Freddy: «Ho soffocato Isabella, è stato un gioco erotico»

PADOVA. «È successa una cosa inaudita... Ho fatto tutto da solo... L’ho soffocata durante un gioco erotico, una pratica che facevamo come coppia nei rapporti sessuali». Giovedì 18 febbraio, sono da poco passate le 11. Freddy Sorgato confessa l’assassinio di Isabella Noventa. E aggiunge il “dettaglio” che spera gli regali, almeno, gli arresti domiciliari: «L’ho buttata nel fiume». Ma non basta. Il camionista-ballerino resterà in carcere. E, come lui, le due coindagate, la sorella Debora (la “dura” del terzetto) e l’amica tabaccaia di Camponogara, Manuela Cacco. Il giudice padovano Cristina Cavaggion ha convalidato il fermo dei tre e applicato la misura di custodia cautelare massima per omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione e per occultamento di cadavere: «Gli indagati hanno finora mentito e, via via, fornito parziali ammissioni solo di fronte all’avanzare di un carico indiziario che rendeva evidenti le loro falsità e contraddizioni» si legge nel provvedimento, notificato giovedì pomeriggio ai difensori, il penalista Massimo Malipero (per i due Sorgato) e l’avvocato Alessandro Menegazzo (per la Cacco).
Blindato dagli agenti di polizia penitenziaria e manette ai polsi, Freddy Sorgato appare in tribunale come un uomo qualunque, schiacciato dal peso di un’accusa gravissima e protagonista involontario di una pressione mediatica che, emotivamente, lo sta consumando. Sfila veloce come un fulmine nel corridoio assediato di cronisti. E, varcato l’ingresso della stanza riservata all’interrogatorio, si siede davanti al gip Cavaggion: tutto è già stato deciso la sera precedente nell’incontro, durato tre ore e mezzo, fra lui e il difensore, l’avvocato Massimo Malipiero.
Confessa subito il ballerino-camionista, sospettato dell’omicidio di Isabella Noventa. Confessa il delitto, in forte stato di choc, segnando un’altra (attesa) svolta dell’inchiesta sulla scomparsa della segreteria di Albignasego. Poche parole, senza troppe spiegazioni, con la formula delle dichiarazioni spontanee (telegrafiche) che non ammettono le domande del giudice: un faccia a faccia di 40 minuti. «Non rispondo alle domande, sono troppo provato e confuso...» attacca. E via con il breve racconto di quella «cosa inaudita, inaspettata...» successa la sera del 15 gennaio. Poi la precisazione: «Isabella? L’ho gettata nel fiume». Troppo poco per conquistarsi uno spazio, sia pure minimo, di libertà (gli arresti domiciliari sollecitati dal legale). E per avvalorare la tesi dell’omicidio colposo (un incidente) o preterintenzionale (una cosa andata oltre, sfuggita di mano).

Il giudice prende atto. Forse fa capire all’indagato che, per rispetto ai familiari della vittima e nel suo stesso interesse, è questo il momento più opportuno per collaborare. E per riferire le informazioni indispensabili al ritrovamento del corpo della sfortunata Isabella. «L’ho gettata nel Brenta-Piovego» puntualizza Freddy. A quel punto il pm Giorgio Falcone (presente agli interrogatori dei tre indagati e titolare dell’inchiesta) chiede al giudice l’autorizzazione per un sopralluogo lungo il canale con Freddy Sorgato. Che interviene: «Sono disponibile, se serve». Fine dell’inchiesta?
Il quadro è tutt’altro che chiarito. Movente passionale? Gelosia da una parte (la Cacco) e odio dall’altra (Debora Sorgato che ossessiona il fratello: «Quella ti sfrutta economicamente»)? Nel suo provvedimento restrittivo, il giudice non esclude altre ipotesi, pur richiamando «il rapporto morboso» tra i protagonisti. «Sotto l’aspetto del movente e dell’esatta compartecipazione, la vicenda deve essere ancora approfondita» scrive il gip. E fissa con una frase il ritratto dei tre che «hanno dato prova di manipolazione, spregiudicatezza, omertà e falsità... Se lasciati liberi, potrebbero cercare di inquinare le indagini». Peraltro la versione di Freddy è da dimostrare: il corpo di Isabella non è ancora stato trovato e, se lo sarà, gli accertamenti medico-legali dovranno «stabilire tempi, mezzi e modalità del decesso».
E, infine, ecco le tre specifiche esigenze cautelari che impongono il carcere per tutti: «Il pericolo di fuga è concreto in particolare per Freddy Sorgato, persona benestante e priva di legami familiari... Elevata è la pericolosità sociale dei tre indagati che hanno pianficato, organizzato e posto in essere un omicidio a seguito del quale non hanno palesato nessun pentimento, ravvedimento, cedimento se non di fronte a schiaccianti indizi». Ma c’è pure il pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato. È la patente da assassini, altro che incidente.
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