Compro oro, meglio se rubato o in nero

Sequestrati nel Veneziano cinque negozi. Perquisizioni a Padova. Tre arresti e venti esercizi chiusi dalla Guardia di finanza
Di Francesco Furlan
Finanza operazione Apollo
Finanza operazione Apollo

VENEZIA. Oro acquistato sotto peso, in nero e senza registrazione, anche proveniente da furti. Ci sono anche cinque “compro oro” veneziani appartenenti al gruppo “Re Mida” posti sotto sequestro dalla Guardia di finanza su ordine della Procura di Mantova nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto di tre persone ai vertici della società, Giampaolo Rizzatti, di 58 anni, Silvia Villani (55) e Alberto Rizzatti (26), rispettivamente madre padre e figlio, mantovani ma domiciliti in una lussuosa villa a Peschiera del Garda (Verona) e alla denuncia di altri diciassette soggetti tra i quali figurano anche i cinque gestori dei negozi di Venezia e provincia.

I reati contestati a vario titolo sono associazione a delinquere, truffa, ricettazione, riciclaggio, frode fiscale e commercio abusivo d’oro. Nel complesso i finanzieri hanno compiuto 38 perquisizioni e sequestrato 20 negozi tra Emilia, Lombardia e Toscana, e Veneto. Tra questi anche i negozi della provincia veneziana. Due si trovano in centro storico (a Dorsoduro, San Pantalon civico 3752; e a Cannareggio, Campo dei Pali e dei Testori, 3808); uno a Mestre (in Corso del Popolo 157); a Marghera (in via Beccaria 8/C) e a Sottomarina (in via Roma 1465). Perquisizioni sono avvenute anche a Padova e in altre città del Veneto.

Ora i finanzieri di Modena, cui la procura di Mantova ha affidato le indagini, dovranno capire a quale titolo e con quale grado di consapevolezza e responsabilità i gestori dei negozi veneziani partecipassero all’associazione a delinquere, reato per il quale sono stati tutti denunciati. Le indagini, iniziate nel gennaio del 2013, sono scaturite da un controllo delle Fiamme Gialle in un negozio “compro oro” di Modena dal quale sono emerse irregolarità relative al pagamento dell’oro, in contanti e senza registrazione, obbligatoria per questo tipo di vendite. Ulteriori accertamenti sono stati poi eseguiti negli altri punti vendita della catena “Re Mida” - che anche da noi ha avuto un forte sviluppo negli ultimi anni - gestiti da collaboratori con una propria partita Iva, o assunti direttamente come dipendenti dalla società, composta da quasi trenta negozi: 11 solo in Veneto, 6 in Emilia Romagna, 5 in Lombardia e 4 in Toscana, di cui 18 gestite direttamente, e 10 in franchising. Secondo le indagini della Guardia di finanza nei negozi posti sotto sequestro gli oggetti d’oro anche di provenienza illecita - in alcuni casi le trattative avvenivano nei campi nomadi - venivano acquistati senza la dovuta registrazione sui registri di pubblica sicurezza e su quelli fiscali eliminando così ogni traccia sull’origine dell’oro, i cui ricavi di vendita erano, nella catena, anche nascosti al Fisco. La trattativa per l’acquisto in oro, inoltre, avveniva via Skype mentre il trasferimento di denaro per pagare il cliente avveniva tramite carte prepagate e vaglia postali.

I finanzieri hanno anche accertato che, i alcuni casi, l’oro veniva acquistato ad un prezzo inferiore rispetto al dovuto, approfittando così di chi si avvicinava allo sportello per vendere un bracciale o qualche anello perché in stato di indigenza. L’oro veniva raccolto due volte alla settimana, portato a Ostiglia e fuso in lingotti che poi venivano portati e venduti a una nota fonderia industriale di Valenza Po. Il tutto avveniva spesso senza dichiarare nulla al fisco. I proventi illeciti venivano investiti in immobili in Costa Rica e beni di lusso come orologi Rolex, auto di lusso come Hummer e Bentley. Sequestrata la villa con piscina sul Garda, così come 41 conti correnti bancari e una cassetta di sicurezza in cui erano custoditi tre chili d’oro. Dal 2009 a oggi i tre arrestati sono riusciti, secondo i calcoli del finanzieri, ad acquisire 1408 chili di monili d’oro per un valore di oltre 32 milioni di euro. Ora i finanzieri di Modena dovranno mettersi al lavoro per ricostruire, attraverso l’analisi del conti corrente sequestrati, i flussi di denaro e ulteriori eventuali investimenti.

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