Pittore per hobby, il 35enne che sogna Parigi: «Le mie opere sono Meta Matematiche»

Francesco Fasolato, pittore 35enne di Montegrotto, racconta il suo percorso artistico, dalle prime opere alla visione della pittura Meta Matematica. Con oltre 500 quadri creati, ha esposto in Italia e all’estero

Marco Zorzo
Francesco Fasolato
Francesco Fasolato

Entrare nello studio di Francesco Fasolato, 35 anni, a Mezzavia di Montegrotto è come scoperchiare il vaso di Pandora: cose belle ma anche brutte dal mondo, dove il nero è il colore predominante, al di là dei miti vari, con il bastone di nonna Maria in bella evidenza. Per un pittore che si definisce Meta Matematico è una cosa da urlo.

Naif sì, ma con le idee ben chiare. Terzo di quattro fratelli (tre maschi e una femmina), ha trovato il suo centro di gravità permanente disegnando quadri: il primo confezionato il 4 giugno 2011, quasi 14 anni fa, all’indomani de post laurea sulla Storia dell’Arte, al Liviano.

Qual è stata la molla che ha fatto scattare il colpo di fulmine per la pittura?

«Mi trovavo all’aula Magna e la mia attenzione è caduta sulla pianta dove c’era scritto: tu sei qui. E mi ero accorto che era esposta all’inverso, quello è stato il mio primo quadro».

Di quanti prodotti, finora?

«Ne ho disegnati 567, di cui 122 venduti. Diciamo che è una buona proporzione, che però non mi dà da vivere».

Vero che mamma Elsa pensava che fosse depresso con tutto quel nero sui quadri?

« Ahah, vero. Poi le ho spiegato che era la mia arte».

Oltre che un provetto pittore lei è anche un ottimo pizzaiolo, vero?

«Diciamo che ora come ora faccio più soldi infornando pizze, cosa che faccio da oltre 20 anni. Però mi considero un artista fatto e finito. Anche se avrei la possibilità di insegnare Storia dell’Arte all’Università, ma ho capito da tempo che non è la mia strada».

Lei ha riscosso successo a Berlino, prima del Covid...

«Diciamo che sono capitato nel posto giusto al momento giusto: nella capitale tedesca ho vissuto oltre un anno e mezzo, tra il 2018 e il 2019. Tra l’Open Air Gallery, la Galerie Z 22, Galerie Mir. Insomma, mi sono fatto le ossa e soprattutto ho conosciuto un bel po’ di personaggi interessanti del mondo artistico-pittorico».

Si sente più Van Gogh o Salvador Dalì?

«Beh, sono un povero come Van Gogh e allo stesso tempo visionario come Dalì».

Cos’è la pittura Meta Matematica?

«Semplicemente la filosofia del mio modo di vedere il mondo e come lo dipingo».

Come lo disegnerebbe il mondo attuale?

«Completamente nero, per come stiamo vivendo in questo momento, tra guerre e ingiustizie di ogni tipo. Forse ci metterei anche un po’ di grigio, senza esagerare. Posso solo dire che la luce è piuttosto lontana, purtroppo».

Il suo rifugio del cuore?

«La mia fidanzata Denisa, la mia ancora di salvezza».

La prima esposizione?

«All’Università di Padova, grazie ai professori Giovanni Bianco e Guido Bartorelli: loro mi anno dato questa opportunità importante».

A Venezia, nel 2016, com’è andata?

«Volevo esporre alla Fondazione Bevilacqua La Masa, ma non mi hanno accettato, allora mi sono inventato un happening esterno, dove ho avuto la mia visibilità».

Successivamente, Berlino a parte, di mostre ne ha confezionate.

«Già, non mi lamento. A cominciare dalla Collettiva di Roma, a un passo da Fontana di Trevi. Ma anche quella nel cuore della Sicilia, a Barrafranca, in provincia di Enna, nel 2019, per la Giornata del Contemporaneo, chiamato da Massino Estero. Poi con Giovanni Ruggeri ho anche dipinto delle ceramiche, ma solo in quell’occasione. In quell’anno, ho anche esposto ancora in Germania, a Potsdam. E per tre volte a Villa Draghi, nella mia Montegrotto. In estate tornerò per la quarta volta, con una mostra in contemporanea con James Fieramosca, un artista che si è innamorato del mio nero, che è il colore prevaricante di tutte le mie opere. Per me sarà un grande privilegio esporre con lui: dal punto di vista artistico sarà un altro passo in avanti. Mi hanno pure chiamato a Volterra, in provincia di Pisa, per l’Arte Week di primavera. Vedremo se avrò tempo di fare un salto in Toscana. Diciamo che finalmente posso iniziare a fare selezioni da questo punto di vista».

Parigi a quando?

«Spero presto, ma non dipende dal sottoscritto. Comunque, mai dire mai».

Dopo l’ispirazione, in quanto tempo termina un quadro?

«La media è di tre giorni».

L’ultima opera che ha prodotto?

«È recente: l’ho terminata pochi giorni fa. Dedicata all’amore, naturalmente, visto che siamo entrati nella settimana di San Valentino. Un amore Meta Matematico. Firmato F, la mia iniziale di nome e cognome».

Tornasse indietro, rifarebbe tutto?

«Penso proprio di sì. Il ragazzo che si era diplomato perito meccanico di strada ne ha fatta, anche se dal punto di vista artistico sono ancora agli albori. Ma la cosa non mi spaventa per niente. Anzi, è sicuramente uno stimolo in più».

Quante porte sbattute in faccia?

« Venezia a parte, nessuna. Ma un giorno conto di poter esporre anch’io alla Fondazione Bevilacqua La Masa. Magari in un futuro prossimo».

Dal blu dipinto di blu al nero dipinto da Francesco Fasolato?

«Già, ormai è diventato il mio marchio di fabbrica. Inconfondibile».

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