Il pm: tesoro di Maniero, riciclaggio da 17 milioni
VENEZIA. Per la Procura distrettuale antimafia di Venezia, il dentista toscano Riccardo Di Cicco, ex cognato di Felice Maniero, e il broker Michele Brotini, amico dell’odontoiatra, avrebbero...
VENEZIA. Per la Procura distrettuale antimafia di Venezia, il dentista toscano Riccardo Di Cicco, ex cognato di Felice Maniero, e il broker Michele Brotini, amico dell’odontoiatra, avrebbero riciclato 17 milioni di euro - 33 miliardi di lire - frutto del tesoro di “Faccia d’Angelo” accumulato negli anni in cui era il boss della Mala del Brenta. I pubblici ministeri lagunari Paola Tonini e Giovanni Zorzi nelle scorse settimane hanno firmato l’avviso di chiusura delle indagini che è stato notificato ai difensori degli indagati. Si tratta dell’atto che normalmente precede la richiesta di rinvio a giudizio da parte dei rappresentanti della Procura che sarebbe dunque imminente. In autunno potrebbe essere fissata l’udienza preliminare.
L’arresto era scattato a metà gennaio da parte della Finanza. Dopo una breve detenzione a Belluno per il dentista Di Cicco e a Treviso per il broker Brotini, l’amministrazione penitenziaria aveva disposto il trasferimento dei due indagati rispettivamente nei carceri di Tolmezzo e Voghera. Una misura, quella della custodia cautelare, che le difese avevano sin da subito bollato come eccessiva, tanto che avevano presentato ricorso. Nelle scorse settimane pure la Corte di Cassazione, dopo il tribunale del Riesame di Venezia, ha negato la scarcerazione ai due indagati, sostenendo che i ricorsi presentati dai rispettivi difensori contro l’ordinanza del gip Alberto Scaramuzza erano inammissibili. L’ex cognato di “Felicetto” e il broker, dunque, attenderanno in carcere l’evoluzione della vicenda giudiziaria che li vede protagonisti e che ha alzato il velo sul tesoro di Maniero, oggetto per anni di inchieste e attività operative delle forze dell’ordine.
A Di Cicco e Brotini, la Procura distrettuale antimafia di Venezia contesta di aver riciclato 17 milioni di euro - tra l’altro in ville di lusso in Toscana, tra le colline e il mare, arredate con mobili da sogno e auto di altissima gamma - frutto dell’attività criminale di “Felicetto” tra spaccio di stupefacenti, rapine e traffico di armi.
A far scattare le indagini erano state le dichiarazioni rilasciate proprio da Maniero ai pubblici ministeri Tonini e Zorzi nel corso di alcune deposizioni tra marzo e settembre 2016. Dichiarazioni, queste, che secondo Di Cicco sarebbero state frutto della vendetta dello stesso ex boss della Mala del Brenta. Di Cicco aveva parlato al giudice, durante l’interrogatorio di garanzia, di un incontro avuto a fine dicembre 2015 con la sua ex moglie, Noretta Maniero, sorella dell’ex boss, durante il quale proprio Noretta aveva chiesto 150mila euro a Di Cicco per “Felicetto” che stava attraversando un momento di grosse difficoltà economiche e che si trovava senza contanti. Se Di Cicco non avesse ceduto alla richiesta di denaro - così avrebbe riferito Noretta - Felice avrebbe spedito in carcere sia lui che Michele Brotini. Qualche giorno più tardi, dinnanzi ai mancati invii di denaro, “Faccia d’angelo” - secondo quanto avrebbe dichiarato il dentista al gip - avrebbe parlato durante un incontro dei 10 miliardi di lire (non 33 miliardi di lire, come Maniero ha poi detto ai pm antimafia), dicendo che avrebbe dovuto sparare a Di Cicco già vent’anni prima. Dichiarazioni, queste, che il dentista aveva datato a inizio gennaio 2016. Tre mesi più tardi, il 12 marzo, “Felicetto” si era presentato in Procura a Venezia e aveva raccontato per la prima volta la sua verità dalla quale erano scaturite indagini e poi arresti e sequestri. L’ex boss ha così fatto ritrovare il suo tesoro, o una parte di esso.
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