E' morto Ezio Vendrame, leggenda del calcio e star del Vicenza e del Padova
Era soprannominato il George Best italiano per la genialità e l'imprevedibilità dei suoi comportamenti dentro e fuori dal campo. Se ne è andato nella casa del Pordenonese dove viveva da sempre

PADOVA. Coerente con la sua proverbiale imprevedibilità fino all'ultimo, ha sorpreso tutti anche in punto di morte: Ezio Vendrame, il calciatore che negli anni Settanta ha saputo far innamorare i tifosi di mezza Italia con il suo talento unico, se ne è andato all'improvviso la mattina di sabato 4 aprile nella sua casa di Casarsa della Delizia, il paese del Pordenonese dove era nato e aveva sempre vissuto. "È morto uno dei giocatori più eccentrici e simpatici degli anni Settanta. Aveva 72 anni». Con questo scarno tweet Aldo Serena, ex attaccante della Nazionale, ha annunciato la scomparsa dell'amico, il giocatore conosciuto come il George Best italiano.
A rendere la sua vita un'avventura tutta da raccontare era stato proprio lui, Vendrame, protagonista di una parabola sportiva inimitabile.
Gli esordi
Vendrame nasce a Casarsa del Friuli il 21 novembre 1947, dai 7 ai 14 anni cresce in un orfanotrofio nonostante i genitori fossero ancora vivi. È qui che comincia a dare i primi calci al pallone, fino a quando non viene arruolato nelle giovanil idell’Udinese, dove si impone come mezzala o ala pura. Il più classico deifantasisti. A vent’anni passa alla Spal, ma non lega con il tecnico Paolo Mazza. Così l’esordio tra i professionisti è rimandato al’68/69, quando timbra 11 presenze e un gol in serie C con laTorres. Altre due stagioni in terza serie con Siena e Rovereto, quindi, a 24 anni, la grande chance: Lanerossi Vicenza.

Le figurine Panini di Vendrame con la maglia del Lanerossi Vicenza
La serie A
Tre anni al “Menti”, dal '71 al '74, conditi da giocate sopraffine e bizze imprevedibili dentro e fuori dal campo. Vendrame diventa ben presto l’idolo dei tifosi biancorossi, intanti lo ribattezzano il “George Best italiano”. Nel 1974 passa al Napoli, ma si perde, disputando appena tre partite e decidendo a fine stagione di ritornare in C. Dal 1975 al ’77 è al Padova dove regala al grande pubblicole ultime perle del suo smisurato talento.
Nella stagione 1978-79 contribuisce anche alla promozione del Pordenone in serie C2.

Vendrame (al centro) in maglia biancoscudata
L'epilogo
Chiude la carriera tra Audace San Michele, Pordenone e Casarsa, disputando l’ultima partita tra i dilettanti nel 1981, al termine della quale verrà squalificato per aggressione all’arbitro. Appese le scarpe al chiodo, allenerà per qualche stagione le giovanili di Venezia e Sanvitese. Ma la sua carriera di tecnico è breve: dopo molti successi, di fronte all'invadenza dei genitori dei baby calciatori, sbotta: "Allenerei solo una squadra di orfani". Questo il suo famoso commiato alla panchina.
La personalità
La storia calcistica appena tratteggiata fa già intuire qual era la caratteristica del personaggio, prima che del calciatore: la capacità di pensare fuori dagli schemi. Applicandola al calcio degli anni Settanta grazie a una tecnica sopraffina, Vendrame è divenuto l'incarnazioe di genio e sregolatezza sui campi di gioco. Mille gli aneddoti sulle sue invenzioni nell'arco dei novanta minuti. Alcune sono passate alla storia.
Gli aneddoti
Durante una partita Padova-Cremonese Vendrame, all'epoca titolare biancoscudato, giunse davanti alla porta avversaria e poi, anziché andare in gol, rifece il campo dribblando tutti i compagni di squadra fino alla porta padovana e qui finse di tirare: un tifoso, per l'emozione, morì d'infarto. Durante un Vicenza-Milan fa un tunnel a Rivera, poi scaraventa la palla in fallo laterale: "Se uno dribbla il migliore, che deve fare ancora?" Sa divertire e stupire sempre i tifosi, persino con qualche gag fuori programma: come quando, prima di battere un corner, si soffia il naso con la bandierina.
La tecnica
Vendrame era un fantasista nel vero senso della parola: impossibile attribuirgli uno dei classici ruoli. "Io con i piedi di Ezio, lui con la mia testa. Ecco il fuoriclasse assoluto". La frase è di Aldo Agroppi e riassume l’essenza di Vendrame. Ma solo in parte. Per completare il tassello mancante basta ricordare la risposta che il fantasista diede ad Agroppi, un giorno in cui entrambi erano ospiti alla Domenica Sportiva. "Ti regalo volentieri i miei piedi, ma la mia testa non la cambio con nessuno, tantomeno con te".

L'artista
Calciatore, poeta, scrittore, comunque sempre insofferente alla forma. Ha scitto un libro, "Se mi mandi in tribuna godo": è una critica severissima al mondo del calcio-business. Disse che a dargli l'idea del titolo fu Luis Vinicio, l'allenatore del Napoli che lo mise tra i titolari il meno possibile, riuscendo a fargli giocare solo tre partite in una srtagione e convincerlo a dare l'addio alla serie A.
Chi lo conosceva e aveva avuto l'occasione di andarlo a trovare a Casarsa non si stupiva di sentirsi chiedere di accompagnarlo al cimitero del paese: "Vieni", diceva, "questo è un paese di morti, andiamo fino alla tomba di Pasolini, ché lui è il più vivo di tutti".
Artista della vita prima che del pallone. Con il bagaglio tecnico che possedeva, avrebbe potuto primeggiare in Italia e nel mondo. Vincere tutto con le squadre più forti di sempre e restare nella storia del calcio. Ma molto probabilmente non gli è mai interessato. Giocava per regalare emozioni e restare nel cuore della gente. Obiettivo centrato come pochi altri suoi colleghi.
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