Falsi quadri di Bacon, nei guai due trevigiani

L’accusa è truffa: «Intermediatori nella vendita di tele contraffatte». Sequestrati 500 opere tra Padova e Bologna e 3 milioni di euro, 7 gli indagati

TREVISO. Due trevigiani sono indagati dalla procura di Bologna in un’inchiesta di Guardia di Finanza e Carabinieri che ha portato al sequestro cautelativo di ben 500 opere di Francis Bacon, 15 delle quali certificate come false da perizie artistiche e scientifiche commissionate dalla Procura di Bologna. Ora le indagini proseguono sugli altri quadri.

I due sono accusati di essere stati gli intermediari nella vendita di opere false. Nella Marca sono state compiute perquisizioni, con il sequestro di alcune opere.

Ma il nucleo di tutela patrimonio culturale dell’Arma di Bologna, che indaga con la Guardia di finanza felsinea, ha anche preventivamente confiscato a 5 dei 7 indagati denaro e beni per oltre 3 milioni, come disposto dal gip Gianluca Petragnani Gelosi su richiesta dei pm Antonello Gustapane ed Elena Caruso.

I due trevigiani sono accusati di associazione per delinquere ai fini di compiere delitti contro l’integrità delle opere d’arte e contro il patrimonio, in particolare truffa e autoriciclaggio. Altri due indagati risiedono a Bologna, il quinto all’estero. Gran parte delle opere sono state trovate fra Bologna e Padova, altre sono ricercate perché già piazzate sul mercato.

La truffa si configura, per la Procura, essendo state vendute come vere le opere ritenute false, con prezzi dai 10.000 € 600.000 €.

Decisive le perizie artistiche e chimiche, che per almeno 15 opere sequestrate hanno stabilito non essere attribuibili a Bacon. E dai test condotti sui materiali sarebbe emerso come alcuni sarebbero sicuramente successivi al ’92, anno della morte dell’artista.

Di qui il sequestro preventivo impeditivo delle altre 485 opere: la Procura ha voluto evitare altre vendite di opere “indiziate” di possibile contraffazione. Sono tutte al vaglio dei periti e critici.

Il cuore dell’inchiesta è Bologna, un anziano collezionista, già noto alle forze dell’ordine, è ritenuto la mente dell’organizzazione, se non addirittura il falsario, visto che fra abitazione e caveau sono stati scoperti strumenti da pittura. L’indagine è partita nel 2018, dall’operazione “Paloma”, che aveva portato a scoprire falsi Picasso. E due disegni di Bacon, appartenenti a una collezione di dubbia autenticità.

Il collezionista si è difeso dichiarando di aver ricevuto i disegni direttamente dall’artista, scomparso nel’92. La Finanza ha poi setacciato le movimentazioni bancarie con l’estero, secondo gli inquirenti «incompatibili con le sue fonti lecite di reddito».

Decisivi, per accreditare i falsi e venderli, i passaggi in mostre nazionali e internazionali, cataloghi e siti.

Al vaglio la posizione di una società del Regno Unito, su cui finivano i solidi incassati dalle vendite, redistribuiti agli indagati una volta “ripuliti” con altri giri con società con sede in Spagna e Polonia

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova