«Con Di Maio e Salvini l’Italia rischia la serie C Tria e Giorgetti le uniche garanzie»

L’INTERVISTA«L’Italia? Rischia di scivolare in serie C. L’agenzia Fitch ha confermato il rating BBB e per salvarci dal declassamento siamo nelle mani del ministro dell’Economia Tria e del...
PERTILE - DIBATTITO "A COSA SERVONO I MANAGER?". MARIO CARRARO PERTILE - DIBATTITO
PERTILE - DIBATTITO "A COSA SERVONO I MANAGER?". MARIO CARRARO PERTILE - DIBATTITO

L’INTERVISTA



«L’Italia? Rischia di scivolare in serie C. L’agenzia Fitch ha confermato il rating BBB e per salvarci dal declassamento siamo nelle mani del ministro dell’Economia Tria e del sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Il vicepremier Di Maio non sa di cosa parla quando tira in ballo la delocalizzazione in un mercato globale, mentre Salvini pensa alle aziende di 10-15 dipendenti. Sì, questo governo mi preoccupa e l’Italia sta vivendo una brutta stagione».

Mario Carraro, uno dei big dell’industria italiana con società quotata in Borsa, ieri ha postato su Fb un commento dopo aver letto i duri giudizi di Matteo Zoppas, Massimo Finco, Vincenzo Marinese e Luciani Vescovi che hanno annunciato il piano di battaglia di Confindustria contro il governo gialloverde.

Dottor Carraro, conferma il suo post su Fb?

«Certo, ho scritto che se gli industriali occuperanno le piazze, gli operai dove andranno a protestare, a Cortina? Sono convinto, come emerge dall'inchiesta di Possamai, che le misure prese dal governo siano negative ma credo che la protesta debba trovare altri luoghi e mezzi di manifestazione. Confindustria poi senza la Fiat e Luxottica pesa sempre meno, Boccia è deluso perché il governo lo ignora ma bisogna dare un vero segnale di modernizzazione. Lo stesso vale anche per il Veneto, che deve contare di più nello scenario nazionale. Matteo Zoppas deve trovare il coraggio di creare una Confindustria nuova e unita, come quella nata dall’intesa tra Padova e Treviso. E anche al governatore Luca Zaia mi permetto di dare un consiglio: la Lega veneta deve diventare totalmente autonoma da quella di Salvini e seguire il modello della Csu-Cdu in Baviera. Solo così riuscirà a difendere gli interessi locali: mi sembra la giusta premessa per parlare di autonomia dal governo di Roma, dopo il referendum del 2017».

Torniamo al governo italiano: dopo tre mesi, che giudizio dà alla coppia Di Maio-Salvini?

«Sono deluso. Manca persino il linguaggio per affrontare il tema. Di Maio parla di delocalizzazione e non ha alcuna percezione delle trasformazioni globali. Fa riferimento al precariato, ma dimentica che in America con l’intelligenza artificiale, la robotica e la web economy il posto fisso non esiste più. La regola base è la flessibilità che il governo gialloverde ha invece messo in gabbia con il decreto Dignità. Oggi si cambia di mese in mese, in base alle dinamiche del mercato. E l’Italia resta ferma a vecchi stereotipi. Ricordo un’assemblea dei calzaturieri della Riviera del Brenta di 30 anni fa, preoccupati per la concorrenza della Cina. Oggi quel Paese produce il 43% degli smartphone e non abbiamo la percezione di quanto sia cambiato il mondo con la rivoluzione di internet e icloud. Purtroppo non esiste ancora la banda larga in tutte le nostre aziende e case».

Perché l’Italia arranca?

«Non siamo affatto usciti dalla crisi, mancano 5 punti di Pil per tornare ai livelli 2008. Renzi e Confindustria hanno le loro responsabilità, ma il primo è stato Silvio Berlusconi a ingannare gli italiani raccontando la favola di un paese felice che banchettava nei ristoranti ed era sempre in vacanza. In realtà, l’Italia si era sollevata da terra ma correva meno, molto meno degli altri. Siamo in coda. In serie B e ora si rischia la serie C. Il gap con la Germania nel manifatturiero si è allargato al 40%, ci sono state stagioni peggiori ma allora c’era la consapevolezza della crisi. Oggi invece si finge di non capire che il mondo è cambiato. La Cina produce auto e ha il primato negli investimenti nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ha comprato Kukka, la più importante azienda di robot in Germania e la Merkel è fortemente preoccupata».

La proposta della flat tax della Lega la convince o no? Nella prossima legge di stabilità sarà il cavallo di battaglia di Salvini.

«Nessuno può negare l’evidenza dei fatti, cioè il peso eccessivo del sistema fiscale in Italia sulle imprese e sui redditi da lavoro dipendente. La flat tax va invece nella direzione opposta e manda gambe all’aria tutte le clausola di salvaguardia pattuite con l’Europa. Il taglio delle tasse dev’essere compatibile con i vincoli Ue, Bruxelles, la Merkel e Macron possono chiudere un occhio al vincolo del 3 per cento a patto che ci sia un piano d’investimenti strutturali che consenta all’Italia di tornare a crescere come Germania e Francia. Ma se litighiamo con Macron, ignoriamo la Merkel e invece di dialogare con il Nord Europa prendiamo Orban come interlocutore privilegiato, allora non si fa molta strada».

Lei ha detto che Di Maio non ha nemmeno il linguaggio per affrontare i temi dell’economia, ma di Matteo Salvini cosa pensa: è il leader del centrodestra...

«Salvini mi preoccupa. Viviamo un momento molto pericoloso. E non parlo d’immigrazione. L’atteggiamento del ministro degli Interni incute timore non solo nell’opinione pubblica italiana ed europea, ma pure in America. Il Financial Times parla oggi di Papa Francesco, dei cardinali che gli fanno la guerra e nella sua analisi cita il nome del cardinale Burke, amico di Salvini e di Steve Bannon, il guru della vittoria di Trump poi cacciato. Scenario preoccupante. Ero ragazzo quando ci siamo liberati dal fascismo e avevo 15 anni quand’è nata la democrazia: allora c’era grande entusiasmo e ora spero di non assistere al suo tramonto in un’Italia stanca e rassegnata».

La colpa è anche dell’opposizione finita in letargo, lei cosa si augura?

«Mi auguro che nel governo possano prevalere le posizioni del ministro Tria e del sottosegretario Giorgetti, che hanno competenza e senso di responsabilità. Spero che anche l’opposizione sappia rialzare la testa, Walter Veltroni con la nascita del Pd 10 anni fa ha scritto il sogno di un partito che non c’è: quel programma va calato nella realtà. Oggi chi teme la deriva populista si deve unire per affrontare i problemi e far ripartire l’Italia». —



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