Elezioni politiche, crisi Lega in Veneto con raccolta firme: «Subito il congresso regionale»

I leghisti sono sotto choc, il rullo di Fratelli d’Italia ha travolto quella che sembrava una corazzata invincibile. Si chiede la testa di Stefani, commissario regionale. La cronaca di un terremoto annunciato. Marcato: «Disastro»

Andrea Passerini
Faccia a faccia tra Luca Zaia e Matteo Salvini
Faccia a faccia tra Luca Zaia e Matteo Salvini

I congressi provinciali, subito. No, prima di tutto quello regionale, entro un mese, per cambiare Stefani. Lo chiede a gran voce la base leghista del Veneto, lo chiedono i big zaiani come Roberto Marcato, lo chiedono i dissidenti che rischiano l’espulsione ma avevano già avviato in piena notte, a scrutini ancora in corso, una raccolta firme, facendo girare i moduli per la sottoscrizione.

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Gianantonio Da Re con Matteo Salvini e Luca Zaia

La lo avrebbero chiesto anche i parlamentari rieletti, persino i salviniani doc, per sbloccare la situazione di un partito tracollato su sé stesso, sulle contestazioni alle scelte di Salvini, sull’immobilismo interno prodotti dai commissariamenti in serie per accompagnare la transizione dal vecchi partito nordista e al movimento nazionale per Salvini premier. Scommessa politica naufragata non solo al Sud, ma anche nel Nord che fino a sabato era la roccaforte.

I leghisti veneti sono sotto choc, il rullo di Fratelli d’Italia ha travolto quella che sembrava la corazzata di Zaia, presidente più amato d’Italia, i feudi come la Marca del padre nobile Gian Poalo Gobbo, la stessa Padova del gruppo dirigente del partito.

C’è chi parla addirittura di rimpasto da Prima Repubblica per tagliandare la giunta veneta sui nuovi scenari, ma l’entourage di Zaia smentisce. Neanche per portare esclusi e trombati illustri al governo come sottosegretari. «La giunta veneta non si tocca e procede fino alla sua naturale scadenza». Ma certo anche il presidente, politicamente, è un’anatra zoppa.  

E, anche se nessuno lo dice, i militanti e i simpatizzanti non si aspettavano la risposta “tiremm innanz” di Salvini di fronte a questa catastrofe elettorale. La conferenza stampa del Capitano ha aumentato la rabbia. «Ma lo sa che ci sono segretari di sezione che hanno votato Fdi per protesta? E lo confidano pure ai militanti più fidati» sbotta un veterano di Treviso.

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Ma a chiederne le dimissioni , esplicitamente, è solo il dissidente Toni Da Re, già segretario nathional che pure fu il primo a recuperare Salvini contro l’allora leader veneto Flavio Tosi.

Andiamo per ordine. Durissimo l’assessore regionale Gian Paolo Bottacin: «Di errori la Lega ne ha fatti sicuramente, l'esito è drammatico. Siccome siamo il partito dei commissari nominati dall'alto, il commissario rappresenta l'uomo solo al comando e come tale ha tanto potere ma anche tanta responsabilità. Se uno decide tutto da solo, se le cose van bene è tutto merito suo, se vanno male è tutta colpa sua».

E va oltre: «Non mi si parli di congressi, di sezioni: qui va fatta una cosa da cima a fondo, se per fare i congressi partendo dal basso ci abbiamo messo due anni per arrivare a poco o niente, vanno cambiati quantomeno i commissari regionali immediatamente con un congresso regionale, per il Veneto questo va fatto entro un mese, consegneremo infiocchettata la regione a Fdi».

E poi la critica politica: «Non c’è un partito del Nord, quello che eravamo noi, ma M5s è il partito del Sud, per un partito territoriale come la Lega vuol dire perdere la storia e il Dna»

«Cronaca di un disastro annunciato», dice Roberto Marcato nel suo post di ieri mattina. E più non dice, in rete. Ma più tardi, ai suoi sodali, dirà che «ci sono due anni abbondanti per ripartire e rinascere, dobbiamo porci il traguardo delle regionali 2025».

Ma il più duro è il dissidente Toni Da Re, ex segretario: «Questa disfatta ha un nome ed un cognome, si chiama Matteo Salvini, che dal Papeete in poi ha sbagliato tutto, nominando nelle segreterie persone che hanno solo esclusivamente salvaguardato il proprio sedere. Si dimetta. Passi la mano a Fedriga e fissi in anticipo i congressi per ricostruire il partito».

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