Conte Volpi, evasione Sequestrato il palazzo
Dimora storica con 86 vani a San Marco, affacciata sul Canal Grande L’imprenditore, residente in Svizzera, non avrebbe dichiarato 5 milioni

VENEZIA. Sotto sequestro preventivo Palazzo D’Anna Viaro Martinengo Volpi di Misurata: 86 vani di storia, celebri proprietari, famose feste sul Canal Grande, al civico 3947 di San Marco, a San Beneto.
A disporre i sigilli è stato il Tribunale di Venezia, su richiesta della Procura della Repubblica, che contesta un’evasione fiscale di 5 milioni di euro al proprietario del grande palazzo: Giovanni Volpi di Misurata, 78 anni, figlio di Giuseppe, il finanziere-imprenditore che “inventò” Porto Marghera, il Lido d’oro, la Mostra del Cinema, che il Regime omaggiò con il titolo di Conte di Misurata e che comprò il palazzo, nel 1917. Il figlio Giovanni ha seguito le orme imprenditoriali del padre, dando vita - tra altre aziende e società - alla Serenissima Auto, scuderia automobilistica amica-nemica della Ferrari negli anni Cinquanta e Sessanta.
Perché il sequestro? È accaduto che la Guardia di Finanza di Venezia abbia fatto un accertamento fiscale sulle entrate di Volpi di Misurata - che ha residenza in Svizzera, a Ginevra - contestando imposte evase in Italia per 5 milioni di euro, tra il 2009 e il 2013: nello specifico, 1,26 milioni nel 2009, 444 mila euro nel 2010, 2,8 milioni nel 2011, 270 mila euro nel 2012 e, infine, 381 mila euro nel 2013. Tasse che - secondo l’accusa mossa dal pubblico ministero Stefano Buccini - sono maturate sui proventi di attività commerciali e di compravendita immobiliare generati da società “estero vestite”: Giudecca Anstald Vaduz, Hot Road Estabilishment, Slatina Investioment Corp, Ozanit Corporation, Ruter Business e dalla stessa Serenissima Automobili Srl, per la Procura riconducibili a Giovanni Volpi di Misurata come amministratore di fatto.
Tant’è, convinto che il conte passi la maggior parte dell’anno in Italia e che qui debba perciò pagare le imposte - tesi contestata dalla difesa in sede di Riesame - il pm Buccini ha chiesto al Tribunale il sequestro preventivo di beni del conte per i 5 milioni di euro della presunta evasione, in attesa di arrivare a una sentenza di merito.
Nelle scorse settimane, la giudice per le udienze preliminari Roberta Marchiori ha concesso il sequestro, riducendolo però a 2,7 milioni di euro. Cifra impugnata dalla difesa davanti ai giudici del Tribunale della Libertà, che hanno ulteriormente ridotto l’ammontare della contestazione fiscale e del relativo sequestro preventivo a 1,6 milioni. I sigilli sono stati così apposti sul bene più tangibile e inamovibile: l’antico palazzo di famiglia sul Canal Grande, che il padre Giuseppe fece affrescare da Ettore Tito, in stile Tiepolesco. Un edificio il cui valore è, naturalmente moltiplicato numerose volte rispetto all’evasione contestata a Giovanni Volpi di Misurata. Che al momento, non intende rilasciare dichiarazioni né, con lui, i suoi avvocati.
Il procedimento è in fase preliminare: la Procura ha ottenuto il sequestro dei beni e ora procederà nelle indagini e verso l’eventuale processo, contestando all’anziano conte di aver violato l’articolo 4 del decreto legge 74/2000 sui reati tributari, per «dichiarazione infedele”, con l’aggravante del “reato continuato”, prevista dall’articolo 81 del codice di procedura penale. Secondo l’accusa le società del conte sarebbero state “estero vestite”, ma attive in Italia e la stessa residenza a Ginevra sarebbe poco più di una formalità, abitando all’estero meno dei 6 mesi previsti dalla legge per godere degli sgravi fiscali. Su questo punto è battaglia con la difesa, che conferma la residenza in Svizzera.
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