Il Friuli non si accontenta «Ora Cinto Caomaggiore»

CINTO CAOMAGGIORE. Il sì del Senato al passaggio della bellunese Sappada al Friuli-Venezia Giulia, riaccende le speranze dei comuni del Veneto orientale (e non sono pochi) che guardano più alle...
Sergio Bolzonello (Vicepresidente Regione FVG e assessore Attività produttive, Commercio, Cooperazione, Risorse agricole e forestali) alla conferenza stampa sulla partecipazione del Friuli Venezia Giulia alle Fiere ProWein [Düsseldorf (D)] e Vinitaly (Verona) - Udine 09/03/2015
Sergio Bolzonello (Vicepresidente Regione FVG e assessore Attività produttive, Commercio, Cooperazione, Risorse agricole e forestali) alla conferenza stampa sulla partecipazione del Friuli Venezia Giulia alle Fiere ProWein [Düsseldorf (D)] e Vinitaly (Verona) - Udine 09/03/2015
CINTO CAOMAGGIORE. Il sì del Senato al passaggio della bellunese Sappada al Friuli-Venezia Giulia, riaccende le speranze dei comuni del Veneto orientale (e non sono pochi) che guardano più alle vicine sponde pordenonesi e udinesi che alla provincia di Venezia.


Tra tutti, quello che ha già sancito ufficialmente, attraverso un referendum anteriore a quello di Sappada, la volontà di staccarsi dal Veneto per abbracciare il Friuli, è Cinto Caomaggiore. E proprio la cittadina del Veneziano è stata al centro dell’intervento del vicepresidente della Regione Friuli, Sergio Bolzonello del Pd, intervenuto ieri al congresso della società Filologica Friulana a Moggio Udinese. «Il mio è un ragionamento strettamente culturale», afferma «perché quando, giustamente, si parla di Sappada, non va dimenticata quella che resta una ferita aperta per le genti del Pordenonese e cioè il caso di Cinto Caomaggiore, parte integrante della diocesi di Concordia-Pordenone. Nella cittadina è stata espressa, da tempo, una chiara volontà e credo che le culture comuni, le radici, quando sono interconnesse, vadano sempre rispettate».


Un concetto chiaro, ripreso e allargato dal presidente della Filologica, Federico Vicario: «Era ora che il Parlamento consentisse a Sappada di tornare nella sua regione storica e naturale, vale a dire il Friuli. Perché di questo si tratta: un ritorno a casa, non un passaggio da una Regione all’altra. Ma non è finita qui. Ci sono anche molti altri Comuni che chiedono di tornare in Friuli e mi riferisco a quelli della diocesi di Concordia-Pordenone e del vecchio mandamento di Portogruaro, un territorio che all’epoca della Serenissima si trovava nella patria del Friuli, mentre ora, che Venezia non comanda più, è in Veneto». E l’elenco, per Vicario, è ampio e comprende Concordia Sagittaria, San Michele al Tagliamento (quindi Bibione), Portogruaro, Annone Veneto, Teglio, Pramaggiore, Gruaro, Fossalta e, appunto, Cinto Caomaggiore.


Vicario punta in alto, troppo probabilmente, perché pensare che l’intero pacchetto di Comuni riesca a “traslocare” appare irrealistico. Da un punto di vista politico, già strappare il via libera definitivo su Sappada entro primavera – è richiesto il voto favorevole della Camera – sarebbe un passaggio di non poco conto. Certo, una possibilità per Cinto esiste, visto che un testo del tutto simile a quello sappadino giace a Montecitorio da anni, ma il traguardo resta remoto. Perché la partita non si gioca soltanto a Roma ma anche in ambito locale. Il 22 ottobre il Veneto (al pari della Lombardia) andrà al voto per il referendum sull’autonomia voluto dal governatore Luca Zaia. E nello stesso giorno si svolgerà anche la consultazione popolare nel Bellunese, chiamato ad esprimersi sulla speciale autonomia montana. Un intreccio nel quale difficilmente ci sarà spazio per altri tentativi “separatisti”, specialmente a una manciata di mesi dalle elezioni politiche.


Ma che clima si respira a Cinto? Certo, il passo avanti di Sappada rafforza il morale ma tecnicamente, rispetto al piccolo centro bellunese, l’iter parlamentare è ancora in alto mare. Il disegno di legge Moretto–Zanin, che prende il nome dalla deputata dem di Portogruaro Sara Moretto e dal collega di partito Giorgio Zanin docente nella pordenonese Pravisdomini - tuttora arenato nella Commissione bicamerale per le questioni regionali. «Questa fase preliminare dura da due anni, è evidente che manca la volontà politica di assecondare il responso del referendum del 2006 quando gli elettori cintesi hanno scelto il passaggio al Friuli», commenta il primo sindaco “friulanista” nella storia di Cinto, Gianluca Falcomer, teorico della “grande provincia” Pordenone-Portogruaro «quando c’è la volontà, i tempi si accorciano: la Val Marecchia ha impiegato un anno appena per passare dalle Marche alla provincia di Rimini». Un messaggio rivolto alla presidente friulana Debora Serracchiani affinché la questione cintese non resti nel cassetto: «Noi non siamo inferiori per dignità a Sappada», conclude il sindaco Falcomer, «e chiediamo il rispetto della decisione popolare espressa attraverso il voto referendario».


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