Galline morte e agonizzanti e lavoratori in nero: maxi multa all’allevamento degli orrori
I carabinieri del Nucleo Ispettorato dl lavoro sono intervenuti nell’azienda del Veneziano in seguito alla segnalazione di Essere Animali. All’interno erano allevate 60 mila galline tra carcasse in decomposizione e animali malati

Galline morte e agonizzanti in un allevamento del Veneziano. A documentarlo Essere Animali. L’allevamento sanzionato anche per lavoro nero .
L’associazione animalista ha diffuso immagini provenienti dall’allevamento in cui vengono allevate 60.000 galline in gabbia per la produzione di uova. Ha così documentata la presenza di carcasse in decomposizione, animali malati e agonizzanti, a cui si aggiungono irregolarità durante le fasi di carico verso il macello. In seguito alla pubblicazione sono intervenuti i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Venezia. Hanno così somministrato sanzioni per l’impiego di operai non registrati (lavoro nero) e per il mancato rispetto delle norme di sicurezza.
Le immagini sono state diffuse raccolte tra dicembre 2023 e febbraio 2024 da un investigatore incaricato dall’associazione.

«All’interno delle gabbie», riferisce Essere Animali l’esito della sua indagine, «le galline soffrono di alcune problematiche sistemiche e considerate non in linea con il rispetto del benessere animali. Nell’allevamento gli animali morti vengono abbandonati all’interno delle gabbie, dove le galline vive finiscono per camminare e becchettare cadaveri in avanzato stato di decomposizione».
E ancora: «Diversi animali presentano scarso piumaggio a causa dello sfregamento sulle reti metalliche delle gabbie e del cosiddetto feather pecking, beccate aggressive dirette alle piume particolarmente presenti negli allevamenti in gabbia per via delle condizioni di stress e sovraffollamento».
Le immagini raccolte da Essere Animali mostrano anche: «una gallina agonizzante e chiaramente sul punto di morire di stenti: in questo caso l’animale dovrebbe essere abbattuto d’urgenza per porre fine alle sue sofferenze; una gallina morta colpita dalla scarica elettrica prodotta dal filo che corre lungo tutta la parte frontale della gabbia: questo viene fatto per far sì che gli animali non becchino le uova che rotolano nel nastro trasportatore ma è estremamente pericoloso per gli animali; l’uccisione di una gallina malata effettuata in maniera scorretta: la perdita di coscienza non è immediata e questo causa inutili e aggiuntive sofferenze»
Problemi anche per gli animali vivi.
«Si vede inoltre il caso di una gallina con chiari segni di un disturbo neurologico denominato wry neck, “torcicollo”, a causa del quale l’animale mantiene una posizione innaturale del collo e della testa, rimanendo incastrata con il becco nella rete metallica senza riuscire a nutrirsi e bere adeguatamente. Secondo la normativa, un animale in questo stato dovrebbe essere isolato temporaneamente in modo da essere curato e da permettergli un migliore accesso all’acqua e al cibo. Nel caso in cui la salute non dovesse migliorare, l’allevatore sarebbe tenuto a effettuare un abbattimento d’emergenza».
Nelle immagini girate dall’investigatore privato si vedono inoltre galline lanciate e spinte a forza nelle gabbie da trasporto durante il carico.

«Le operazioni», aggiunge l’associazione animalista, «vengono effettuate con violenza e senza alcuna cura, causando ulteriore dolore per via dell’estrema fragilità delle loro ossa ed esponendole quindi a un’altissima probabilità di fratture. Larga parte delle galline ovaiole in gabbia soffre di osteoporosi, che è la causa del 20-35% della mortalità in allevamento. Questo è dovuto alla selezione genetica finalizzata all’iper produttività, nonché alla modalità di allevamento, che per la scarsa mobilità non permette loro di rafforzare l’apparato muscolo scheletrico».
Inoltre: «Per evitare di provocare stress agli animali, le operazioni dovrebbero avvenire di notte o entro le prime luci dell’alba, quando gli animali sono più tranquilli. Questo ridurrebbe i tentativi di fuga e quindi il rischio di ferite, lesioni e fratture. In questo allevamento invece le operazioni avvengono di giorno, quando gli animali sono vigili».
Nell’allevamento è stata documentata la presenza di lavoratori in nero e odori nauseabondi
«Grazie alla segnalazione di Essere Animali, a febbraio 2024 sono intervenuti i carabinieri del NIL (Nucleo Ispettorato del Lavoro) di Venezia, i quali hanno emesso sanzioni dell’ordine di migliaia di euro nei confronti della cooperativa che prestava servizio per il carico per la mancata registrazione degli operai (lavoro nero). L’azienda è stata invece sanzionata per il mancato rispetto delle norme di sicurezza nel lavoro. Un operatore dell’allevamento ha anche riferito all’investigatore di Essere Animali di una telefonata intercorsa tra la sindaca del paese e l'allevatore, la quale lo avvertiva delle lamentele dei cittadini dovute agli odori nauseabondi provenienti dalla sua struttura e della massiccia presenza di mosche».

Chiara Caprio, responsabile relazioni istituzionali di Essere Animali, dichiara: «Le immagini sono state raccolte a più riprese nell’arco di tre mesi, per un totale di 10 giorni durante i quali risultava evidente che vi erano dei problemi sistemici dovuti proprio all’uso delle gabbie e alla mancanza totale di cura da parte degli operatori».
«Come membri attivi della campagna End the Cage Age ci siamo uniti da tempo alla richiesta di vietare le gabbie nel nostro Paese e in UE: ci sono già esempi virtuosi di paesi che hanno preso questa decisione, come la nostra vicina Slovenia, che ha appena annunciato di voler vietare le gabbie per le galline ovaiole entro il 2028. Anche l’Italia può fare di più, sostenendo e valorizzando quegli allevatori che vogliono fare una transizione verso sistemi più rispettosi del benessere animale e in linea con la sensibilità dei consumatori o che hanno intrapreso questo percorso in autonomia perché consapevoli dell’importanza del benessere animale nel settore zootecnico. Speriamo che il nostro Governo voglia cogliere quanto evidenziato dalla nostra indagine per studiare strumenti legislativi in grado di favorire questa importante transizione anche nel nostro Paese, tutelando così il Made in Italy di qualità» conclude Caprio.
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