Debora confessò a Manuela: "L'ho uccisa io"

PADOVA. «Ho ucciso Isabella... A colpi di mazzetta». È stata Debora Sorgato a confessare l’omicidio di Isabella Noventa all’amica e amante del fratello, Manuela Cacco. È quanto risulta dalla confessione della tabaccaia di Camponogara tradotta nel verbale secretato e firmato il 7 marzo davanti ai massimi vertici investigativi, il pm Giorgio Falcone e il dirigente della Squadra mobile Giorgio Di Munno, accanto a lei il difensore di fiducia, l’avvocato Alessandro Menegazzo di Dolo.
La confessione di Debora. Manuela Cacco arriva nella villetta di Noventa, in via Sabbioni 11, intorno alla mezzanotte e tre quarti della maledetta sera del 16 gennaio. Ha girovagato per le stradine della zona attendendo prima di presentarsi nell’abitazione perché sa che Freddy Sorgato, l’uomo del suo cuore, è uscito a mangiare la pizza con la donna-rivale, appunto Isabella, almeno stando al suo resoconto. Non ha le chiavi di casa, come sembrava, pur dormendo spesso nell’abitazione. Suona e qualcuno le apre la porta. Lei corre subito in bagno per un bisogno fisiologico, poi raggiunge la cucina dove si trovano i fratelli Sorgato. Tutti e due. Anche, forse inspiegabilmente, Debora. E capisce che è successo qualcosa: sono turbati. A quel punto – risulta dalla confessione della Cacco – Debora racconta il “film” dell’assassinio di Isabella Noventa. E spiega di essere stata lei a uccidere l’impiegata di Albignasego a colpi di mazzetta, un martello da muratore particolare a testa piatta e con impugnatura più corta. Due colpi: il primo sferrato nella parte anteriore della testa in un faccia a faccia con la vittima, il secondo inferto di spalle nella parte latero-posteriore del cranio.

Nella cucina c’era Freddy. Al momento non risultano indiscrezioni su come Debora abbia giustificato quell’azione crudele. Non trova conferma, invece, che Freddy (difeso dai legali Massimo Malipiero e Giuseppe Pavan) fosse assente dalla cucina come sembrava in un primo tempo. Al contrario, nella sua confessione agli inquirenti Manuela Cacco sostiene di aver riportato il fedele racconto di Debora. Racconto secondo il quale entrambi i fratelli erano presenti nella “stanza della morte”, la cucina della villetta dove si è consumato il massacro della sfortunata Isabella. È dal 25 febbraio che Manuela Cacco ha cominciato a collaborare con la polizia durante la detenzione nel carcere di Verona dove era stata trasferita il 16 febbraio, giorno del fermo del terzetto diabolico accusato di omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere. Dal 24 marzo il trasferimento nel carcere femminile la Giudecca di Venezia.
Esami sul sangue. «Secondo i nostri consulenti tecnici non risultano essere state trovate tracce di sangue riconducibili a Isabella Noventa nella cucina di Freddy Sorgato e nell’auto Golf Volkswagen di Debora Sorgato» puntualizzano gli avvocati Roberto Morachiello e Francesco Lava, difensori di Debora Sorgato che partecipano agli esami “irripetibili” sulle tracce biologiche repertate nella villetta, palcoscenico del delitto, con il loro consulente tecnico (il professor Paolo Fattorini dell’Università di Trieste, esperto in Scienze forensi e Medicina legale). Per quanto riguarda la presenza di Dna della vittima, il fronte resta aperto: si attende il completamento degli esami. Peraltro il Dna può essere trovato grazie alla presenza di un capello o di una traccia di pelle o unghie.
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