Coronavirus, ecco come si può chiedere il rimborso per un viaggio cancellato

Un generico cambiamento delle condizioni sanitarie in un paese estero o un inasprimento delle misure di prevenzione per chi parte o rientra non è condizione sufficiente. I casi e le procedure. Problemi in Croazia, Spagna e Grecia
Flight connections, Charles de Gaulle Airport, Roissy France.
Flight connections, Charles de Gaulle Airport, Roissy France.

UDINE. «Sopravvenuta impossibilità». Questo, sottolineando impossibilità, il concetto chiave per l’accesso ai rimborsi di biglietti, contratti di soggiorno e pacchetti turistici annullati, oppure oggetto di recesso da parte di uno dei contraenti, per cause legate al Covid-19. Il testo dell’articolo 88 della legge di conversione del Cura Italia, approvata il 24 aprile, chiarisce le condizioni e le modalità per chiedere i rimborsi, con integrazioni significative rispetto alla prima formulazione del decreto, ma senza incidere sul suo aspetto più importante, e al centro di una possibile procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea nei confronti dell’Italia e di altri Paesi: la facoltà, per le compagnie di volo, le strutture ricettive, i tour operator e le agenzie viaggi, di procedere al rimborso non attraverso la restituzione in contanti della somma pagata dal cliente, ma tramite un voucher da utilizzare entro un anno dalla sua emissione.

IL VOUCHER: A CHI, COME E QUANDO. Testo alla mano, un generico cambiamento delle condizioni sanitarie in un paese estero o un inasprimento delle misure di prevenzione per chi parte o rientra non è condizione sufficiente per garantire il diritto al rimborso. La legge di conversione, nel caso di viaggi per o dall’estero, prevede infatti il rimborso solo per i «soggetti intestatari di titolo di viaggio o acquirenti di pacchetti turistici, acquistati in Italia, aventi come destinazione Stati esteri, dove sia impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo in ragione della situazione emergenziale epidemiologica da Covid-19. Altri casi tipici di recesso del cliente con diritto al rimborso, espressamente previsti dal decreto, sono quelli di viaggi o pacchetti acquistati da persone nei cui confronti siano scattati provvedimenti di quarantena, isolamento domiciliare, residenti in aree soggette a divieti di spostamento, oltre ai casi di viaggi o soggiorni legati a manifestazioni, eventi, concorsi pubblici annullati o cancellati causa Covid-19.

OBBLIGO E PRASSI. Ma esiste ed è frequente anche il caso opposto, cioè il recesso del vettore o di chi ha venduto il pacchetto, anche indipendentemente da espressi divieti di spostamento. In questa situazione di incertezza e precarietà della situazione, la prima conseguenza pratica è che la cancellazione di un volo o di un pacchetto da parte non può essere considerato un inadempimento contrattuale addebitabile a chi offre il servizio. E che il rimborso integrale di quanto pagato dal cliente è l’unica forma di risarcimento. Su questo poche discussioni. La querelle, piuttosto, riguarda la forma del risarcimento. Il rischio già paventato dalla Commissione Europea, ma anche dall’antitrust, è che un voucher soggetto a scadenza e senza ulteriori garanzie leda il diritto all’acquirente alla restituzione di quanto pagato. Al posto del contante, infatti, ci si ritrova con un buono acquisto da utilizzare entro un anno. Non sarà l’equivalente del contante, ma sempre meglio del pugno di mosche con cui rischia di ritrovarsi chi si è organizzato da solo un viaggio all’estero e deve accontentarsi della restituzione (in voucher) del volo aereo, affidando invece alla buona volontà dell’albergo o del B&B di turno la scelta se restituire eventuali somme anticipate, quando il diritto al rimborso non ricada nelle condizioni espressamente previste dal contratto.

DIRITTI E MERCATO La norma è in contrasto con il regolamento 261/2004 dell’Ue in materia di diritti dei passeggeri. Va detto però che non siamo in una situazione ordinaria e che molti operatori del comparto, compagnie, tour operator, agenzie, strutture ricettive, si trovano di fronte a un rischio concreto di default. Default che comprometterebbe, di fatto, anche il diritto al risarcimento dei clienti. Si tratta quindi di trovare una quadra per conciliare i diritti dei consumatori con la tutela del settore di mercato, quello dei viaggi e del turismo, che è il più penalizzato dall’epidemia. Una strada per sanare il conflitto potrebbe essere quella di prevedere la proroga dello sconto oltre all’anno di scadenza o la sua eventuale conversione in denaro.

COME CHIEDERE IL RIMBORSO Ribadito che la cancellazione di un viaggio per una generica “paura” dei contagi o legata alle misure al rientro (tampone o quarantena) non è condizione sufficiente per il diritto al voucher, la richiesta di rimborso va fatta a chi ha venduto il biglietto o il pacchetto entro 30 giorni dalla cancellazione del volo, del pacchetto o dalla conoscenza del motivo (ad esempio la cancellazione di un concerto o di un concorso pubblico) che ha fatto venir meno le ragioni del viaggio o del soggiorno. Alla richiesta va allegata la documentazione comprovante sia l’acquisto che le motivazioni addotte. Analogo diritto di recesso, se legato ai provvedimenti adottati nell’ambito dell’emergenza Covid-19, può essere esercitato da vettori, agenzie e operatori turistici. Il voucher, se dovuto, va inviato entro 30 giorni (può essere anche offerto un pacchetto turistico diverso, naturalmente senza alcun vincolo di accettazione per il cliente) nel caso del vettore o della struttura ricettiva, entro 60 giorni se il rimborso è effettuato da chi organizza viaggi o pacchetti che prevedono il concorso di più operatori.

Turista fai da te? Ahi ahi ahi. Il claim di una pubblicità famosa quanto datata calza a pennello con l’attuale situazione. Chi si è organizzato da solo il viaggio, infatti, nell’attuale situazione è più esposto alle conseguenze economiche di una cancellazione, anche nei casi in cui il decreto preveda il diritto al rimborso. Un conto infatti è di aver a che fare con una compagnia aerea, un tour operator o un’agenzia con sede in Italia, altro quello di pacchetto fai da te, costruito consultando direttamente le offerte presenti sul mercato e sul web. Quando si ha a che fare con un operatore estero, e tempi e motivi dell’annullamento non siano espressamente previsti dal contratto, il rischio di perdere caparre e anticipi è logicamente più alto.

«CROAZIA, SPAGNA E GRECIA, TURISTI SENZA RISPOSTE» «Le richieste già erano poche, con questo nuovo decreto si sono bloccate del tutto. Il problema vero riguarda chi è già partito, compresi quelli che viaggiano in aereo: i tamponi non si sa chi li deve fare, molti aeroporti non sono attrezzati, le Asl non ne sanno nulla e molte da oggi sono chiuse». Per Nevio Padovani, presidente della Abaco Viaggi di Codroipo, il principale tour operator del Nordest, la nuova ordinanza sui tamponi obbligatori al rientro da Croazia, Spagna, Grecia e malta è solo l’ennesima tegola di un’estate già da incubo per il turismo.

«Cancellazioni? Non si tratta di questo: le richieste per l’estero erano già ai minimi, con le nuove disposizioni si sono bloccate del tutto», spiega ancora Padovani, molto critico su quella che è, o dovrebbe essere, l’organizzazione dei controlli sanitari: «Non si capiscono le regole, come e quando va fatta la quarantena al rientro, chi si occuperà dei tamponi, come bisogna comportarsi dopo il test in attesa del risultato – prosegue Padovani – e tutto questo ha contribuito ad abbattere ulteriormente una domanda che già era bassissima». Ma l’inversione della curva dei contagi sta avendo effetti negativi anche in Italia, dove pure i numeri non sono allarmanti come in altri Paesi esteri: «C’è un rallentamento delle richieste – spiega il numero uno di Abaco – sulle destinazioni nazionali più gettonate, come le località marittime e le principali città d’arte, per il timore di grandi flussi di persone». 

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