Coronavirus in Veneto. "I campeggi pronti a riaprire a giugno: il distanziamento all’aperto è facile"

Angelo Macola (Assitai Veneto): allo studio protocollo con Usl e Regione per procedure digitali in grado di azzerare i contatti fra ospiti e operatori
L’INTERVISTA
Alla fine il “corridoio Covid free” tra Germania e Croazia non ci sarà. È il primo punto segnato dagli operatori turistici veneti, in un campionato che, pur non ancora iniziato, colloca la nostra regione in zona “play-out”. Non ci sta il settore del turismo all’aria aperta che, con Angelo Macola, presidente di Assitai Veneto, chiede risposte per un comparto che per natura si attiene alle regole di distanziamento predicate per i prossimi mesi.
 
Quali cifre ruotano intorno al settore del turismo in Veneto?
«Parto da un dato: Cavallino è la quinta meta turistica in Italia. Ogni anno in Veneto registriamo tra i 2,5 e i 3 milioni di turisti e 22 milioni di presenze, di cui un terzo nei campeggi. Per un totale di quasi 2 miliardi di euro. Ciascun turista trascorre in media 10 giorni nella nostra regione, spendendo 80 euro al giorno tra alloggio, ristorazione e divertimenti. Numeri a cui aggiungere i circa 40 mila addetti che, ogni estate, lavorano nel turismo open air. Considerando solo i lavoratori diretti, 10 mila sul litorale e 3.500 sul lago di Garda. Di questi, due terzi con contratto a tempo determinato e assunzioni bloccate».
 
Lavoratori senza tutela?
«Cassa integrazione in deroga per gli assunti, che però copre solo 9 settimane ed è anticipata da noi aziende, senza sapere quando e come saremo rimborsate dallo Stato. Ma c’è una percentuale di assunti che continua a lavorare nella gestione del verde e nel mantenimento dei rapporti con i clienti».
 
Qual è il rapporto tra disdette e conferme?
«Oltre l’80% di chi ha prenotato spera di poter venire in vacanza; il rimanente 20% si divide tra indecisi e chi ha chiesto la restituzione della caparra, ma la percentuale sale parlando di alberghi».
 
In quanto turismo all’aria aperta, vi sentite più sicuri?
«Certo. Con i nostri spazi, il distanziamento tra le persone è garantito. Forniamo alloggi individuali distanziati e immersi nel verde, dotati di servizi igienici e cucine attrezzate. Ma stiamo anche definendo un protocollo sanitario sul quale ci siamo già confrontati con le Usl regionali. Il prossimo passo sarà un tavolo con gli assessorati alla sanità e al turismo. Inail definisce campeggi e villaggi turistici luoghi a basso impatto rischio integrato e noi sappiamo di poter garantire massima sicurezza agli ospiti. Oltre a essere disponibili a dialogare con città metropolitana e Comuni per la gestione sanitaria certificata del turismo in arrivo, anche attraverso sistemi tecnologici».
 
Cosa manca, dunque?
«Manca la ripartenza. Continuiamo a insistere con Roma, perché sia sbloccato il nostro codice Ateco, per consentirci di ripartire. Esclusi i campeggi con attività di manutenzione ferme, gli altri potrebbero riaprire già a inizio giugno».
 
Tornando alle misure di sicurezza, cos’altro avete previsto?
«Corridoi di distanziamento all’arrivo, procedure digitali per azzerare i contatti tra ospiti e operatori nelle attività di prenotazione, reception, cassa e servizi commerciali interni. La misurazione della temperatura corporea dei clienti, da concordare con le Usl. Turismo all’aperto significa parchi acquatici, spiagge, aree sportive, aree bambini, negozi, ristoranti, servizi igienici. Servizi in aree dalle grandi dimensioni che possono essere rimodulati e organizzati per garantire il rispetto delle misure di distanziamento. Senza contare che le nostre spiagge e i nostri parchi acquatici sono molto sicuri, con regimi all’avanguardia in Europa. Infine stiamo pensando a un insieme di molteplici attività e servizi complementari offerti all'ospite, organizzati quasi totalmente all'aperto».--
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