Elezioni, Ostellari: «Chi attacca Salvini attacca la Lega, non siamo più quelli dei maiali in moschea»

Il senatore leghista padovano difende la linea e le scelte della segreteria federale e risponde ai rivoltosi
Enrico Ferro
Andrea Ostellari, senatore della Lega
Andrea Ostellari, senatore della Lega

Andrea Ostellari, senatore della Lega e cardine della dirigenza regionale, se avesse davanti il rivoltoso Roberto Marcato cosa gli direbbe?

«Lo tratterei come un qualsiasi altro militante. Cercherei di ragionare con lui sui temi che riguardano il nostro territorio ma esigerei da lui, come da chiunque altro, un impegno comune per aiutare la squadra. Chiedo a lui, a Fabrizio Boron e a tutti coloro che ho visto nei giornali, di smetterla di fare polemica e di aiutare il partito. È quello che chiedono i militanti. Da militante dico: aiutate il partito».

Ma i leghisti che ha citato dicono di non riconoscersi più in questo partito.

«Quindi si parla di nostalgia e di ritorno della vecchia Lega. Ma la vecchia Lega non sarà quella che portava a passeggio il maiale sul terreno in cui doveva sorgere la moschea? O quella che a Treviso invocava la pulizia etnica contro gli omosessuali. È quella la Lega che il territorio vuole? Se così fosse, ricorderei loro che in quella Lega chi criticava veniva espulso. Oggi, invece, vediamo proliferare i seminatori di zizzania senza conseguenze».

Chi vuole manifestare la propria opinione all’interno del partito, come dovrebbe fare se i congressi non ci sono?

«Chi attacca il segretario attacca la Lega. Oggi noi non abbiamo bisogno di polemiche, semmai di ringraziare la vera forza di questa nostra famiglia che sono i militanti e tutti quelli che hanno lavorato silenziosamente e fanno i banchetti e si mettono a disposizione. Ecco, questa gente non ama gli articoli in cui si attacca il segretario. Noi non siamo il Pd. Loro sono abituati a massacrarsi, noi no. Dobbiamo tutelare quella che è sempre stata la nostra squadra: la Lega».

I congressi li farete o no?

«Oggi non abbiamo più restrizioni: faremo i congressi. Prima non si poteva. Anche io sostengo che siano utili. In quel consesso riusciremo a delineare ciò che il territorio chiede».

Quando lo farete il primo? Provi a individuare una data.

«Già verso fine mese. Dobbiamo finire i congressi cittadini e poi partiremo subito con i provinciali e i regionali. Matteo Salvini l’ha detto in conferenza stampa anche l’altro giorno. Rispetto a quello che qualcuno reclama, attenzione: stiamo investendo sulle persone, donne e uomini, anche tanti giovani che si sono avvicinati e che abbiamo candidato in vari Comuni. Penso a Cadoneghe, Vigonza, Curtarolo. Su queste persone stiamo investendo. Immagino che una Lega moderna debba dimostrare di saper fare le cose. La via giusta è quella della preparazione e della competenza».

Dicono che lei faccia parte della “triade” con Massimo Bitonci e Alberto Stefani e che con voi non sia possibile ragionare.

«Non mi sono mai sottratto al dialogo. Ho fatto il segretario provinciale e di sezione. Ho fatto il commissario regionale in Emilia e sono abituato ad ascoltare prima di prendere decisioni. Rispetto le decisioni di chi sta sopra di me, perché quando c’è una struttura verticistica è così che ci si comporta. Detto questo, non vedo nella segreteria attuale una mancanza di dialogo. Che poi, volete sapere chi ha commissariato le province dell’allora Liga Veneta - Lega Nord?».

Chi?

«Toni Da Re, proprio lui. All’epoca era segretario regionale».

Esiste frattura tra zaiani e salviniani?

«È una pura costruzione giornalistica. Quello che ha sempre caratterizzato il nostro movimento è la consapevolezza di essere tutti della stessa famiglia. Chi attacca il partito attacca la famiglia. E io difendo la famiglia».

Lei è bitonciano?

«Io sono leghista. Rispondo ai miei militanti e al mio segretario federale».

Secondo lei è vero che molti leghisti arrabbiati hanno votato FdI?

«Un leghista che ha vissuto dentro il partito e conosce i nostri sacrifici non può fare un dispetto del genere. Per me conta sempre la squadra. Oggi dobbiamo recuperare la fiducia dell’elettorato. Possiamo tornare alla Lega che Salvini era riuscito a portare oltre il 30%».

Come si spiega questa perdita di consenso?

«Paghiamo l’esperienza al governo con Draghi, che però non è stata decisa in maniera solitaria da Salvini ma spinta dai governatori e con loro condivisa».

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