Eredità Conte, il progetto svanito di adottare un figlio della Destro
L'imprenditore milionario era molto legato all'ex sindaco di Padova e alla sua famiglia. Ecco perché poi Luciano Cadore, "erede unico", ha donato un milione di euro alla Libera Fondazione messa in piedi dall'esponente del Pdl

Andrea (a sinistra) e Leopoldo Destro
Suscitava ammirazione Mario Conte. E invidia. Nato povero e morto plurimilionario. Un’adolescenza da garzone di bottega e una carriera da imprenditore. E un benefattore di profonda fede che voleva lasciare un segno, donando alle «Opere pie» gran parte dei suoi beni. Tutti lo cercavano. Tutti speravano in qualcosa. Anche l’ex sindaco azzurro di Padova Giustina Destro gli era vicina. Anzi, aveva uno speciale feeling con Conte, forse non a caso. Lei, imprenditrice. Lui imprenditore. Lei donna volitiva e con piglio deciso. Lui, un tipo tosto con le stesse simpatie politiche e, soprattutto, un self made man.
Sono amici e conoscenti di Conte a raccontare di quel legame speciale. E a ricordare ancora le parole del pellicciaio che si era lasciato sfuggire stupore e meraviglia quando Giustina aveva cercato di convincerlo ad affiliare uno dei suoi due figli. Mario Conte era senza prole: nessun erede diretto, nessun legame con la famiglia d’origine reciso quando, negli anni ’50, erano iniziate la sua avventura nel mercato e l’ascesa sociale.
A tanti, però, aveva promesso: «Non ti dimenticherò». E ai rappresentanti delle istituzioni benefiche - dall’Opera Immacolata Concezione (Oic), al Cuamm Medici per l’Africa, e ancora all’istituto Cottolengo e perfino allo Iov (Istituto Oncologico Veneto) - aveva rivolto parole ancora più esplicite: quasi un solenne impegno tradotto in una sorta di legato. Pure a Giustina Destro non aveva mai fatto mancare il suo appoggio, sensibile al fascino di lei come donna e come professionista: né quando la sua azienda Alfa Cabel era stata in difficoltà, né quando l’imprenditrice, ex vicepresidente dell’Associazione industriali di Padova, aveva deciso di scendere in politica. Tuttavia quella richiesta - o forse un semplice desiderio espresso a un amico senza discendenza al contrario di lei, madre di figli, Andrea e Leopoldo - era rimasta lettera morta.
Forse è per rispettare le simpatie del vecchio pellicciaio-imprenditore che il suo erede universale Luciano Cadore - secondo il contestato testamento che la procura della Repubblica sospetta falso - tra i primi atti di disposizione dello sterminato patrimonio di cui è entrato in possesso, fa una donazione di un milione di euro alla Libera Fondazione, creata nel marzo scorso da Giustina Destro. Fondazione di cui è parte il commercialista di fiducia di Cadore, Alessandro Castellini: è lui che figura intestatario del dominio di Libera Fondazione presente sul web con un suo sito. Neppure negli ultimi anni di vita lo spirito filantropico-cristiano di Mario Conte s’era mai inaridito, memore dell’insegnamento di padre Luigi Pretto, mente progettuale dei gesuiti del collegio Antonianum e «architetto» della fondazione Petrarca, ente di punta nella formazione etico-sportiva di tanti giovani. Sarebbe dovuto continuare pure dopo la sua morte, attraverso il «libro delle donazioni» sbandierato agli amici che gli stavano accanto e ai partner di quelle opere cristiane che lo spingevano a regalare una porzione della sua fortuna. Nel 1996 muore l’amata moglie Maria: Mario decide di non fare testamento e a tanti che lo circondano promette qualcosa, per i loro figli e per le attività benefiche in cui s’impegnano. Ed è al commercialista Antonio Cortellazzo, uomo del Petrarca e fidato consigliere, che l’imprenditore rivela la sua decisione. Nell’estate 2004 col decesso di padre Pretto si aprono nuovi orizzonti. I vecchi amici del Petrarca come Roberto Varese e Fabio Presca, con il professor Angelo Ferro, prospettano a Mario Conte un nuovo entusiasmante impegno: aiutare l’Africa. Dare una mano e un sostegno al Cuamm Medici per l’Africa di padre Luigi Mazzuccato, onorando così l’originaria vocazione di padre Pretto che s’era fatto gesuita con l’obiettivo di trasferirsi tra i poveri del Continente nero. A Wolisso, in Etiopia, l’organizzazione onlus sta realizzando un ospedale: c’è la necessità di soldi per dotarlo di un reparto di ortopedia intitolato a padre Pretto e a fratel Giuseppe Fiocchi, anime del Petrarca. Servono 600 mila euro: il professor Angelo Ferro chiama Conte: «Metà del danaro lo metto io, all’altra metà provvedi tu...». Ferro mette sul piatto 270 mila euro, Conte 150 mila. Poi il pellicciaio-imprenditore sembra raffreddare l’entusiasmo, forse qualche vecchia ruggine non è ancora del tutto sparita.
È allora che interviene Fabio Presca, l’atleta del basket che Conte aveva visto crescere e brillare; il padre di famiglia che avrebbe voluto essere, con una figlia disabile ospite di un istituto al quale Conte non negherà mai un aiuto; il sodale nel Petrarca sempre a fianco, come lui, di padre Pretto. Ed è lui che strappa una doppia promessa: quella di pareggiare i conti per l’operazione Wolisso e di lasciare una parte del proprio patrimonio per le opere di bene. È il 20 ottobre 2007 quando Presca telefona al professor Ferro, spiegando che Mario Conte «ha firmato». Ma precisando di non poter dire di più. Alla morte dell’imprenditore, il 13 ottobre 2008, è la moglie dell’ex giocatore di pallacanestro (nel frattempo deceduto) a trovare la copia di una lettera redatta dal marito e sottoscritta da Conte che risulta aver destinato 20 milioni di euro a enti di beneficenza. In quella somma anche un milione di euro da spartire tra i domestici Luciano Cadore, Graziella Checchetto Biasiolo e Velia Bassan. Il 6 dicembre la pubblicazione del testamento datato 9 settembre 1999. Cambia tutto: «Nomino mio unico erede mio “figlio” Luciano Cadore».
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