I mille giorni di Aemilia, il più grande processo al Nord contro la 'ndrangheta

Un libro a firma di Tiziano Soresina ricostruisce la presenza mafiosa nella regione “modello” d’Italia, illustrando anche la ragnatela ’ndranghetista poi propagatasi dalle terre del Po sino in Veneto

VENEZIA. Aemilia è il secondo processo di mafia più importante di questa Repubblica dopo il Maxiprocesso di Palermo. Si è svolto in un’aula di tribunale di Reggio Emilia blindata come non mai, con imputati, pentiti, giudici e giornalisti sotto scorta. Perché tanto dispiego di forze? Perché Aemilia è il primo grande processo alla ’ndrangheta in Emilia e nel Nord del nostro Paese.

Quello che è emerso, al di là delle pene comminate – in primo grado a Reggio Emilia e in Cassazione per i riti abbreviati – è la conferma di un’ipotesi investigativa che finora non era mai stata approfondita e confermata in modo così chiaro: la ’ndrangheta ha profonde radici nelle regioni “ricche” del Nordest, ne ha infiltrato da almeno tre decenni il settore economico e quello politico.

C’è da riscrivere la storia dell’Italia “operosa” e “onesta”, leggendo "I mille giorni di Aemilia", il libro scritto da Tiziano Soresina, il giornalista che ha seguito passo dopo passo l'evolversi del maxiprocesso, ricostruisce minuziosamente e con passione di cronista la presenza mafiosa nella regione “modello” d’Italia, illustrando anche la ragnatela ’ndranghetista poi propagatasi dalle terre del Po.

Soresina, giornalista professionista, scrive dal 1984 per la «Gazzetta di Reggio» del gruppo Gedi e come cronista di neragiudiziaria si occupa, dalla fine degli anni Novanta, di criminalità organizzata. Ha inoltre “firmato” diverse pubblicazioni di carattere sportivo (basket, pugilato, motonautica) ma anche legate al Po, agli artisti padani e alla storia nonché alle tradizioni della Bassa emiliano-lombarda.

Mille giorni sono molti. Certo, passano veloci per noi che siamo presi dalla frenesia quotidiana. Eppure in mille giorni molte cose possono accadere. E solo se ci fermiamo un attimo a riflettere, uscendo dalla dimensione del qui e ora, siamo in grado di cogliere le sfumature di quel che accade sui nostri territori.

Per questo motivo il libro scritto dal cronista e amico Tiziano Soresina è prezioso. Perché ci permette di ragionare sui mille giorni spesso passati in sordina del maxiprocesso Aemilia, il processo alla ’ndrangheta emiliana. Il dibattimento che gli organi di stampa nazionali hanno preferito non raccontare, salvo qualche rara eccezione. I riflettori dell’informazione nazionale non hanno illuminato quell’aula di giustizia dove due coraggiosi magistrati, Beatrice Ronchi e Marco Mescolini, hanno, udienza dopo udienza, snocciolato il loro atto d’accusa a un sistema di potere mafioso. Una mafia, la ’ndrangheta emiliana, che si è fatta sistema. Evoluzione che avviene solo nelle terre in cui i clan si sono radicati, dove cioè hanno superato il livello della semplice infiltrazione per farsi parte del tessuto economico e sociale.

Quando un’organizzazione mafiosa si fa sistema vuol dire che ha saputo costruire attorno alla cosca una rete di protezione estesa.

Un network di personaggi insospettabili: professionisti, servitori dello Stato infedeli, politici, imprenditori, cittadini omertosi. Ma significa anche che il metodo proposto dall’organizzazione ha trovato cittadinanza in alcuni settori dell’economia e del mercato. Prendiamo, per esempio, la fatturazione falsa. In questo campo l’Emilia è stata trasformata in un laboratorio criminale. In questo campo si è verificata una convergenza di interessi tra clan e imprenditoria locale.

Le cosche attraverso il giochino fiscale delle fatture per operazioni inesistenti riescono a giustificare denaro in entrata che proviene dai traffici; i titolari delle aziende fatturando l’acquisto di merce mai acquistata veramente possono limare sulle tasse. Insomma, illegalità che salda due mondi, legati dalla spregiudicatezza nell’affrontare le sfide del mercato.

Per i capibastone calabresi questa è terra di denari: le armi vanno tenute nascoste, per non disturbare gli affari. E politici e imprenditori emiliani il più delle volte fingono di non sapere.

In Val Padana la nebbia cancella i confini tra lecito e illecito, diventa un mantello naturale sotto il quale nascondere intrallazzi e imbrogli. Alibi perfetto per chi vuole fingersi cieco. «Ciechi che pur vedendo non vedono», rifletteva così il protagonista di Cecità, capolavoro del premio Nobel José Saramago.
Benché il romanzo si riferisse all’indifferenza di cui è intrisa la nostra società, il concetto si adatta benissimo ai tanti seguaci della filosofia del «non vedo, non sento, non parlo». Le tre scimmiette dell’omertà mafiosa hanno risalito la penisola. Hanno seguito la linea della palma.

Come aveva profetizzato Leonardo Sciascia quando paragonava l’avanzata culturale e finanziaria della mafia verso i ricchi territori del Nord al fenomeno climatico propizio alla coltivazione della palma che, secondo gli scienziati, saliva verso Nord di 500 metri ogni anno. Una voce rimasta inascoltata, quella dello scrittore siciliano, da alcuni giudicata fin troppo allarmistica. Lo stesso giudizio guardingo e superficiale riservato ai cronisti che hanno raccontato i focolai mafiosi sparsi lungo la penisola.

Chi scrive e parla di mafie conosce bene questi silenzi istituzionali. Ostacoli insidiosi. Generano confusione, disorientano i cittadini e isolano i giornalisti, colpiti sempre più spesso da querele temerarie, che sanno di messaggio minatorio.

Fin dai primi articoli che ho scritto sulla Gazzetta di Modena ho provato, insieme ai colleghi, a sbriciolare quel muro di reticenza e inconsapevolezza che circondava la provincia. Dapprima nessuna reazione. Solo la curiosità di qualche cittadino e l’attenzione delle associazioni antimafia. Poi arrivò l’ironia di alcuni politici, in difesa del “buon nome” della regione.

Il mio giornale di allora, e così oggi L’Espresso, mi hanno sempre sostenuto. E siamo andati avanti. Fino a quando due di quelle inchieste mi sono costate un pezzo di libertà: inquietanti minacce di morte e l’assegnazione di una scorta. Rivedo questa determinazione in tanti colleghi della Gazzetta di Reggio e di Modena.

Sono trascorsi quasi sei anni dall’intercettazione di quella telefonata, «gli spariamo in bocca», che ha cambiato all’improvviso la mia vita e quella della mia famiglia. Gli articoli che avevano disturbato il boss legato alla ’ndrangheta sono finiti agli atti del processo Black Monkey.

Tre anni di dibattimento in tribunale a Bologna per stabilire se l’organizzazione al cui vertice stava Nicola “Rocco” Femia fosse associazione mafiosa. Tra le tante parti civili, insieme all’Ordine dei giornalisti, c’ero anch’io. Il 22 febbraio scorso la corte ha pronunciato il verdetto di primo grado: il gruppo Femia è mafia e dovrà risarcire il giornalista, sia me sia l’Ordine. I giudici di primo grado hanno certificato, dunque, l’esistenza in Emilia Romagna di una cosca autonoma e moderna. E, non meno importante, hanno riconosciuto nell’informazione un valore democratico da tutelare dalle ingerenze del potere criminale.

A queste latitudini, dove ormai la palma cresce rigogliosa, i padrini sono al vertice di organizzazioni poco militari e molto imprenditoriali. Corrompono e solo se strettamente necessario sparano. Spesso sono nuclei autonomi nelle decisioni e nelle strategie.

Condizionano la politica, l’economia, la pubblica amministrazione, il mondo delle professioni, le forze dell’ordine e anche pezzi di informazione.

Per anni chi ha provato a denunciare la complessità di tale groviglio di interessi è stato etichettato come un folle speculatore e, perché no, pure incosciente. Intanto alcuni prefetti negavano, qualche sindaco riveriva i capi ’ndrina e inveiva contro la stampa. Assessori, consiglieri e candidati vari replicavano immagini note al Sud: in fila dai boss per elemosinare qualche voto. Fino ad arrivare ai consigli comunali sciolti per mafia.


Più noi cronisti individuavamo le ferite sul corpo malandato della pianura padana, più le risposte oscillavano tra l’indifferenza, lo scherno, la negazione e le querele. Poi sono arrivate le intimidazioni. E qui qualcuno ha suggerito che sarebbe stato forse necessario chiedere aiuto a un medico specialista per farsi prescrivere una cura antibiotica. La speranza è che gli antibiotici facciano effetto al più presto. Prima che sia troppo tardi. Per chiudere con la stagione dello stupore e inaugurare il tempo della consapevolezza.

Tra la nebbia cercano riparo ancora troppi complici insospettabili. Stanare i mafiosi e i loro manutengoli non può essere compito esclusivo dei magistrati o delle forze dell’ordine. Né di qualche visionario giornalista. La conferma ulteriore è arrivata non molto tempo fa. Dopo Black Monkey, la sentenza Aemilia. Anche in questo caso riconosciuta l’esistenza di una cosca di ’ndrangheta, diversa da quella capeggiata da Femia. In Aemilia sono gli uomini dei Grande Aracri i protagonisti. Due sentenze, Aemilia e Black Monkey, che iniziano a scolpire una verità giudiziaria e non più solo storico e giornalistica.

Non illudiamoci, però. La storia della ’ndrangheta emiliana non si è esaurita con questi due processi e in questi dieci anni di indagini giornalistiche. I segnali inquietanti che il «Sistema» sia ancora intatto ci sono e sono parecchi. Lo dicono i pentiti. Lo segnala il territorio, che parla, emette suoni.

Tali segnali vanno colti e interpretati. Non chiudiamo gli occhi ancora una volta. Non scordiamoci il passato.  Perché non c’è futuro senza memoria di ciò che è stato. Per comprendere il percorso criminale dell’Emilia leggiamo con attenzione le pagine che seguiranno. Non lasciamo cadere nell’oblio i Mille giorni. Un lavoro giornalistico dopo il quale nessuno può trincerarsi dietro i “non sapevo” o i “non potevo immaginare”. Perché nessuno finga stupore di fronte a un fenomeno mafioso che vive e persiste in Emilia Romagna da più di trent’anni.

L'INDICE

PROCESSIO AEMILIA.DEPOSIZIONE PENTITO GIGLIO
PROCESSIO AEMILIA.DEPOSIZIONE PENTITO GIGLIO


Prefazione di Giovanni Tizian 7
Introduzione 11
’Ndrangheta sotto accusa in Emilia: parte il maxiprocesso 13
I verbali del pentito Giglio: «Vi spiego gli affari del clan» 17
Aemilia, a rischio la sede e i giudici del processo 18
Aemilia, i due pentiti spingono altre indagini 21
Le proteste di Francesco Amato a suon di tazebao 23
False fatturazioni e prestanome: un giro milionario 25
Bolognino resta al carcere duro a L’Aquila 26
«L’inizio di Aemilia? Un’auto bruciata e un esposto anonimo» 27
Intercettazioni e dialetti: cercasi disperatamente interprete 29
Il testimone svela il clan nell’aula vuota 30
L’investigatore: «In due anni 124 atti intimidatori in Emilia» 31
Aemilia, è polemica sugli studenti in aula. La Corte li ammette 32
«Clan protetto da agenti e medici» e luogotenente dell’Arma accusa: «Troppi legami illeciti con gli imputati» 33
«Il boss tradito al Nord dal braccio destro Villirillo» 34
«Brescia sparò con la carabina a un giovane calciatore» 36
«Reggio era nelle mani del duo Sarcone-Diletto» 40
«Non si lavora a Reggio Emilia, la politica ti mangia» 41
Pistole bloccate a Iaquinta: «Corro rischi per il calcio» 43
Armi ai cutresi: l’indagine interna in questura a Reggio Emilia 45
Armi, fu scontro fra prefetto e questore 47
Dal maxi appalto finto all’estorsione 49
Un imprenditore: «Perseguitato da Gualtieri, finii sul lastrico» 51
La cocaina era nascosta nel Cicciobello 54
Il terrore negli occhi dell’imprenditore: «Minacciato, pagai» 56
Il doppio incarico del presidente Francesco Caruso 58
Dall’allarme bomba ai fiumi di denaro a tassi usurari 60
False fatturazioni per creare fondi neri all’azienda 62
Gli imprenditori emiliani e i “servizi” chiesti alla cosca 63
Il discusso caso dell’imprenditore Salsi 66
«Salsi sapeva che quella era ’ndrangheta» 68
Mirco Salsi e la cosca. Per la procura sapeva 69
«Ti impicchiamo se non vai via da qui» 72
«Prendi le cambiali e cedi le quote del ristorante, è meglio per tutti» 74
«’Ndrangheta e Casalesi uniti negli affari» 76
Bini: «Non lasciamo soli i magistrati e gli agenti. Le istituzioni siano più presenti» 78
Ricostruiti vari roghi dolosi e Blasco s’infuria: «Solo bugie!» 79
Il ricordo del principe del foro, poi la deposizione del maresciallo su Blasco 80
«Temo per la mia vita, non vengo in aula a testimoniare» 81
«Vogliamo l’azienda, altrimenti qui concimiamo con il sangue…» 84
Caruso s’infuria in aula: «Testimonianze false!» 85
«Fatturazioni fasulle per 24 milioni di euro» 87
«Minacciato nel ’70 dalla mafia cutrese» 90
«La falsa fattura fa più soldi della droga» 91
Il milionario sistema delle frodi carosello 93
Bellini e Giglio: scocca l’ora dei collaboratori di giustizia 94
Bellini: «Il mio compito era uccidere Grande Aracri» 95
«Assegni da Cutro a Reggio Emilia con gli autobus di linea» 100
Le difese mettono sotto torchio il maresciallo D’Agostino 101
Il pentito Giglio: «Milioni al clan con le fatture fasulle»
«Le mani di Grande Aracri sul ristorante Millefiori» 104
Continuano le rivelazioni-fiume di Giglio 107
Foglio misterioso, indaga la Mobile 108
Giglio: «Il mio pentimento giunto dopo un anno in cella» 109
Minacce all’avvocato di Libera 110
«Non volevo rischi, pagavo sempre i clan» 111
Aemilia, il pentito Giglio finisce sotto torchio 112
Giglio: «Con gasolio e ghiaia in nero arricchivo la cosca» 113
Il pentito ritira in ballo Pagliani 114
«Maxi riciclo del clan nell’affare a Sorbolo» 115
I tentacoli della cosca su un affare immobiliare milionario 117
Il furto di 190 pneumatici “mascherato” da rapina e sequestro di persona 118
Il pizzaiolo-spacciatore e Bolognino “geometra della droga” 119
«Mutui bancari milionari investiti in minima parte» 121
«Bolognino, figura autorevole del clan» 123
Gli imputati: «Linciaggio mediatico, vogliamo il processo a porte chiuse» 124
La stampa resta in aula: «No alle porte chiuse». Ai cronisti: «Rispetto dei diritti» 126
In tribunale la Mehari di Siani, cronista ucciso dalla camorra 131
Affari al Sud: quando i Vertinelli beffarono Grande Aracri 133
Siamo già nel dopo-Aemilia, il silenzioso mimetismo della cosca 134
«Bloccate la testimone», la Corte dice no 136
«Costi alti e cattiva nomea: nessuno vuole il ristorante Millefiori» 137
L’avvocato Taormina contro il prefetto De Miro 139
Cataliotti: «Nel 2011 boom anomalo di calabresi nel pdl» 143
Cortese: «Sarcone fu coinvolto in due omicidi» 151
Gli “identikit” di Cortese sul clan 154
Il pentito Cortese: «L’Emilia bancomat della ’ndrangheta» 156
«Due poliziotti agevolarono il clan in cambio di regali» 158
«Aemilia: traffico di yacht, clan e russi in azione» 160
«Le mani del clan su un maxi affare di piastrelle» 161
«Minacciato da Rocca, finsi di pentirmi» 162
Dato per morto, “resuscita” in udienza 165
«A Finale il duo Bianchini-Gerrini agevolò l’infiltrazione» 167
Depone mezza Finale Emilia: in aula il caos amministrativo 169
Spunta un altro pentito nell’aula bunker 172
«In rapporti con Unieco e Coopsette» 176
«I locali della cosca gestiti dai prestanome» 178
«Decisi io, Silvano non ne sapeva nulla» 180
«Uomini dello Stato aiutavano i Bianchini» 182
«Un vortice di false fatturazioni fra Giglio e Bianchini» 183
Aemilia bis si spezza in due tronconi 185
Il prefetto De Miro: «Viste a Reggio Emilia cose da nausea» 186
Quando il boss Nicolino Grande Aracri era di casa in Emilia 189
Politici, forze dell’ordine, bancari: in aula la “rete” di contatti di Pasquale Brescia 192
Ex operaio di Bianchini: «Tengo famiglia, non parlo in aula» 194
Il testimone: «Minacciato dai calabresi» 196
Amianto sotto terra dopo il terremoto 201
Il boss Femia si pente e vuota il sacco sugli affari dei clan 203
Cadute le accuse, archiviata l’indagine sul prefetto De Miro 204
Il pentito Femia sbarca a Aemilia 206
Aemilia, due testimoni sono scomparsi 208
Sparito in Congo, sarà sentita la madre 209
«Botte e minacce di morte a mio figlio» 212
I due Iaquinta a muso duro: «Con la ’ndrangheta non c’entriamo» 215
Bianchini piange: «Vittime di un sabotaggio. La mafia? Non ne sapevo nulla» 221
Mafia al Nord, a Reggio Emilia il processo-record 227
Aemilia, la Corte va all’attacco dello sciopero dei penalisti 228
Aemilia, nuovi scioperi in arrivo 229
Sciopero, ancora “bocciati” i penalisti 230
Brescia: «Macché mafioso, io con le istituzioni ci lavoravo» 232
Battaglia sullo sciopero, il penalista Brezigar ricorre in Cassazione: «In attesa della Consulta, il processo Aemilia andava fermato» 236
Foto in aula e proteste, tese le deposizioni di due ex carabinieri 238
Misure restrittive più lunghe di un anno 240
I detenuti di Aemilia “scioperano” 242
Testimonianze, si preannunciano corposi “tagli” 242
«Rapporti chiusi con mio fratello Nicolino» 243
Reggio Emilia, dalle parole di Richichi partiti nuovi accertamenti sulla ’ndrangheta 245
Grazie ai pentiti ora tremano in tanti 247
Operai di Bianchini: «Straordinari pagati in nero da Bolognino» 248
Valerio rideva delle scosse, ora si pente 249
Grande Aracri: «Mai avuto fiducia in Bolognino, il clan costruito dalla giustizia» 250
Presidente del tribunale sotto scorta 253
La sofferta deposizione dell’ex questore Gallo 254
«Sospetti su Sarcone e Giglio? No, normali imprenditori» 256
Vezzadini: «Scritte falsità». Urla dalle gabbie ai cronisti: «In galera!» 258
Delrio: «Dire che i cutresi sono mafiosi è un’offesa alla verità» 268
Giglio: «Non dissi a Bianchini che Bolognino era stato in carcere» 274
Il sindaco Vecchi e la moglie: «Mai subite ingerenze mafiose» 275
«Offerte cene di pesce ai poliziotti, le organizzava Paolini» 281
Nuove intercettazioni e il presidio dei sindaci “Mafia free” 283
Vrenna: «Il clan in azione a Reggio Emilia dagli anni Novanta» 285
«Il clan si impone con gli incendi dolosi e alza il tiro» 288
Il pentito Femia è l’ispiratore di nuove indagini 290
Nuove accuse a Salsi, l’imprenditore nega 293
Ultimatum ai periti sulle intercettazioni 295
«Gallo mi presentò Brescia e Paolini» 298
La sentenza piomba nell’aula via telefonino 301
«Iaquinta voleva comprare la Reggiana o il Mantova» 302
Trema il clan, presto parlerà Valerio 304
Aemilia: ancora in piedi un altro filone investigativo 306
Irrompono in aula le rivelazioni del pentito Antonio Valerio 308
Valerio e i delitti del ’92: «Ci davano soldi a palate per uccidere» 314
Valerio: «Tre padrini comandavano il clan, affari loschi milionari». E spunta un nuovo pentito 317
Aemilia atto secondo, dieci archiviazioni 322
«Delitto Megna? Organizzato qui» 323
Il pentito Valerio: «Maria Sergio favorì degli imprenditori» 325
Il pentito: «Le estorsioni? Ecco come le facevamo» 330
«Ora sono in quattro a reggere il clan» 333
Vasapollo e Ruggiero uccisi nel ’92: rivelazioni e arresti 340
«I cadaveri seppelliti nei cantieri» 342
«Clan in evoluzione. La società reagisca» 346
Delitti e incontri dal boss, ma le difese insorgono: «Racconti generici da Valerio» 349
Valerio rivela: «Noi più forti dei Casalesi» 351
«Il clan è a struttura orizzontale e si è già riorganizzato» 354
«Grande Aracri comandava su tutto» 357
Il pentito: «A Reggio Emilia comanda tuttora Sarcone» 358
Il boss Nicolino Sarcone si pente, ma la dda non gli crede 360
Dagli affari con la Bossi-Fini alla banca truffata nella Bassa 363
Pestaggio “ordinato” dal clan e droga dentro il carcere 366
Bolognino e Amato attaccano Valerio 367
I legali chiamano in aula gli ex sindaci Delrio e Spaggiari 369
«’Ndrangheta in campo per Forza Italia» 372
Il pentito Muto: «Il sindaco Vecchi e sua moglie sono ricattabili» 376
Il pm Mescolini: «Lottizzazioni sospette: atti in Procura» 379
«Nei cantieri gli operai lavoravano come schiavi» 382
Iaquinta contro Muto: «Pressioni ai club? Infanga mio figlio!» 383
Nuove indagini sui beni nascosti del clan 384
«La cosca voleva candidare un avvocato, ma lui si rifiutò» 387
«Volevo suicidarmi, non trovai la forza» 389
«I nuovi capi? Nominati da chi è in cella» 391
Truffa da due milioni di euro allo Stato 394
Politica e Catasto ai raggi x 397
Ondata di arresti con l’inchiesta Stige, ramificazioni in Emilia 399
Scalzulli: «Scarpino mi portò subito da Delrio…» 400
«Dovevamo uccidere un giornalista e un assessore» 404
Lamanna si rifiuta di rispondere in aula 409
Carmine Sarcone in manette a Cutro 411
I su e giù di Carmine Sarcone al Processo Aemilia 413
Reggio Emilia, Catasto: maxi inchiesta della Finanza 417
Trascrizioni delle intercettazioni: è corsa contro il tempo 418
Appalti alle aziende edili di Bianchini: scontro fra i periti 419
La difesa Bianchini contesta i periti 421
Colpo di scena, nuove pesanti accuse a 34 imputati 423
Nuove imputazioni, ma nel mirino ora c’è lo sconto di pena 427
Il processo si sdoppia: c’è anche il rito abbreviato (con sconto) 429
Ventiquattro imputati puntano allo sconto di pena 431
Iaquinta: «Ero un miliardario, ora sono solo un pezzente» 433
In Emilia-Romagna tolto ai boss un maxi “tesoro” 437
Brescia: «Scrissi al sindaco Vecchi perché mi definì boss» 438
I fratelli Vertinelli: «Fango su di noi, abbiamo solo lavorato» 443
Paolini: «Voto tutti, sono un venduto» e il pentito Muto tira in ballo Berlusconi 446
«Le condanne di Aemilia? Le aggiusta la massoneria» 452
Penalisti in sciopero e rispunta lo scoglio delle intercettazioni 454
Agguati e minacce ai pentiti di ’ndrangheta 455
Risolto il nodo intercettazioni e il pentito Valerio deposita una memoria: «La ’ndrangheta fa schifo» 458
Il pm Mescolini: «Dai pentiti riscontri formidabili alle accuse» 459
Il pm Ronchi: «I parenti dei mafiosi custodiscono le armi» 463
Bloccata in carcere la posta al boss Nicolino Grande Aracri 468
Mano pesante dei pm contro la ’ndrangheta: chiesti 1.712 anni di carcere 469
Le parti civili presentano un “conto” milionario 474
Valerio smentito a sorpresa dal suo legale: «Non è mafia» 483
Il legale del pentito Muto: «L’Emilia filiale della holding ’ndrangheta» 487
La difesa di Paolini: «Frequentare Nicolino Sarcone non è un reato» 492
A rischio di annullamento un anno di udienze 495
«Sergio Bolognino? Un battitore libero, non c’entra col clan» 500
L’avvocato Vezzadini: «Solo suggestioni, non si tratta di mafia» 501
«Cannizzo? Ingenuamente ha dato fiducia alla gente sbagliata» 503
«Sentenza definitiva per Giglio, certifica l’esistenza del clan» 506
Avvocato nell’arringa “sfiducia” i tre giudici di Aemilia 510
Il difensore Miraglia: «Il populismo soffia su Aemilia» 514
L’udienza salta: gli avvocati penalisti sono in sciopero 515
«Bolognino estraneo al clan: un cane sciolto, voleva solo lavorare» 515
La difesa: «I pentiti? Inattendibili su Gianluigi Sarcone» 517
Vezzadini: «Macché patto politico-mafioso, i cutresi erano discriminati» 519
«Messo alla gogna un intero paese: Cutro» 521
«Accuse fantasiose a Gino Gibertini e Michele Bolognino» 525
Taormina: «Un abuso escludere Iaquinta dalla white list» 529
«Brescia scrisse al sindaco Vecchi che discriminava i cutresi» 533
«Per Vulcano solo false fatturazioni, non c’entra con il clan» 534
Valerio cambia l’avvocato, per la Consulta il processo è regolare 535
Il legale Miraglia tira in ballo politici, sindacati e professionisti 540
I pm: «Se condannati, subito in cella gli imputati per associazione mafiosa ora liberi» 541
Parti civili, l’Avvocatura dello Stato chiede danni più salati 545
Brescia deposita un memoriale: «Nel mio locale non vi furono summit di mafia» 546
«Ulteriori indagini dell’Antimafia grazie a Valerio» 548
24 settembre 2018: arrestati Ruffini e don Artoni per le minacce ai magistrati 553
Il pentito Valerio: «Siete sotto assedio della ’ndrangheta, peggio del terrorismo» 556
Ultima udienza, è il giorno degli imputati: «Siamo innocenti!» 560
La Corte, blindata in questura, per emettere un verdetto storico 564
’Ndrina in Emilia: dure condanne, oltre 1.200 anni di carcere 565
5 novembre 2018: Amato e un incubo lungo otto ore 581
Postfazione di Tiziano Soresina 595
Bibliografia di approfondimento 597
Indice dei luoghi 599
Indice dei nomi 603

LA BIBLIOGRAFIA

L'ex attaccante della Juventus e della Nazionale campione del Mondo Vincenzo Iaquinta è stato condannato a due anni nel processo di 'Ndrangheta Aemilia, Reggio Emilia, 31 ottobre 2018 ANSA/STEFANO ARTIOLI
L'ex attaccante della Juventus e della Nazionale campione del Mondo Vincenzo Iaquinta è stato condannato a due anni nel processo di 'Ndrangheta Aemilia, Reggio Emilia, 31 ottobre 2018 ANSA/STEFANO ARTIOLI

 

Sul tema della ’ndrangheta al Nord l’Autore consiglia:
Aa.Vv., Brescello.Uno studio di caso sull’insediamento della ’ndrangheta al Nord, a cura dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano, Cgil-Anpi-Auser di Reggio Emilia, Reggio Emilia, 2018.
Bonacini, Paolo, Cgil legalità, Cgil Reggio Emilia-portale on line, Reggio Emilia, 2016.
Cabras, Federica, La ’ndrangheta a Reggio Emilia tra economia, società e cultura, Legacoop Emilia Ovest-Libera-Istituto Alcide Cervi, Reggio Emilia, 2017.
Cabras, Federica, Dalla Chiesa, Nando, ’Ndrangheta a Reggio Emilia. Un caso di conquista dal basso, in “Rassegna dell’Arma dei carabinieri”, numero 3, Roma, 2017.
Canadè, Rossella, Fuoco criminale, Imprimatur, Reggio Emilia, 2017
Ciconte, Enzo, Mafia, camorra e ’ndrangheta in Emilia-Romagna, Estemporanea Panozzo, Rimini, 1998.
Ciconte, Enzo, Le dinamiche criminali a Reggio Emilia, Comune di Reggio Emilia, Reggio Emilia, 2008.
Ciconte, Enzo, Mafie, economia, territori, politica in Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna, Bologna, 2016.
Costruiamo il futuro: Economia, comunità, lavoro. Uniti nella legalità, Legacoop Emilia Ovest-Libera-Istituto Alcide Cervi, Reggio Emilia, 2017
Dalla Chiesa, Nando, Passaggio a Nord. La colonizzazione mafiosa, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2016.
Di Antonio, Sara, Mafia. Le mani sul Nord, Aliberti Editore, Roma, 2010.
Mete, Vittorio, Origine ed evoluzione di un insediamento “tradizionale”. La ’ndrangheta a Reggio Emilia, in “Mafie del Nord”, DMeneghetti, Claudio,Volevo i laghi balneabili e ho incontrato la ’ndrangheta, Mantova, 2015.
Migale, Antonio Cutro-Reggio Emilia. Dall’emigrazione alla crisi economica, Csa Editrice, Castellana Grotte (Ba), 2016.
Minari, Elia, Guardare la mafia negli occhi, Rizzoli, Milano, 2017.
’Ndrangheta all’emiliana, Gruppo Editoriale L’Espresso, Roma, 2015.
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Violante, Luciano, Non è la piovra, Einaudi, Torino, 1994.onzelli Editore, Roma, 2014

ATLANTE CRIMINALE VENETO

Giornalismo d'inchiesta, premiato l'Atlante criminale veneto


 

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