Coronavirus, prima giornata del Veneto in zona arancione: decreto parte soft

Oggi, lunedì 9 marzo, mezzo Veneto si è ritrovato a fare i conti con le limitazioni alla propria libertà, dettate da un'emergenza sanitaria che ha fatto deflagrare una buona fetta dei diritti dei cittadini

VENEZIA. La miriade di domande non ha ancora avuto risposta. I dubbi restano. Come in un salto nel vuoto i cittadini di Padova,  Venezia e Treviso in men che non si dica (in realtè dopo una delle più lunghe notti della storia recente del nostro Paese) si sono ritrovati in zona arancione. 

Oggi, lunedì 9 marzo, mezzo Veneto ha fatto i conti con le limitazioni alla propria libertà, dettate da un'emergenza sanitaria che ha fatto deflagrare una buona fetta dei diritti dei veneti. 

Come è andata? La partenza sulle strade è stata morbida.

Controlli sulle strade. Pochi i controlli che si sono intensificati nel pomeriggio, come quelli organizzati lungo il Terraglio tra Mestre e Treviso.  Altri sono stati organizzati a Padova al Bassanello. Ma nessun posto di blocco.

A Mestre, centro nevralgico per le comunicazioni sono quaranta le pattuglie di polizia, carabinieri e guardia di finanza impegnate sulle strade  per i controlli sugli spostamenti degli automobilisti. Come previsto dal decreto legge, infatti, anche all’interno della zona arancione che comprende i 44 comuni dell’area metropolitana ci si può spostare solo per “comprovate esigenze lavorative”, “situazioni di necessità”, “motivi di salute” e “rientro presso il proprio domicilio abitazione”. 

Nella giornata di oggi sono state più di 200, al solo comando dei vigili urbani di Venezia, le telefonate per chiedere chiarimenti. Sul sito della questura di Venezia è stato pubblicato ed è scaricabile il modulo per l’autocertificazione che bisognerà portare sempre con sé. Per il momento è in italiano, ma presto sarà anche in altre lingue. “Le verifiche rispetto a quello che è stato auto-certificato”, spiega una fonte di polizia, “potrà essere fatta dagli operatori sia subito che in un secondo momento”. 
 
Se poliziotti, carabinieri e finanzieri si occuperanno dei controlli nelle strade, gli agenti della polizia locale saranno impegnati soprattutto nelle verifiche ai bar e ristoranti che, oltre a dover far rispettare la distanza di un metro, devono chiudere per le 18. Almeno per oggi i vigili urbani inviteranno i titolari dei locali a rispettare il provvedimento, ma nei prossimi giorni scatteranno le sanzioni. 
 
Tutti i viaggiatori si sono dotati di autocertificazione e con un po' di buon senso si sono attenuti alle disposizioni previste dal dpcm dell'8 marzo. 

Potete scaricare qui l'autocertificazione

Coronavirus, ecco il modulo da scaricare e stampare per potersi spostare

I controlli diventeranno più serrati con il trascorrere dei giorni, di fatto per lasciare il tempo alle persone di digerire questo "nuovo stato". Altra musica nelle stazioni. A Venezia in particolare non sono mancate le domande degli agenti di polizia, che hanno chiesto conto a molti il motivo della loro permanenza in città. 

Contromisure in bar e mercati. Nel decreto dell'8 marzo il governo è stato chiaro: nelle zone arancioni i negozi di generi alimentari restano aperti, ma devono essere applicate alcune regole di igiene pubblica: in particolare la distanza di un metro tra cliente e cliente e tra cliente e negoziante. 

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A Mestre la questione è stata risolta così: un pezzo di nastro adesivo che delimita lo spazio vitale che non si può violare. Nella mattinata di oggi, 9 marzo, al mercato di Mestre era tutto un lavoro di metro e nastro adesivo. 

Bar e locali. In queste ore sindaci e prefetti stanno lavorando per rendere applicabili le norme riportate nel dpcm, stabilendo chi può stare aperto, chi deve chiudere alle 18 e chi invece deve abbassare la saracinesca fino alla fine dell'emergenza.

In provincia di Padova un barista ha risolto il problema  in modo drastico: ha messo una rete da cantiere a un metro dal bancone, "così nessuno ci si appoggerà più". A mali estremi, si usa dire.

I dati di oggi. Oggi il presidente della Regione Luca Zaia ha fatto il punto sulla situazione. In una situazione drammatica, c'è un flebile vento che fa capire che queste misure drastiche servono:  «Abbiamo i primi 30 dimessi, e questo dato ci fa capire che tutte attività vanno nella direzione di un buon risultato nelle cure. Abbiamo già pazienti in fase di 'svezzamentò che stanno per essere estubati e mandati in reparto».

Lo ha sottolineato il presidente del Veneto Luca Zaia, facendo il punto dell'emergenza Coronavirus in regione, a Marghera. Per quanto riguarda i 20 decessi, Zaia ha rimarcato che «nella tragedia umana di ogni storia ne dobbiamo parlare con estrema delicatezza, ma siamo sostanzialmente nella quasi totalità davanti a casi clinici con patologie pregresse, cronici e 'pesantì.

Non la presento come giustificazione ma rispetto alle linee guida dell'Oms è giusto illustrare i decessi in maniera opportuna, e ricordo che dovranno essere certificati dalla filiera dell'Iss e inviati all'Oms». 

Tuttavia crescono ancora i casi di positività in Veneto, che stamane raggiungono la quota di 744 malati, 58 in più del report precedente. Lo rende noto la Regione Veneto. C'è stata anche una nuova vittima: sale così a 20 il numero dei deceduti. Le persone con Sars-CoV-2 ricoverate in ospedale sono salite 237; di queste 51 in terapia intensiva

Qui sotto riassunte le disposizioni

 

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