 25, commessi da Prosdocimi.
«TUTTO MORTO COME A ROVIGO? NOOO»
Al contrario Eleonora, 29 anni, responsabile del punto vendita Promod in via Gorizia è più che favorevole alle aperture domenicali, ed ha i suoi buoni motivi: «Sennò si diventa come Rovigo, città morta, dormitorio, dove nessuno investe, nessuno fa nulla». Per finire con il cartello in vetrina da Furlan, piazza Frutta, aperto nel 1945, da Angelo il padre dell’attuale proprietario Paolo: «Mai dire mai ma mai di domenica»
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