Il primato nel Padovano: un conto da sei milioni
PADOVA. C’è il record di un’azienda agricola di Limena, nel Padovano, cui sta per arrivare una cartella da poco più di sei milioni di euro. E 4,8 milioni è il conto che sta per arrivare a un’azienda familiare di Gazzo Padovano. A San Pietro in Gu la cifra riportata in calce ad una sola cartella è di 4,6 milioni di euro. E poi stecche da quattro milioni ad Arzergrande, tre milioni a Pernumia. Cifre di poco inferiori nel Trevigiano, soprattutto nel Coneglianese: 2,9 milioni di euro a Conegliano, 2,8 milioni a Cimadolmo, 2,4 milioni ad Asolo, 1,2 milioni a Istrana. A Camponogara il record delle stalle del Veneziano: poco più di un milione di euro.
Non si scoraggia Paolo Gomiero, 49 anni, di Limena, produttore di latte da sempre, titolare di un’azienda agricola con diciotto dipendenti e un migliaio di vacche da latte: «Diciamo che produco tanto latte quanto basta per fare tutti i cappuccini dei bar di Padova. Sono abituato ad alzarmi alle quattro e mezza e a finire la mia giornata a mezzanotte: non sono spaventato di questa nuova tegola. Sono semplicemente stanco di essere considerato un delinquente» spiega. «A me è arrivata una cartella da tre milioni di euro, ma ne aspetto un’altra da altrettanto. Non l’ho ancora ritirata in Posta, lascio passare qualche giorno perché lo shock della morte di Franco è ancora forte. Lo conoscevo bene, poveretto: aveva provato a vendere dei terreni per fare un centro commerciale, ma poi l’operazione si era fermata. Lui era un po’ introverso, probabilmente non ha retto a tutta la situazione».
Il presidente di Cospa Veneto, l’associazione che riunisce cinquecento azienda agricole, si chiama Mauro Giaretta, di Gazzo Padovano ma con la stalla a Quinto Vicentino, e ha 51 anni: «Anch’io ho ricevuto la cartella dell’Agea, ma la considero una cartella pazza. Sono cifre che nascono da una truffa, quella escogitata dai funzionari romani che hanno sempre barato sulle quote e sulla vita media delle vacche. Lo dimostra un’indagine dei carabinieri del Ministero delle Politiche agricole, commissionata da Zaia, e che hanno tenuto nascosta nei cassetti. La verità verrà fuori: se alziamo i coperchi verranno fuori gli ulivi piantati nel Tirreno, le stalle in piazza Navona e le coltivazioni di tabacco inesistenti. Bisogna smetterla di considerare i produttori di latte come dei delinquenti, il peso psicologico è impressionante. Noi suggeriamo ai nostri allevatori di ricorrere alla magistratura ordinaria per il falso e al Tribunale amministrativo regionale. Ci daranno ragione».
Caterina Ketty Momi, veterinaria trevigiana di Mareno di Piave e produttore di latte, ha scaricato la mail certificata pochi giorni fa: «Il conto che mi è arrivato è di 490 mila euro, altrettanti sono a carico dell’azienda intestata a mio papà, che su questa storia ci ha rimesso la salute - spiega –. Abbiamo una stalla da 130 vacche, toccherà vendere dei terreni se perdiamo i ricorsi. Ma io credo non sia giusto: tutta questa vicenda si basa su dati falsi, documentalmente falsi.
Il sistema delle quote latte ha ingrassato le organizzazioni agricole che, per tenere in piedi Almaviva, ha sempre considerato noi dei dei disonesti. Ma questo latte noi l’abbiamo sempre dichiarato e fatturato, non l’abbiamo mai nascosto. E vi abbiamo pagato le tasse. Credo che su questa vicenda abbiano più colpe le organizzazioni agricole – Coldiretti e Cia in testa – che la politica».
Ruggero Marchioron, 51 anni, titolare di una stalla da 450 bestie a Gazzo, è il presidente del Cospa di Padova: «Questa è la storia di un’ingiustizia, quella che noi siamo subendo da vent’anni - spiega – . Casca giusto ora che ci sono le elezioni regionali, guarda caso. Ma ormai è chiarito che questa vicenda delle quote latte nasconde la grande truffa perpetrata da funzionari e burocrati romani ai danni dei produttori di latte. Hanno gonfiato artificiosamente i dati e falsato le cifre delle quote, facendo vivere le vacche fino a ottant’anni e facendoci passare per disonesti. Ma noi il latte che abbiamo prodotto lo abbiamo sempre fatturato e dichiarato, senza mai nasconderlo. I disonesti sono quelli che stanno al ministero». La preoccupazione è per tutto l’indotto che sta a valle e a monte delle aziende colpite: «Attorno a un’azienda agricola c’è una filiera produttiva, che va dai fornitori del mangime all’azienda casearia – aggiunge Marchioron – . Questo sistema viene messo in crisi se le aziende vengono messe in ginocchio da questa stangata. Noi rappresentiamo un tessuto economico, da noi dipendono le sorti di centinaia di famiglie e lavoratori. E poi perché bastonare i produttori di latte: siamo deficitari nella produzione nazionale, ne importiamo moltissimo dall’estero, perché allora darci la zappa sui piedi?». Deluso dalla politica: «I politici fanno prima ad andare a chiedere i voti dalle organizzazioni sindacali, noi siamo stati abbandonati, questa è la verità». E poi la preoccupazione: «La batosta è grande per molti: come possiamo lasciare una eredità così pesante ai nostri figli?»
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