Coronavirus in Veneto: ignota la causa del contagio, ora si cerca il paziente zero
I due pazienti contagiati, di cui uno deceduto, non sono stati in Cina, si cerca di chiudere il cerchio. Corsa in ospedale per sottoporsi volontariamente al test

PADOVA. I due pazienti contagiati non sono stati in Cina di recente e, per quanto si sa, dicono di non aver avuto contatti con viaggiatori. È quindi già scattata, in tutto il padovano, la caccia al contagiato zero: quasi sicuramente si tratta di una persona che è stata in Cina e che, al suo ritorno, non si è sottoposta al test né alla quarantena.
Secondo alcune voci, i due avrebbero riferito di essere stati in un ristorante cinese, e che quella potrebbe essere stata l’unica occasione di contatto con una persona malata. La notizia, però, è ancora da verificare: nel frattempo si sono attivate le ricerche del possibile paziente zero e di tutti coloro che sono entrati in contatto, più o meno diretto, con i due contagiati.
IL PROTOCOLLO
La procedura prevede una ricostruzione accurata di quali sono stati i luoghi dove il virus potrebbe essere stato contratto, quali le persone incontrate e chi hanno incontrato a loro volta.
«Bisogna incrociare storie e rintracciare contatti» spiega il professor Andrea Crisanti, ordinario di Microbiologia e virologia all’Università di Padova, nonché responsabile del laboratorio dove, da settimane, vengono inviati tutti i campioni raccolti nella nostra regione.
«Dobbiamo identificare eventuali luoghi dove sono passati entrambi i pazienti» aggiunge Crisanti «e individuare punti comuni nel loro passato recente. Poi vanno rintracciate le persone che hanno probabilità di aver contratto il virus e il test a tutti. Nei prossimi giorni lavoreremo su questo».
CORSA IN OSPEDALE
Naturalmente potrebbe volerci del tempo ma già ieri sera diverse persone hanno cominciato ad arrivare spontaneamente all’ospedale di Padova. «Io non sono di Vo’, ma ho saputo di essere stato diverse volte nello stesso bar che frequentava l’anziano, ho due figlie e quindi nel dubbio preferisco fare il test» spiega un signore di mezza età mentre si affretta ad entrare nel reparto di Malattie Infettive.
Fortunatamente l’esame si può fare proprio a Padova (che è centro di riferimento per tutto il Veneto) e fortunatamente l’esito arriva molto in fretta: quello messo a punto a Padova (proprio dall’équipe del professor Crisanti) è uno dei test migliori al mondo e il risultato è disponibile dopo sole tre ore.
Poi, nello sventurato caso in cui dal sospetto si passasse alla certezza del contagio, il paziente sarà trasferito e preso in carico dall’unità di Malattie Infettive, che ha già sgomberato l’intero primo piano dell’edificio per ospitare i casi di coronavirus.
L’ospedale è tappezzato di volantini informativi e la comunità cinese padovana è stata più che collaborativa: rimane il dubbio su come sia stato possibile che il paziente zero non sia stato identificato per tempo. Altro aspetto sul quale si sta cercando di fare luce. Un dato di fatto è che il test è efficace ma anche molto costoso.
LA POLEMICA
Chi va all’attacco della gestione del governatore Zaia è Patrizia Bartelle: «Quello che è accaduto è estremamente grave – osserva la consigliera di Veneto2020 – Presenterò immediatamente un’interrogazione per sapere da quanto tempo erano ricoverati in corsia, e dopo quanto siano stati sottoposti ai test di verifica per il virus.
Voglio soprattutto sapere se il presidente del Veneto, oltre a farsi paladino della chiusura delle frontiere, della quarantena per i bambini ed usare questi temi per la sua campagna elettorale permanente, ha dato le necessarie e opportune indicazioni perché venisse eseguito il test di controllo sulle persone con sintomi compatibili con il Coronavirus. Le misure di controllo sono state tempestive? Zaia porta su di sé una responsabilità grave di cui chiederò immediatamente conto».
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