Il Veneto confermato in zona gialla, Zaia: «Lavoriamo come fosse rossa»
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Il Veneto resta in zona gialla plus. Il “miracolo” di conciliare la massima libertà di movimento con il controllo della pandemia è il risultato di un eccezionale lavoro di squadra che vede impegnati i 54 mila medici e infermieri da febbraio in “guerra” con il Covid. Luca Zaia ovviamente sostiene che parte del merito va alla regia politica e se alle urne ha ottenuto il 76% dei voti vuol dire che la sua tesi non è infondata. Qui non c’è stato il cortocircuito della Campania, con De Luca rieletto con il 69% e gli ospedali in crisi un mese dopo, un blackout che ha reso evidenti le carenze strutturali di Napoli, confinato in zona rossa. Il “federalismo sanitario” esiste de facto. De Luca, dopo aver litigato con il sindaco di Napoli De Magistris, ieri ha criticato il test di Zaia sul tampone rapido fai da te. Il governatore del Veneto invece, dopo la conferma della zona gialla, ha tirato il freno: «Lo ripeto: non abbiamo vinto nulla e non è il caso di festeggiare, anche perché abbiamo a oggi 3.057 morti e 2.500 ricoverati, dei quali quasi 300 in terapia intensiva. Il virus esiste e non è una fantasia, non dobbiamo assolutamente abbassare la guardia. Dal punto di vista comportamentale dobbiamo guardare a questo giallo come fosse un rosso fuoco, perché non dobbiamo avere assolutamente cali di tensione: il Covid circola e gli ospedali sono sotto pressione».
In Veneto l’RT viaggia appena sopra l’1 per cento, mentre il tasso di occupazione delle terapie intensive offre ancora buoni margini di manovra rispetto ai 21 parametri del Cts guidato da Silvio Brusaferro che per il momento non cambiano. Ieri i letti riservati ai casi disperati sono scesi a 286, 10 in meno rispetto a venerdì. Il Veneto ha una dotazione standard di 494 rianimazioni, che in otto mesi sono diventate 1016. Gli unici elementi di criticità si registrano nei reparti con 2280 ricoveri Covid che si sommano agli altri 8 mila per le patologie standard.
L’esame settimanale dello staff del ministro Speranza ha rimescolato solo in parte le zone arancioni e rosse. Lombardia e Piemonte restano nella fascia di massimo rigore in cui entra anche l’Abruzzo. Veneto e Lazio conservano i loro privilegi nella zona gialla, grazie all’Rt attorno all’1 per cento.Che non ci fosse aria di ribaltone romano lo aveva fatto capire Zaia nel consueto tg web a Marghera, la pandemia raccontata con un mix di medicina, statistica, aneddotica e richiamo all’orgoglio veneto. Sempre con tono rassicurante. Perché se per combattere il Covid è nata la metafora della guerra allora bisogna chiamare tutti alle armi. Non solo medici, ma pure i dentisti e i veterinari devono fare il tampone.
«Ne ho parlato con il ministro Speranza e tra qualche giorno avremo la risposta definitiva. Non è possibile che per fare una puntura ci voglia una laurea, nei nostri paesi c’è sempre stata la buona abitudine di curarsi con la siringa di vetro che veniva fatta bollire prima della iniezione. Ci si aiutava tra famiglie. Questi sono i miei ricordi da bambino: ecco anche oggi ci vuole la stessa solidarietà».
In questa strategia rientra il boom dei test rapidi sierologici secondo il metodo Rigoli, la cui affidabilità è del 98% quando la carica virale è molto alta. Certo, il tampone molecolare è il gold standard ma richiede tempi lunghi di processo nelle microbiologie. La risposta arriva dopo 38-48 ore, salvo corsie preferenziali che vanno ovviamente riservate ai medici in prima linea.
«Ieri abbiamo effettuato 53 mila tamponi, di cui 37 mila rapidi che ci hanno segnalato 2500 positivi che non avremmo mai trovato in tempi così rapidi. Ora siamo in attesa che il Comitato tecnico scientifico si pronunci sul quesito sollevato dai professori Navalesi, Tacconelli e Cattelan che giustamente pretendono di utilizzare il molecolare per lo screening dei loro collaboratori», ha spiegato Zaia.
Nel record d’efficienza del Veneto, un contributo determinante arriva dai medici di base: su 3007 sono già 1618 quelli che hanno effettuato tamponi, pari al 59%. Solo l’8% non ha risposto all’accordo imposto dal ministro Speranza, anche se Zaia e Lanzerin ricordano di aver aperto la strada da marzo con 600 medici di famiglia che hanno collaborato gratis agli screening. Ora le condizioni contrattuali sono cambiate e per ogni test scatta un bonus che varia dai 12 ai 18 euro.
«Insomma, non era un’eresia pensare che si potesse fare un percorso con loro», conclude Zaia ». Ottimismo e prudenza. Questa è il distillato del successo. Che sia d’accordo anche Crozza? —
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