I problemi del Mose: conche di navigazione da 400 milioni inservibili a Chioggia e Malamocco

Lo scandalo delle “grandi opere” necessarie per garantire l’accesso in laguna alle navi con le dighe mobili sollevate. Lavori fermi, ritardi e una serie incredibile di errori. Intanto i pescherecci restano in balìa del mare
Alberto Vitucci
La conca di navigazione di Malamocco all'epoca dei collaudi e a destra la conca di Chioggia allo stato attuale
La conca di navigazione di Malamocco all'epoca dei collaudi e a destra la conca di Chioggia allo stato attuale

CHIOGGIA. Le grandi incompiute. Nel mare di soldi spesi per il Mose potranno sembrare pochi spiccioli. Ma più di 400 milioni di euro sono stati spesi per allestire le conche di navigazione a Malamocco e a Chioggia.

E oggi, vent’anni dopo i progetti, nessuna delle due è in funzione. I risultati si sono visti con le ultime acque alte e il mare in tempesta conventi di scirocco. I pescherecci bloccati in mare dalle barriere chiuse del Mose. Le navi in rada ad aspettare.

Perché a Chioggia i lavori non sono mai stati ultimati. A Malamocco le misure sono sbagliate, e i danni della mareggiata del 2015 ancora non riparati.

Protestano piloti e pescatori. E non è una novità. Già lo scorso anno, con i primi sollevamenti delle barriere mobili del Mose, decine di pescherecci erano rimasti bloccati in mare per tutta la notte con il mare agitato. Un pericolo grande.

Proteste, appelli, assicurazioni. Ma dodici mesi non è cambiato nulla. Il problema della sicurezza delle imbarcazioni in mare evidentemente non è considerato un’urgenza. Perché le conche servono proprio a questo: a garantire il ricovero delle barche (a Chioggia) e il passaggio delle navi (a Malamocco) con le bocche di porto chiuse.

L’unica delle tre conche funzionante è quella di Treporti, in bocca di Lido. La prima a essere ultimata. Proprio nel luogo dove viene usata molto meno.

Ma vediamo nei dettagli la situazione delle due grandi opere mai concluse.

MALAMOCCO

Una struttura faraonica, chiesta dal Comune guidato da Paolo Costa nel 2002 tra le condizioni per dare il parere favorevole al Mose. Avrebbe dovuto rappresentare la soluzione per «separare la portualità dalla salvaguardia». Garantire insomma l’accesso alle navi in laguna anche in caso di dighe sollevate. Progetto firmato dalla Technital di Alberto Scotti, la stessa società che ha progettato il Mose. Lavori eseguiti dall’impresa Mantovani, maggiore azionista del Consorzio Venezia Nuova. Costati almeno 360 milioni di euro.

Ma la conca è... «troppo piccola». Non può ospitare le navi portacontainer di ultima generazione. E nemmeno le grandi navi da crociera. Può contenere navi lunghe al massimo 270 metri. Quelle sono oltre i 350. E’ un grande rischio far entrare la nave nella conca. Tanto che i piloti avevano espresso all’epoca parere contrario a quella soluzione.

Quando il Mose è alzato le condizioni meteo sono quasi sempre estreme. E con la costruzione della «lunata»,la scogliera in mare lunga 1300 metri il rischio è aumentato. A questo si aggiunge che nel 2015 una mareggiata aveva distrutto la porta della conca, causando altro gravi danni.

La «riparazione», che verrà a costare almeno 30 milioni di euro, è ancora in corso, dopo vari ritardi e contenziosi per i lavori, adesso affidati al gruppo Cimolai. Si discute se sia conveniente ripristinare la struttura, oppure puntare direttamente sull’off-shore. Intanto è tutto fermo.

CHIOGGIA

La seconda grande incompiuta è la conca di Chioggia. Struttura prevista a poche decine dall’oasi di Ca’ Roman. Costata 7 milioni e 790 mila euro. Ma anche qui un contenzioso tra le imprese ne ha bloccato il proseguimento. A vincere la gara era state allora la Poolmeccanica di Lorenzon, con la Sertech insieme alla Radar srl. Ma anche qui si erano scoperti errori e i ritardi si sono accumulati.

TREPORTI

L’unica conca «agibile» sembra quella di Treporti. Ma qui la domanda di ricovero per navi è imbarcazioni è infinitamente minore. A Chioggia invece non è cambiato nulla. E oggi i pescatori sono di nuovo a protestare come un anno fa. Per non rischiare la vita quando dopo una notte di pesca si trovano la strada sbarrata per rientrare in laguna.

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