Il Pd rialza la testa in Veneto: Calenda e Moretti fanno il pieno di voti

VENEZIA. È nata una stella nel firmamento dem a Nordest e si chiama Carlo Calenda, che trionfa con il record di 275 mila preferenze e si piazza alle spalle di Matteo Salvini nella gara della popolarità
. «Ma c’è una differenza», dice l’ex ministro dell’Industria, «io non ho preso in giro gli italiani perché a Bruxelles e a Strasburgo ci resto per davvero cinque anni, mentre il vicepremier della Lega non metterà piede all’europarlamento per incompatibilità con la sua carica di governo».
Carlo Calenda ha chiuso la campagna elettorale a Padova con un appello al voto che ha richiamato i valori liberaldemocratici della lista “Siamo Europei”, convinto di poter raggiungere davvero il 25%.
L’asticella si è fermata al 23,8% con 4 eletti: a Strasburgo entrano Elisabetta Gualmini, politologa dell’Università di Bologna e vicepresidente della giunta regionale dell’Emilia Romagna; Paolo De Castro, vicepresidente della commissione agricoltura dell’Ue e poi Alessandra Moretti, consigliera regionale e candidata presidente nella sfida persa con Zaia nel 2015.
L’abbraccio tra Calenda e la Moretti sul palco di piazza dei Frutti i ha suggellato il patto di ferro tra due big che non hanno digerito il sostegno di Nicola Zingaretti ad Achille Variati. Non tanto per la scelta di assegnare all’ex sindaco di Vicenza il ruolo di capolista veneto, quanto per il metodo dell’investitura solitaria, considerata uno sgarbo nei confronti degli altri 13 candidati dem.
E in quei giorni di aprile, si racconta di Calenda che ha mandato il tilt il cellulare di Zingaretti per ricordare che al leader nazionale corre l’obbligo di presentare l’intera squadra perché solo l’unione fa la forza. Polemica mai emersa, perché la caccia alla preferenza si è giocata senza esclusione di colpi tra 6-7 big in cerca della poltrona. E se il Pd emiliano ha puntato sulla Gualmini e De Castro, le truppe venete si sono divise tra Variati, Moretti, Puppato, Calò e Battiston con una gara davvero inedita.
L’ha spuntata Alessandra Moretti, con 51.043 preferenze, 1200 in più rispetto ad Achille Variati, sostenuto dal partito come candidato ufficiale in tutto il Veneto. L’impresa era quasi riuscita perché l’ex sindaco di Vicenza ha raccolto 48.282 consensi e qualche briciola in Emilia, Friuli e Trentino.
Nella sfida si è inserita Laura Puppato, l’ex senatrice trevigiana che si è piazzata sesta con 47.967 voti e ha staccato Roberto Battiston, l’astrofisico che ha guidato l’Agenzia spaziale italiana prima di essere cacciato dal governo Conte con lo spoil system.
Il segreto della vittoria di Alessandra Moretti? La popolarità dei talk show in tv con la 7 della Gruber e Floris e poi Agorà e Cartabianca di Rai 3, con il voto di opinione che premia un leader nazionale. Dalla tv alle piazze: ha girato tutto il Nordest con 150 incontri tra Bolzano, Trieste, Modena, Imola e Piacenza che le hanno regalato 3.500 preferenze in Trentino, 7.300 in Emilia e 2.500 in Friuli.
La somma con le 37.640 in Veneto le ha garantito il seggio a Strasburgo, dove ritorna cinque anni dopo il trionfo del 2014 quando il Pd di Matteo Renzi raggiunse il 43%. Quei fasti sono stati ricordati, qualche sera fa a Milano, in una convention tra l’ex premier, Calenda e la Moretti, decisi più che mai a tenere alta la bandiera liberal-riformista.
Se il Pd si solleva dal baratro del 18% e torna al 23,8% è anche grazie all’appoggio dell’ala di sinistra di Bersani, che ha candidato Cecilia Guerra nel listone Pd. L’ex ministro ha fatto scendere in campo Flavio Zanonato, eurodeputato di Sd, ex sindaco di Padova, per dare la carica alle truppe dem disperse nella diaspora scissionista. A Firenze è già tornato a casa Enrico Rossi. Addio LeU. C’è solo il Pd. Che dirà il “liberal” Calenda? —
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