Farmacista trovata morta in casa si indaga per omicidio volontario

Vanno chiariti i segni sul collo. L’anatomopatologo: «Un’aggressione? Mi stupirei». La donna ha chiesto aiuto
Marta Artico
Sbrissa Castelfranco donna morta in in via Ponchini 17
Sbrissa Castelfranco donna morta in in via Ponchini 17

castelfranco

Omicidio volontario. Si infittisce il mistero della doppia tragedia di Castelfranco: il rinvenimento del corpo senza vita della 37enne Serena Fasan mercoledì pomeriggio nella sua abitazione di via Ponchini, e il suicidio dello zio Simone di 55, poche ore dopo essere stato raggiunto dalla notizia della morte della nipote.

Il pm di turno, la sostituto procuratore della Repubblica di Treviso, Mara Giovanna De Donà, ha aperto un fascicolo in cui si ipotizza l’omicidio volontario a carico di ignoti, senza cioè indagati. La morte naturale, seppure avvolta nel mistero, è sembrata sin da subito la pista più verosimile al medico legale ma anche ai carabinieri. Non è stato iscritto nessuno nel registro degli indagati, trattandosi di un atto dovuto per consentire di eseguire le verifiche alle forze dell’ordine e alla famiglia di nominare eventuali periti. L’ago della bilancia che indirizzerà le indagini, sarà l’autopsia, che sola, come ripetono inquirenti e investigatori dal primo giorno, potrà sciogliere i punti poco chiari del giallo. I dubbi, però, sono aumentati dopo il suicidio dello zio, decoratore edile che abitava con l’anziana mamma nel quartiere Salvarosa.

Le indagini

I carabinieri del nucleo investigativo di Castelfranco e di Treviso, stanno eseguendo accertamenti. La mamma è morta verosimilmente alle 18, mentre il bimbo, che non si sarebbe accorto di nulla, dormiva in un’altra stanza. Per primo in casa è entrato il compagno, che l’ha trovata a terra, supina, ai piedi del divano, poco distante il cellulare. Subito dopo la chiamata al 118, l’arrivo del padre, dei vicini, compreso un medico, il tentativo di rianimazione eseguito da più persone sul corpo della donna che era già in parte rigido, con la bocca serrata. Le dichiarazioni dei famigliari di Serena Fasan dopo il rinvenimento del corpo senza vita, fanno parte del fascicolo arrivato sul tavolo della pm. I segni sul collo della donna, che hanno fatto propendere per l’ipotesi di strangolamento, sarebbero dovuti al maldestro tentativo di riportarla in vita. Simone Fasan, era al lavoro al momento della morte della nipote e successivamente, tornato a casa, avrebbe tentato due volte di uccidersi: la prima senza riuscirci nel garage della sua abitazione – salvato dal fratello Mirko – la seconda dal “ponte dei suicidi” a Crespano. Ma dalle celle agganciate dal suo cellulare e dai controlli dei varchi comunali, non sarebbe mai andato in via Ponchini. Anche il compagno della mamma, Matteo Piva, distrutto dal dolore, ha fornito la sua versione ai carabinieri, spiegando i suoi movimenti e dove si trovava quando il padre della donna, Francesco, lo ha chiamato per avvertirlo che la 37enne non rispondeva al cellulare.

autopsia e cause della morte

La pm ha conferito ufficialmente al medico legale, Alberto Furlanetto, l’incarico di eseguire l’autopsia sul corpo di Serena, che verrà effettuata martedì. Nessuna autopsia, invece, su quello dello zio Simone. Il ventaglio delle cause sulla morte, è ampio. C’è anche una possibile crisi epilettica: sanitari e medici che hanno visto il cadavere, infatti, avrebbero ventilato l’ipotesi al compagno della giovane mamma, che però, come i familiari, attende l’autopsia. I carabinieri sono entrati in possesso delle cartelle cliniche della 37 enne, ma non risulterebbe nulla di anomalo. Dai vicini emerge intanto un particolare: dall’abitazione di Serena qualcuno ha sentito gridare “aiuto”, all’ora della tragedia, ma ha pensato alla tivù. Era verosimilmente la donna che chiedeva soccorso. Ma per il malore che l’avrebbe colta? O da un aggressore? Sarà solo il corpo della farmacista, che in tanti ora piangono, a dare la verità su cosa sia accaduto nel tardo pomeriggio di mercoledì. Da quando è stato chiamato nella notte a Castelfranco, il medico legale è stato molto cauto in merito all’ipotesi che i segni sul collo potessero essere riconducibili a un atto volontario di soffocamento e non, invece, al tentativo maldestro e disperato di rianimarla dopo il malore per cause naturali.

Meno probabile, per il medico, l’ipotesi di un atto volontario e violento: «Può esserci una spiegazione diversa, ripeto: l’attacco epilettico è una delle ipotesi come ce ne possono essere tante altre riconducibili a morte naturale. Prima devo fare l’autopsia».—

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