Denaro dal Veneto alla Cina: azzerati i flussi tracciati, spariti 100 milioni di euro

Al Centro Ingrosso Cina di Padova lo sportello fantasma dell’istituto di credito

Laura Berlinghieri
I controlli della Finanza hanno portato al Centro Ingrosso di Padova
I controlli della Finanza hanno portato al Centro Ingrosso di Padova

Evidentemente, l’integrazione e il radicamento nel Paese scelto per vivere c’entrano poco. O, almeno, non può essere questa la sola spiegazione. L’istogramma che indica la serie storica delle rimesse inviate dall’Italia, e dal Veneto, alla Cina è impressionante.

È impressionante il bruschissimo calo, che, a partire dal 2013, ha caratterizzato ogni anno. E allora è difficile non legare il fenomeno alla recente scoperta della Guardia di finanza: l’esistenza di uno sportello in Veneto, a Padova, della China undeground bank, la banca segreta cinese, “lavatrice” del denaro sporco proveniente da Shanghai e diretto ancora nel colosso asiatico.

La filiale della banca fantasma per evasori e riciclaggio. Padova snodo dei soldi in nero per la Cina
I negozi del Centro Ingrosso Cina che si trova a Padova. Per gli investigatori la filiale fantasma avrebbe sede qui (foto Agenzia Bianchi)

La ricerca 

C’è chi in passato aveva ipotizzato, appunto, che una spiegazione potesse consistere nel compimento del processo di integrazione degli immigrati di seconda o terza generazione nel Paese scelto dai genitori, persino dai nonni.

«È una teoria economica abbastanza diffusa» ammette Enrico Di Pasquale, ricercatore della fondazione Moressa, autrice dello studio che indica la progressione dell’entità delle rimesse. «Con il passare del tempo, all’integrazione nel territorio fa naturalmente seguito un calo dell’entità delle rimesse».

Significa che un immigrato di seconda o terza generazione, che ha ormai stabilito pienamente la sua vita nel “nuovo” Paese, perde progressivamente l’interesse a inviare denaro nel Paese d’origine.

«Ma è un calo molto lento, non certo brusco come lo è stato quello dei flussi verso la Cina» prosegue il ricercatore. «In questo caso parliamo di 2,7 miliardi di euro spariti in meno di dieci anni. Sono flussi la cui entità è scesa dai 2,8 miliardi di euro del 2012 ai 22 milioni del 2021».

Sono le cifre nazionali. Ma a impressionare sono anche quelle locali: dai 103,7 milioni usciti dalla nostra regione nel 2011 si è passati agli appena 500 mila euro del 2021. Un crollo verticale. In Veneto, tra l’altro, il fenomeno è iniziato prima che nel resto d’Italia. E, nel 2011, le rimesse provenienti soltanto dalla nostra regione erano cinque volte superiori a quelle che oggi arrivano dal resto d’Italia.

Dove sono finiti i soldi?

Soldi che si sono dissolti nel nulla? L’ipotesi è che una parte consistente di quel denaro continui a muoversi lungo la stessa rotta, Cina-Italia-Cina, ma lo faccia attraverso un canale parallelo. Il canale dell’illegalità. Un canale che fa base anche a Padova. Più precisamente, nel vecchio negozio “Pier Monì” del Centro ingrosso Cina, in corso Stati Uniti.

È questo – secondo gli inquirenti – l’indirizzo di uno degli sportelli della China underground bank, a cui le Fiamme gialle sono arrivate seguendo due differenti filoni di indagine: l’inchiesta “Via della seta” sul traffico di rifiuti ferrosi e il caso Gaiatto. Le traiettorie delle due indagini avrebbero condotto gli inquirenti direttamente in corso Stati Uniti, in un piccolo negozio, crocevia di scambi di denaro a nove zeri. Scambi che – è il sospetto – foraggiavano l’economia illegale cinese.

Tutte ipotesi rafforzate dalla semplice visione del brusco calo dei flussi di denaro leciti, dall’Italia alla Cina. «Ma la spiegazione non è necessariamente il nero» precisa Di Pasquale. «Anche noi ipotizziamo che quei soldi non siano spariti, ma stiano transitando attraverso altri canali, come possono essere le ricariche online o le app che consentono di movimentare denaro. Esistono canali non tracciati, ma legali».

Le modalità per cedere denaro, nell’immaterialità della rete, sono potenzialmente infinite. E il progressivo calo delle rimesse si può spiegare anche con una società che si evolve sempre più velocemente, offrendo ai suoi cittadini un ventaglio di possibilità che è via via maggiore.

Effetto pandemia

Nel trasferimento di denaro, la pandemia ha inciso molto. «Prima dell’arrivo del Covid, ad esempio, il denaro diretto nei Paesi dell’Est transitava a bordo dei pullman, che riportavano a casa per qualche giorno le donne ucraine, rumene o moldave che lavoravano in Italia». Con lo scoppio della pandemia, è un flusso “fisico” che si è interrotto. Come si sono diradati i viaggi aerei verso i Paesi del Nordafrica, quali Marocco e Tunisia. «E, di conseguenza, verso questi Paesi hanno ripreso a correre le rimesse» spiega Di Pasquale.

La sola eccezione, in questa tendenza? La Cina. Dove il crollo è stato verticale, insensibile anche alla pandemia.

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