Così le cosche investivano in edilizia e “security”
L’ordinanza dell’operazione Stige, che ha condotto in carcere 169 persone Minacce, infiltrazioni ma anche il ricorso a prestanome e aziende “pulite”

Un fermo immagine tratto da un video mostra un momento della maxi operazione dei Carabinieri del Ros e di quelli del Comando provinciale di Crotone contro la 'ndrangheta, denominata 'Stige': 169 gli arresti in corso di esecuzione in diverse regioni italiane e in Germania, 9 gennaio 2018. ANSA/ UFFICIO STAMPA ++HO - NO SALES EDITORIAL USE ONLY++
PADOVA. «Tutti e tre... si sono fatti l’ufficio qua». È la moglie di Salvatore Giglio, Carmela Roberta Putrino, a spiegare con il piglio del capo al marito detenuto che il figlio Vincenzo e due uomini di sua fiducia, Antonio Bartucca e Giovanni Spadafora, si sono installati a Vigonza per curare gli interessi dell'organizzazione. Sono gli elementi d’indagine alla base dell’operazione Stige condotta dalla Procura d Catanzaro, che ha portato a 169 arresti, di cui cinque nel Veneto.
Tornando a Carmela Roberta Putrin, lei da quando il marito è in carcere ha preso in mano la situazione. Il figlio Vincenzo è considerato la mente imprenditoriale della cosca e il terzetto ha già preso nel portafoglio lavori che riguardano la security. Antonio Bartucca a Padova c’era già da una decina d'anni e in questo tempo aveva messo in piedi alcune imprese edili che avevano macinato diverse commesse «proprio in virtù e grazie alla carica d’intimidazione degli strongolesi». Evidentemente un argomento, quello della minaccia, che può aiutare gli affari anche nel mercato edile padovano. D’altronde è nelle strategia della cosca, dice l’ordinanza, «di reperire e/o ottenere lavori mediante partecipazioni a gare d’appalto o con l’acquisizione di sub-appalti da parte di ditte già vincitrici, mediante l’utilizzo di imprese “pulite” ma riconducibili alla famiglia Giglio».
Le ditte le procurava Bartucca, seguendo le direttive della famiglia Giglio, ed in particolare di Vincenzo. Una parte degli introiti venivano consegnati alla famiglia durante le periodiche visite in Calabria. Di professione ufficialmente imbianchini, con un reddito dichiarato tra i tredici e i ventimila euro annui, pagavano alberghi e ristoranti ai familiari dei detenuti in visita. Non sempre alloggiati in posti confortevoli, stando alle lamentele delle mogli dei detenuti sulla scarsa pulizia degli alberghi dove venivano sistemate. Giovanni Spadafora, detto
u ciommo
, ha raggiunto Bartucca in anni più recenti aiutandolo nei diversi business. Non mancava la droga tra gli affari della coppia 'ndranghetista come ha raccontato agli inquirenti il fratello di Giovanni Spadafora, collaboratore di giustizia: «Mio fratello e Bartucca, sia a Padova che a Trieste, dicevano di avere organizzato un traffico di sostanza stupefacente». L'asse Padova-Trieste passa per Monfalcone grazie agli stretti rapporti di Bartucca con la potente famiglia Iona lì attiva da diversi anni. Malgrado lo spessore criminale del Bartucca che gli concede una certa autonomia, le direttive dei Giglio erano stringenti: durante uno dei tanti colloqui in carcere Salvatore Giglio «fa capire ai presenti che a Padova devono iniziare a inserirsi nel mercato della panificazione tant’è che dice a Bartucca di interessarsi e vedere se riesce a trovare qualche forno che si vende». Il motivo è semplice: «Con farina e acqua si fanno un sacco di soldi». Il marito è spalleggiato dalla moglie che aggiunge: «C'è assai guadagno, capì?». Dopo una veloce ricerca di mercato, Salvatore chiede a Bartucca quanto lo paga il pane nella zona e Bartucca gli dice: a 3 euro. Giglio intima: «Qua», intendendo che il business va condotto nel padovano. D'altronde la famiglia garantisce la copertura dalla concorrenza: lo mostra nitidamente un altro colloquio in carcere tra Salvatore Giglio, capo della cosca di Strongoli e Giuseppe Farao, a capo del cosca di Cirò Superiore. Giglio raccomanda a Farao «di dire ad un soggetto non meglio precisato che si deve comportare bene perché gli ha fatto fare una cattiva figura al figlio». Farao assicura «che mò che vanno da lui […] glielo dice che quando vengono a Padova si devono comportare bene» e Giglio risponde: «Che se non ci vengono proprio a Padova è meglio» e Farao a sua volta : «che sennò … inc … i nostri». A Padova fra gli affiliati esisterebbe insomma un diritto di prelazione da parte della 'ndrangheta cirotana, i cui affiliati non devono subire la concorrenza di altri soggetti. Ma sappiamo che i due imbianchini calabresi, supportati da Vincenzo Giglio, non hanno fatto tutto da soli. Per convincere imprenditori ad entrare in un affare possono valere le minacce o i soldi, ma per acquisire società ci vogliono i buon uffici di avvocati e commercialisti. E di una schiera di persone pulite da mettere come prestanome. L'indagine in Veneto è solo al suo inizio.
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