Guardia medica, precari in fuga: in Veneto è allarme

In regione 552 incarichi a tempo determinato su 600 posti complessivi. Peterle (Fimmg): «Posizione non più appetibile»
Eugenio Pendolini

VENEZIA. Guardia medica cercasi. In base all’ultima delibera della Regione Veneto datata 6 luglio, sono 552 gli incarichi a tempo indeterminato vacanti su un totale di 600. A ciò si aggiunge la carenza cronica di personale impegnato nell’assistenza primaria.

Da qui l’allarme della Fimmg, che con Enrico Peterle (medico di famiglia a Noale) definisce la situazione come “drammatica”. Se prima della pandemia parte degli incarichi era coperta da medici laureati ma senza il titolo di formazione specifica in medicina generale per ricoprire il ruolo a tempo indeterminato, ora alcuni servizi come le Usca hanno dirottato camici bianchi altrove.

«Sostanzialmente siamo al 100% di zone carenti, i titolari a cui sono stati assegnati i posti sono stati rimpiazzati da incarichi temporanei la cui durata dipende da caso a caso», spiega Peterle, «il motivo di questa situazione? La posizione di guardia medica non è più appetibile, nell’ambito della pandemia ci sono opportunità più interessanti per i giovani medici. Anche di guadagno. Al posto di una remunerazione a 23 euro l’ora, con le Usca si prende quasi il doppio. Così è normale che i giovani colleghi scelgano vie più remunerative».

Un quadro che punta ormai alla deriva, secondo il medico di famiglia della Fimmg. «Le aziende sanitarie», aggiunge, «stanno cercando di accorpare le sedi di continuità assistenziale. Ci sono zone vaste che ora andranno coperte. Nel bellunese, conosciamo colleghi che devono coprire un raggio di 40-50 km. Siamo di fronte a un problema gravissimo già esploso. In altri contesti, ad esempio nel Trevigiano, mancano medici e sostituti, tanto che alcune aziende hanno recuperato le Usca per coprire i turni di guardia medica. Abbiamo fatto presente la situazione alla Regione, ma al momento non ci sono alternative. Ci sono pochi medici perché sono state sbagliate le proiezioni del fabbisogno. E tutto ciò fa il paio con la carenza di medici di medicina generale. I pazienti così restano sguarniti. La soluzione più semplice sarebbe aumentare il carico pazienti convenzionati. Ma così non può essere. Occorre invece riorganizzare subito l’assistenza territoriale».

Nelle scorse settimane, la situazione del Trevigiano era stata al centro di una segnalazione da parte del gruppo consiliare del Pd a palazzo Ferro-Fini. «Settantamila cittadini resteranno senza guardia medica per mancanza di personale, ma la pandemia non può essere il tappeto dove nascondere tutta la polvere, ovvero i problemi della sanità veneta» la presa di posizione di Andrea Zanoni dopo la riorganizzazione dei distretti territoriali decisa dall’Ulss 2 che ha portato alla chiusura dell’ambulatorio di Paese. Tema, questo, su cui è stata presentata un’interrogazione. «Una decisione presa senza confrontarsi con il territorio», aveva aggiunto Zanoni, «incuranti dei problemi che si vanno a creare ai cittadini di Paese, Quinto di Treviso, Istrana e Morgano, come testimoniato dai sindaci, 70mila persone che continueranno a pagare le tasse, ma a non avere più un importante punto di riferimento locale. E a essere maggiormente penalizzati saranno i più fragili, anziani e disabili, oltre a chi non ha un mezzo proprio: costretti a fare chilometri in più per recarsi al Ca’ Foncello».

Per Zanoni, poi, più in generale la situazione nella Marca rischia di diventare «insostenibile» nel prossimo futuro per via di 80 medici di famiglia che dovranno essere sostituiti, e 20 incarichi di guardia medica su 59 mancanti: «Serve una riorganizzazione strutturale e la Regione deve fare la propria parte».

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