Il decreto taglia-ricette scatena i medici di base

VENEZIA. «Il decreto del ministro Lorenzin del 20 gennaio scorso introduce criteri cervellotici per la prescrizione di esami di laboratorio, tac, risonanze e scintigrafie. Molte di tali prescrizioni noi non possiamo più farle, continueremo il nostro lavoro con la solita attenzione a voi ma con sempre meno strumenti a disposizione, con burocrazia asfissiante e ostacoli che dobbiamo combattere insieme per il vostro diritto alla salute e il nostro diritto a fare i medici serenamente, senza sanzioni, senza obblighi avvilenti». Parole come pietre quelle dei medici di famiglia, che in un manifesto rivolto agli assistiti - affisso nei tremila ambulatori di base del Veneto - bocciano il provvedimento ministeriale ventilando conseguenze negative sul piano della prevenzione oltre che aggravi di spesa per i pazienti.
Di che si tratta? Del “decreto sull’appropriatezza” approvato dal governo per consentire il taglio della spesa sanitaria; un atto che restringe la facoltà prescrittiva dei medici generali e limita l’erogazione gratuita di 203 prestazioni - visite specialistiche, esami diagnostici e di laboratorio - fin qui garantite dal sistema sanitario nazionale.
Analisi colesterolo, il paradosso. Qualche esempio? «Prendiamo una delle analisi più banali e ricorrenti, quella per il colesterolo», esordisce Giacomo Milillo, segretario nazionale della Fimmg, il sindacato più rappresentativo tra i camici bianchi «l’esame dell’Hdl (lipoproteine ad alta densità ndr), quello cosiddetto “buono”: se è elevato, il che è un bene, potrete ripeterlo quante volte volete senza pagare; se è basso, il che è un male, solo dopo cinque anni, altrimenti bisogna pagarlo di tasca propria. Anche se si è esenti dai ticket, perché malati cronici o in situazioni disagiate». Un paradosso ammesso dallo stesso Governo, che ha parlato di «refuso» promettendo di correggere il testo.
Altolà alla risonanza magnetica. Non basta: «La “nota 37” del decreto stabilisce che la risonanza magnetica nucleare della colonna è mutuabile se il dolore rachideo resiste per più di 4 settimane, in assenza di gravi sindromi neurologiche e in caso di traumi recenti o fratture da compressione. Quindi se il paziente ha una sindrome neurologica grave ma non ha traumi recenti o dolore resistente da 4 settimane la prestazione sarebbe inappropriata e dunque a pagamento. Non c’è chi non veda l’insensatezza da un punto di vista clinico e diagnostico di questa limitazione».
Limitazione ai marker tumorali «Per quanto riguarda le prestazioni specialistiche nella prevenzione dei tumori», rincara Milillo «per giustificare il sospetto oncologico, e quindi le condizioni di erogabilità e di appropriatezza richieste, occorre che il paziente abbia un'anamnesi positiva per tumori e/o più di 50 anni o meno di 18 e/o perdita di peso, dolore crescente e/o non risponda a terapie di 4-6 settimane; insomma, si devono allineare 2-3 criteri prima di poter procedere. Un’ulteriore e grave perplessità riguarda i marker tumorali: sono concessi in genere in corso di malattia e non per scopi di diagnosi o screening, anche se talora nell'esperienza del medico sono stati dirimenti».
L’aggravio di spesa per i malati. Ma che succede se il medico di famiglia prescrive all’assistito una delle 203 prestazioni soggete a limitazione? «A parte il rischio di sanzioni economiche a carico del medico», spiegano i tecnici della Fimmg «accade che ogni prestazione con limiti prescrittivi deve essere trascritta su una ricetta a sé, facendo così moltiplicare il superticket da 10 euro che altrimenti si sarebbe pagato una sola volta». Ancora un esempio pratico: «Gli accertamenti necessari a un paziente con “sindrome dismetabolica”, ossia in grave sovrappeso, sono in tutto 16, dall’emocromo alla Ves, dai trigliceridi alle transaminasi. Poiché il limite era e resta di 8 prescrizioni a ricetta, prima il tutto si spalmava su 2 fogli rosa con un superticket totale di 20 euro. Ora il decreto impone uno spezzatino di 5 ricette per un totale di 50 euro, che si aggiungono ai ticket sulle singole prestazioni».
Una manna per la sanità privata. «In molti casi», chiude Giacomo Milillo «il costo complessivo risulterà superiore a quello che il cittadino sosterrebbe rivolgendosi direttamente alla sanità privata, che alla fine sarà la vera e unica beneficiaria di questo provvedimento».
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