Editoriale del direttore / Meno capi e più guide

Fabrizio Brancoli

Hanno intercettato 614 persone sotto i trent’anni. Sono apprendiste e apprendisti dell’artigianato in Veneto, soldati semplici del lavoro, chiamati a trasformare un’esperienza in una professione. Confartigianato e IVL hanno sondato le loro opinioni. Che cosa emerge? Che molti giovani (66mila quest’anno) chiudono in anticipo il contratto. Cercano di meglio: soldi o, più spesso, gratificazioni. Tanti (il 47%) aspirano a diventare imprenditori; ma dopo pochi anni quel sogno scende al 28%. Poi c’è una frase: chi conduce un’impresa, dicono gli intervistati, deve essere “meno capo e più guida”. Ecco.

“Apprendista” è una parola che ormai usiamo a sproposito. La consideriamo un sinonimo di “principiante” ma non è la stessa cosa. L’apprendista non solo inizia, l’apprendista deve apprendere. E quindi occorre che ci sia qualcuno che insegni. Il tema della formazione, degli Its, delle politiche e degli investimenti, è centrale. Altrettanto conta l’insegnamento non codificato, affidato alla lungimiranza e per certi versi anche al sentimento dei datori e datrici di lavoro, di chi comanda i reparti o gli uffici.

Quali persone, davvero, vi sono state maestre nella vita? Ho provato a fare questo elenco per il mio caso; ne sono usciti una dozzina di nomi. Quattro insegnanti perfette, un docente universitario, giornalisti esperti, istruttori sportivi, parenti, un sacerdote. Menti ruvide o sensibili. É stata la mia accademia. L’ho messa insieme in modo sgangherato ma mi ha aiutato tanto. Vale, credo, per chiunque. Il pantheon trascurato di chi ci ha saputo farci migliorare.

Platone dice che l’apprendimento è una questione emotiva. Senza un’emozione tra chi insegna e chi impara, le idee non si ancorano, non restano; si disperdono come legnetti nella risacca delle onde. Vogliamo ancora imparare qualcosa e insegnare a qualcuno? —

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