I Tesori del Santo: uno straordinario ciclo di visite guidate per voi lettori

Tiziano, Giotto, Donatello: una serie di itinerari inediti per riscoprire la Basilica antoniana, occasione unica per entrare in luoghi solitamente non accessibili al pubblico

PADOVA. Veniva forse da un viaggio a Gerusalemme l’architetto che ha immaginato il tempio destinato a accogliere la sepoltura del Santo per eccellenza, venerato in tutto il mondo?

Dove se non alla Scoletta del Santo il giovane Tiziano, reduce dall’impresa condotta con Giorgione sulle facciate esterne del veneziano Fondaco dei Tedeschi, ha sperimentato il suo genio nella tecnica d’affresco?

Sui muri della basilica antoniana è ancora possibile andare a cercare le tracce del magistero di Giotto?

Per quali vie Donatello è giunto a Padova, per viverci dieci anni e lasciare nel complesso antoniano alcuni dei suoi massimi capolavori?

Di mille domande può essere intessuta la visita alla cittadella intitolata a Sant’Antonio, tanto sono densi di sommi episodi d’arte i suoi otto secoli di storia.

IL PROGETTO



Ebbene, i nostri lettori hanno l’opportunità rara e anzi il privilegio di visitare il complesso antoniano, anche in ambiti di norma non aperti al pubblico, con la guida preziosa di chi la cittadella antoniana amministra e conserva: il nostro giornale, infatti, si accompagna in questo interessante progetto alla comunità dei frati francescani, alla Veneranda Arca di Sant’Antonio, al Messaggero di Sant’Antonio, alla Pontificia Biblioteca Antoniana, al Museo Antoniano.

Una collaborazione per svelare e stupirsi insieme dei tesori del Santo. Andiamo incontro a un percorso unico ed inedito di visite tematiche che si snoderà per molti mesi, poiché siamo persuasi che i veneti in genere, e pure i padovani in particolare, di rado possono avere avuto la chance di prendere piena coscienza della mirabolante ricchezza del patrimonio architettonico, artistico, culturale condensato a Padova nel nome del frate francescano nato a Lisbona e morto a Padova a nemmeno 36 anni.

Paolo Possamai, direttore mattino di Padova



Il ciclo di eventi “I tesori del Santo”, così come altre nostre analoghe iniziative, si basa sulla prenotazione obbligatoria con un numero limitato di posti e visite guidate strutturate in uno o più turni a seconda della logistica.

Per partecipare dovete registrarvi - se non l’avete già fatto - alla community «Noi Mattino di Padova», per poi iscrivervi ai singoli eventi e ottenere i biglietti. La procedura è completamente gratuita, ma va segnalato che alcune visite del ciclo richiedono l’utilizzo delle audioguide, che possono essere noleggiate in Basilica al prezzo di due euro.

Collegatevi al nostro portale eventi a questo indirizzo dove troverete le schede di tutto il ciclo. Da oggi sono a disposizione i biglietti per la prima visita, sino a esaurimento. Le iscrizioni per le altre visite si aprono una settimana prima della data indicata.



Tanto familiare e conosciuta ai padovani, così nota e attrattiva per i fedeli, i turisti e i visitatori, la basilica del Santo è ancora un luogo da scoprire, o riscoprire, dopo che negli ultimi anni importanti restauri hanno restituito una nuova visibilità e permesso di studiare e meglio comprendere un patrimonio di pitture, sculture, complementi architettonici e di arredo liturgico.

L’incanto senza tempo Gli artisti, le maestranze, le specializzazioni diverse degli artigianati artistici dei secoli passati, intervenuti nella basilica, sono tutti di livello qualitativo alto: in altre parole tutto ciò che nella basilica e nei suoi edifici è stato fatto, per custodire e venerare il Santo, da portoghese diventato padovano, è speciale per la sua bellezza e la sua qualità, al punto tale da aver reso Padova un centro artistico di elaborazione di idee innovative, almeno nel Trecento e a metà del Quattrocento.

Così Giotto, Donatello, Andrea Mantegna, Tiziano, i Lombardo, Filippo Parodi, Giambattista Tiepolo e tante altre eccellenze d’arte hanno reso questo luogo un concentrato unico di tesori d’arte, ancora più rilevante in quanto la funzione originaria degli edifici è rimasta costante nei secoli e ciò che si faceva nel Medioevo, per esempio nella sede dell’Arciconfraternita del Santo, è ancora la stessa attività devozionale e benefica che oggi si continua a svolgere.

Il simbolo. La basilica con le sue incantevoli cupole e la sua coppia di campanili ha marcato le raffigurazioni del panorama cittadino dal primo apparire della stampa in avanti e ogni padovano sa indicarne la posizione al visitatore venuto da lontano che desideri raggiungerla.



Ma al suo interno l’aspetto, i segni della devozione antoniana che ciascun secolo ha lasciato, i complementi architettonici e gli arredi liturgici necessari allo svolgimento del culto, nei diversi materiali (legno, marmi colorati, bronzo, argento, pittura murale), davanti ai quali si passa, abituati dalla consuetudine, sono invece opere particolari, che ci raccontano storie e disvelano una bellezza inedita, quando siano osservati in quella modalità slow, di cui tanto oggi si avverte la necessità, e che la comprensione dell’opera d’arte richiede.



La basilica e il culto di Antonio hanno generato altre realtà antoniane, altrettanto straordinarie e ricche di tesori: la Biblioteca Antoniana, il cui patrimonio, di manoscritti e libri a stampa, non è mai stato depredato, da poco riaperta: un luogo incredibile da vedere, con un grande salone settecentesco affrescato e dotato ancora degli armadi originali; l’oratorio di San Giorgio, già cappella funeraria del potente guerriero Raimondino Lupi, una specie di cappella degli Scrovegni all’altro capo del Trecento; la Scoletta, sede dell’Arciconfraternita del Santo, con il suo ciclo di affreschi e la presenza del giovane e prorompente Tiziano; il Museo Antoniano, il luogo della memoria e della storia della basilica, tanto poco conosciuto quanto ricco di ogni materiale d’arte e di nomi risonanti, da Mantegna a Tiepolo.

I percorsi. Dentro la basilica si possono declinare percorsi e tracciati di riferimento diversi: percorsi tematici che pongono al centro, per esempio, la presenza degli uomini, più o meno lontani, ma profondamente diversi per cultura e religione, come gli Ebrei, i Tartari e i Turchi; oppure possiamo curiosare tra le donne che hanno lasciato un segno, come Bartolomea Scrovegni, un cognome importante che ritroveremo anche altrove nella basilica, oppure la potentissima Giacoma Da Leonessa, la moglie di Gattamelata, che tanto ha fatto costruire dentro la basilica, o Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna laureata a Padova.

Il bestiario. E ancora la presenza degli animali negli affreschi, un vero bestiario dipinto, talvolta protagonista delle scene, come nel raro Miracolo dei pesci. In questo momento in cui Padova sta concorrendo per la dichiarazione di patrimonio mondiale Unesco per i cicli di affreschi del Trecento (nella basilica sono quattro!), un percorso di visita speciale è stato riservato a Giotto, a quanto di lui si conserva e a quanto stiamo ancora cercando di scoprire. Analogamente un altro percorso è stato riservato a Donatello, il grande scultore, che con il suo soggiorno decennale insegnò agli artisti padovani, e soprattutto a un giovanissimo Andrea Mantegna, la nuova arte rinascimentale, che da Firenze raggiunse Padova e di qui poi irraggiò l’area padana.

Giovanna Baldissin Molli,  presidente della Veneranda Arca di Sant’ Antonio



Nella nostra Italia spesso ogni singola pietra sembra in grado di raccontare storie, parlare di tempi lontani e farli sembrare vicini, narrare di come uomini e donne hanno vissuto e sperato una quotidianità in cui fosse possibile vivere in pace, lavorare per il benessere familiare, potersi sentire al sicuro da quelle terribili sciagure – la peste, le carestie, la guerra – che a ondate ricorrenti decimavano la popolazione.

La basilica del Santo a Padova è un luogo così: da subito sant’Antonio, da Lisbona ma ben presto “di Padova”, è chiamato pater e patronus, come se generasse e mantenesse sicura la città, la proteggesse con uno sguardo benevolo. Il racconto tradizionale ha ingigantito questa protezione, vedendo nel Santo (ma le date della storia ci danno una versione diversa), il fiero oppositore di Ezzelino da Romano, divenuto il tiranno, il demonio dal fiato mortifero che oppresse Padova verso la metà del Duecento.

Chiesa eminentemente cittadina, la cui costruzione fu sostenuta dal Comune, e luogo dove venerare il corpo di Antonio: questi due elementi spiegano le caratteristiche così particolari di questa chiesa unica, in cui un soffio di vento orientale ha gonfiato le cupole.

Costruita letteralmente accanto alla prima chiesetta di Santa Maria Mater Domini, dove Antonio fu dapprima sepolto, la chiesa fu “governata” da una fabbriceria laica, la Veneranda Arca di S. Antonio, che nel corso dei secoli fece intervenire gli artisti migliori, i più ricercati, per tributare gloria a Dio, attraverso il suo servo Antonio. E tanti padovani chiesero sepoltura nell’edificio, finanziarono pitture, sculture, oreficerie, paramenti sacri: affinché un dispiegato senso della Bellezza colmasse lo spazio interno.

Ci sono punti speciali della chiesa, che non possono sfuggire anche alla visita più breve: l’antica cappella della Madonna Mora, le due cappelle affrescate del Trecento; la cappella dell’Arca, dove riposa il corpo di Antonio, come in uno scrigno di marmi preziosi; e ancora il presbiterio, con le sculture in bronzo di Donatello e il santuario delle reliquie: dove in una vera “realtà aumentata” di stampo barocco ha trovato espressione la gloria di sant’Antonio.

La basilica va percorsa e la pianta semianulare del presbiterio consente agevolmente di girare letteralmente negli spazi del capocroce, che, ultimi in ordine di tempo, hanno accolto le pitture di Achille Casanova, in quello stile floreale che oggi tanto incontra il gusto. Così basta alzare gli occhi e perdersi nelle cavità risonanti della chiesa, scoprirne visuali nuove e percepirne quel fascino che non ha mai cessato di incantare.  G.B

 

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