Costanzo e i suoi "numeri primi": "Ma che vi aspettavate, il Gattopardo?"
Il regista Saverio Costanzo difende il suo film, dopo l'accoglienza tiepida della critica alla prima de "La solitudine dei numeri primi". "Ho fatto un horror perchè era l'unico modo di restituire la tensione del libro"

Regista e cast de "La solitudine dei numeri primi"
VENEZIA. La storia di Alice e Mattia, uniti e divisi nello stesso tempo, segnati nel corpo dai traumi subiti nell'infanzia, è diventata un horror nel film di Saverio Costanzo "La solitudine dei numeri primi", dall'omonimo romanzo bestseller con cui l'esordiente Paolo Giordano vinse il Premio Strega nel 2008.
''C'è un enorme dolore nel romanzo e l'unico modo per rappresentarlo è l'horror che permette di sdrammatizzare, di rendere accessibile la sofferenza. Il vero horror è ironico'' dice Saverio Costanzo del film con Alba Rohrwacher e Luca Marinelli, ultimo degli italiani in Concorso a Venezia 67 e da domani nelle sale, distribuito in 380 copie da Medusa. Nel cast anche Isabella Rossellini e Filippo Timi.
L'accoglienza alla Mostra del Cinema e la grande attesa per l'uscita del film hanno un po' provato il regista che arriva a citare Luchino Visconti. ''Ma cosa vi aspettavate - dice rivolto ai giornalisti -. Vi aspettavate il Gattopardo? Non ho fatto
altro in questi giorni che leggere della trepida attesa per questo film, bisogna stare attenti agli aggettivi''.
Poi cita John Carpenter, Ingmar Bergman, Michelangelo Antonioni e ''l'horror anni '80 con cui sono cresciuto'' come punti di riferimento e spiega che l'esplorazione di generi è per lui un modo per vincere un po' la noia. ''Ho dei limiti che voglio superare con il mestiere che faccio. La paura più grande è scoprirmi invisibile''. E dice che le definizioni che gli sono piaciute di più del suo film sono anche ''thriller
soprannaturale, come ne ha parlato il direttore della Mostra, e horror di sentimento''.
Timido e delicato Paolo Giordano, che è diventato un autore bestseller a 26 anni con il suo romanzo d'esordio diventato oggi il film, di cui firma con Costanzo la sceneggiatura, ci tiene a dire che 'tutti pensano che uno scrittore debba co-sceneggiare il suo libro per difenderlo. Non è così. Il processo di separazione da "La solitudine dei numeri primi" è iniziato quando ho scelto di cedere i diritti. Non ho ansia di possesso in questo senso. Se uno è attaccato a quello che ha prodotto
non dovrebbe permettere che qualcuno ci lavori. Questo è stato subito chiaro tra me e Saverio''. E poi, ''rivedendo il film da spettatore ho ritrovato il senso anch'io. E' stata la prima volta che mi sono commosso di cose che mi dovevano commuovere prima''.
Alice (Alba Rohrwacher), rimasta zoppa dopo una rischiosa caduta su una pista da sci che il padre l'ha costretta a scendere, e Mattia (Luca Marinelli), che non si perdona il suicidio della sorella gemella con disagi mentali, che ha abbandonato su una panchina durante una festa: con queste immagini forti si apre il romanzo mentre nel film ''dovevamo spostare la domanda non su cosa accade ma perchè. Dovevamo creare piani di lettura incrociati'' dice il regista.
"Queste immagini sono un archetipo del dolore originario, delle ferite da cui cerchiamo di emanciparci e questo mi è sembrato miracoloso nel libro di Giordano'' spiega Costanzo che ha scoperto lo scrittore quando stava diventando famoso.
Inoltre, ''lavorare su una piccola etica del corpo era la cosa che mi interessava di più e mi sembra che il tema del corpo oggi sia il filo conduttore di questa Mostra del cinema''. Alba Rohrwacher dimagrita come un grissino è entrata perfettamente
nei tormenti di Alice: ''E' la prima volta che sono arrivata a un personaggio partendo da un lavoro drastico sul corpo. Così è stato più facile capire chi fossero i personaggi dentro''.
Per Giordano è chiaro ''il libro funziona per sottrazione di immagini e questo è impossibile al cinema. Il punto di partenza è stata la consapevolezza di questa difficoltà. Il libro resta sempre sul filo, il film non se lo può permettere''. La musica, con brani da Morricone mi ha aiutato a ''storicizzare'' e ''non abbiamo mai avuto la pretesa di essere realistici. Ho voluto lavorare sull'immaginario''.
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