Il Veneto e il Papa buono: tutto sulla beatificazione di Giovanni Paolo I, alias Albino Luciani da Canale d’Agordo
CANALE D’AGORDO. Papa Giovanni Paolo I alias Albino Luciani (Canale d'Agordo, 17 ottobre 1912 – Città del Vaticano, 28 settembre 1978) è stato il 263º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica. Eletto il 26 agosto 1978 , il suo pontificato è il decimo pontificato più breve della storia della Chiesa cattolica: la sua morte avvenne dopo soli 33 giorni dalla sua elezione al soglio di Pietro. Nel 2017 è stato dichiarato venerabile da papa Francesco. Il 13 ottobre 2021 lo stesso pontefice ha autorizzato la promulgazione del decreto sancente il miracolo attribuito all'intercessione di Giovanni Paolo I. La sua beatificazione sarà celebrata il 4 settembre 2022 alle ore 10.30 in piazza San Pietro.
Questo speciale è dedicato a lui e alla sua beatificazione, senza alcuna pretesa di sembrare in qualche modo esaustivo.
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TUTTO IL PROGRAMMA
Ecco gli appuntamenti in programma in occasione della beatificazione del Pontefice Albino Luciani Giovanni Paolo I (1912-1978).
La celebrazione liturgica con il rito della Beatificazione si svolgerà domenica 4 settembre 2022 in Piazza San Pietro alle ore 10.30 e sarà presieduta da Sua Santità Papa Francesco.
La petizione per la Beatificazione verrà letta dal vescovo della diocesi di Belluno-Feltre, Renato Marangoni, in quanto eccezionalmente sede della Causa di canonizzazione del venerabile Giovanni Paolo I, insieme al Postulatore della Causa Cardinale Beniamino Stella e alla Vicepostulatrice, dott.ssa Stefania Falasca.
Nel corso della beatificazione, la Postulazione farà dono al Sommo Pontefice di un reliquiario con una reliquia del nuovo beato.
Per partecipare alla celebrazione i biglietti gratuiti dovranno essere richiesti alla Prefettura della Casa Pontificia, mentre tutti i vescovi e i sacerdoti che desiderano concelebrare e i diaconi che desiderano assistere, dovranno registrarsi direttamente al sito biglietti.liturgiepontificie.va
La sera precedente, sabato 3 settembre 2022, alle ore 18.30, presso la Basilica di San Giovanni in Laterano si terrà la Veglia di Preghiera presieduta dal Cardinale Angelo De Donatis, Vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma.
La Veglia in preparazione della beatificazione si svolgerà nella Basilica che custodisce la Cattedra del Vescovo di Roma, della quale Giovanni Paolo I prese possesso il 23 settembre 1978. Il momento di preghiera sarà animato da canti e letture di brani del magistero di Giovanni Paolo I. Per la partecipazione non occorreranno biglietti; l’ingresso sarà libero.
La Messa di Ringraziamento per la beatificazione di Giovanni Paolo I si svolgerà invece domenica 11 settembre 2022 nella diocesi di Belluno-Feltre.
La celebrazione avrà luogo alle ore 16 nella piazza di Canale d’Agordo, paese natale del nuovo beato, con la partecipazione dei vescovi e delle rispettive comunità delle tre sedi episcopali nelle quali il nuovo beato aveva svolto il suo ministero sacerdotale ed episcopale: patriarcato di Venezia, guidato da Monsignor Francesco Moraglia; diocesi di Belluno-Feltre, guidata da S.E. Mons. Renato Marangoni; diocesi di Vittorio Veneto, guidata da S.E. Mons. Corrado Pizziolo. A presiedere la Santa Messa sarà Monsignor Francesco Moraglia, metropolita della provincia ecclesiastica di Venezia.
Per le informazioni a riguardo il riferimento è il sito della diocesi: chiesabellunofeltre.it
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LA DEVOZIONE IN VENETO
Saranno un migliaio i bellunesi che si recheranno a Roma per la straordinaria ricorrenza. In piazza San Pietro saranno predisposti 46 mila posti a sedere. Più di 1.500 saranno a disposizione dei veneti, pellegrini delle diocesi di Luciani, Belluno Feltre, Vittorio Veneto e Venezia.
«I partecipanti al pellegrinaggio della chiesa bellunese e feltrina», informa don Fabiano Del Favero, «sono più di 350. Partiranno il 2 settembre. Ad essi si aggiungeranno, sempre dal territorio diocesano, altri 450 pellegrini organizzati in gruppi diversi. Si tratta, ad esempio, dell’Unitalsi, dei ladini della Valle del Biois, della corale di Limana e del gruppo musicale “Arcobaleno”, dell’Abm (Bellunesi nel mondo) e di altre realtà.
Ci sono poi una cinquantina di giovani, anche loro bellunesi, che il 31 agosto partiranno per un pellegrinaggio a piedi, lungo la Via Francigena, per arrivare a Roma il 4 settembre. Questo gruppo fa parte di un pellegrinaggio giovanile interdiocesano, condiviso tra Belluno, Vittorio Veneto e Venezia. Sono dunque assicurati per tutti i posti a sedere in Piazza San Piestro, dove si svolgerà il solenne rito.
La diocesi di Belluno Feltre, essendo stata la promotrice della causa di beatificazione, ha invitato alla celebrazione le autorità civili e militari del Bellunese, nonché i rappresentanti delle associazioni sia sociali che economiche e culturali. I 1.500 pellegrini del Veneto, che si trasferiranno quasi tutti in pullman, saranno accompagnati da un manuale di preghiere e letture dedicate a Luciani, che è stato predisposto dagli uffici della cultura e della liturgia delle tre diocesi direttamente coinvolte.
Sabato 3 settembre, alle 10, nella basilica di San Pietro, presso l’altare della Cattedra, gli stessi pellegrini veneti saranno riuniti in preghiera dal patriarca Francesco Moraglia e dai vescovi Renato Marangoni e Corrado Pizziolo per partecipare a una messa, sempre nella memoria di Luciani.
Alla celebrazione parteciperanno il canto la corale di Limana e il gruppo Arcobaleno, sempre di Limana, che proporranno anche una canzone dedicata a Luciani. La sera del 3 settembre i bellunesi prenderanno parte alla veglia in piazza San Pietro presieduta dal cardinale De Donatis, vicario di Roma, che in luglio ha accompagnato i preti della sua diocesi in due visite a Canale.
Domenica 4 settembre sarà presente anche Candela Giarda, la giovanissima argentina miracolata da Luciani, che il 10 e 11 dello stesso mese, salirà a Canale. Ad accompagnare Giarda saranno la madre Roxana Sousa e padre Josè Debusti che consigliò la famiglia di Candela ad affidarsi all’intercessione di Luciani.
Zaia: il sorriso di un veneto e la nostra grande mobilitazione. «Il sorriso di un veneto, lo stesso che in trentatré giorni ha dato nuova fiducia al mondo, da domenica prossima sarà quello di un Beato. A nome di tutti i veneti esprimo gratitudine a Papa Francesco per questo avvenimento che offre al mondo come modello un uomo di chiesa che con la sua semplicità ha raggiunto il pontificato, mantenendo sempre la genuinità nella fede e nei rapporti col prossimo, la determinazione nell'impegno, la concretezza nel lavoro e, soprattutto, l'umiltà; caratteristiche delle nostre genti dolomitiche e dei veneti tutti». Lo afferma in una nota il Presidente del Veneto, Luca Zaia, che sarà presente domenica
prossima in San Pietro, alla cerimonia di beatificazione.
«La mobilitazione annunciata nella nostra regione è grande per questa occasione – prosegue Zaia - e non potrebbe essere altrimenti. Papa Luciani è nato e cresciuto nell'Agordino, ha insegnato a Belluno, è stato vescovo di Vittorio Veneto e, poi, Patriarca di Venezia. La sua carriera pastorale ha attraversato il Veneto e lo rappresenta; la sua beatificazione è una festa che sentiamo nostra. È un figlio di questa terra, uno che, come tanti della nostra gente, ha conosciuto la durezza del lavoro nella famiglia contadina, gli anni della fame e della miseria,
l'emigrazione dei familiari, la fatica per conquistarsi il diritto allo studio, ma senza perdere mai speranza e ottimismo. Anche per questo lo sentiamo nostro. Papa Luciani, in appena un mese sulla cattedra di San Pietro, con il suo sorriso e la sua schiettezza sottolineata dal nostro accento veneto ha inaugurato un nuovo rapporto con i fedeli; domenica andrà ad aggiungersi ai numerosi Santi e Beati che la nostra terra ha dato al mondo cristiano. Un riconoscimento che conferma, ancora una volta, il ruolo di cui la comunità veneta è stata protagonista nella Chiesa del '900. Un secolo in cui sono stati ben tre i Patriarchi di Venezia chiamati al Pontificato; tutti di umili origini, tutti - conclude - saliti alla gloria degli altari».
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BEATO SUL CALENDARIO IL 26 AGOSTO
Ricorrerà il 26 agosto di ogni anno la memoria liturgica del beato Papa Luciani. L’annuncio sarà dato domenica, al rito della beatificazione. E’ stata scelta la data dell’elezione al soglio pontificio, anziché quella del 12 ottobre, il giorno della nascita. Per il suo successore Giovanni Paolo II, la festa liturgica cade il 22 ottobre, data che ricorda quella dell’inizio del ministero, il 22 ottobre 1978. Per San Paolo VI si è optato per il 29 maggio, giorno della sua ordinazione sacerdotale (nel 1920).
«Questa scelta l’avrebbe gradita anche monsignor Vincenzo Savio – commenta don Davide Fiocco, prete di Canale, responsabile dell’ufficio Cultura della diocesi e componente della Fondazione vaticana Luciani –. Giova, in questi giorni, ritornare all’intuizione e alla lungimiranza con cui monsignor Savio, allora vescovo di Belluno Feltre, nel 2005 volle dare inizio a questo percorso. Poiché alla nostra indole montanara piace crogiolarsi nella lamentazione, come un buon padre egli ci suggerì di riscoprire i nostri tesori: prima l’arte delle chiese di montagna, per le quali avviò un’attività di valorizzazione e di restauro; ma c’era un altro tesoro da riscoprire, cioè le tracce di santità che son fiorite nelle comunità parrocchiali di montagna. Il cammino di “don Albino” era sicuramente il più evidente».
Il processo di beatificazione è iniziato nel 2003, cinque lustri dopo la morte, perché le precedenti e pur autorevoli istanze non avevano trovato in alto l’atteso interessamento, ricorda don Fiocco. Il riconoscimento della sua santità ha chiesto più tempo rispetto sia al predecessore Montini, sia al successore Wojtyla, perché nella Chiesa non c’è mai stata una «corrente lucianea», capace di sospingere il carro – fa notare ancora Fiocco – insieme alla nostra piccola diocesi; non c’è mai stato chi volesse canonizzare la sua linea di governo, dal momento che il suo governo finì prima d’iniziare. Inoltre al suo processo canonico non è stato scontato alcunché.
«Ma ora, alla fine di tanto impegno, possiamo orgogliosamente assaporare la meta raggiunta, perché tutto è stato fatto con scienza e coscienza. E questo è un valore aggiunto al lavoro e al traguardo stesso».
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L’ELOGIO DI BERGOGLIO: «ERA IL PAPA DELLA PACE»
Papa Luciani impegnato a sostenere i colloqui di pace a Camp David, nel settembre 1978. Ancora Luciani che definisce “peccato grave” non pagare il giusto salario agli operai. E Luciani figlio di una terra la cui gente “camminava sulla terra, non tra le nuvole”. Questo tratteggio ha una firma autorevole, quella di Papa Francesco.
C’è, infatti, un filo rosso che collega Giovanni Paolo I a Francesco. Lo fa intendere lo stesso Bergoglio nella prefazione per il libro “Il Magistero. Testi e documenti del Pontificato” di Giovanni Paolo I. Un volume a cura della Fondazione vaticana Giovanni Paolo I, edito dalla Libreria editrice vaticana e Editrice San Paolo, che verrà reso pubblico in occasione del primo convegno di studi a Roma, il 13 maggio, cui prenderanno parte anche il vescovo Renato Marangoni, don Davide Fiocco e Loris Serafini.
Dunque papa Francesco ricorda Giovanni Paolo I proiettato sul versante della pace: “Le numerose espressioni sparse nei suoi interventi pubblici di quei giorni che esprimevano il suo sostegno ai colloqui di pace tenuti dal 5 al 17 settembre 1978 e che impegnarono a Camp David il presidente statunitense Jimmy Carter, il presidente egiziano Anwar al-Sadat e il premier israeliano Menachem Begin”.
O anche le parole rivolte il 4 settembre a oltre cento rappresentanti di missioni internazionali, in cui esprimeva l’auspicio che “la Chiesa, umile messaggera del Vangelo a tutti i popoli della terra, possa contribuire a creare un clima di giustizia, fratellanza, solidarietà e di speranza, senza la quale il mondo non può vivere”.
Ma c’è anche dell’altro che, come si diceva, collega i due papi, la predilezione dei poveri e dei lavoratori, fino a sostenere, appunto, che è un peccato grave non pagare il dovuto agli operai.
“Nel tempo breve vissuto come successore di Pietro, papa Giovanni Paolo I”, testimonia ancora papa Francesco, “ha confessato la fede, la speranza e la carità, virtù donate da Dio, dedicando a esse le sue catechesi del mercoledì. E ci ha ripetuto che la predilezione dei poveri fa infallibilmente parte della fede apostolica, quando – nella liturgia celebrata a San Giovanni in Laterano per la presa di possesso della Cattedra Romana – ha citato le formule e le preghiere imparate da bambino per riaffermare che l’oppressione dei poveri e il «defraudare la giusta mercede agli operai» sono peccati che «gridano vendetta al cospetto di Dio».
E proprio per la fede del popolo cristiano, a cui egli apparteneva, ha potuto rivolgere uno sguardo profetico sulle ferite e i mali del mondo, mostrando quanto anche la pace stia a cuore alla Chiesa”.
Bergoglio ricorda che Luciani ricevette “la fede come un dono nella sua famiglia di operai ed emigranti”. Una famiglia che “conosceva la fatica della vita per portarsi a casa il pane”. “Gente che camminava sulla terra, non tra le nuvole”, precisa papa Francesco, a proposito dei Luciani e della gente della Valle del Biois.
E poi c’è un altro elemento di continuità fra i due pontefici: l’umiltà. “Il riconoscersi piccoli non per sforzo o per posa, ma per gratitudine. Perché si può essere resi umili solo nella gratitudine per aver provato la misericordia senza misura di Gesù e il suo perdono”.
È la prima volta del pontefice in carica di uno scritto così approfondito sul papa bellunese. Ed è significativo che in queste pagine Francesco associ la memoria di Luciani a quella dell’arcivescovo martire Óscar Arnulfo Romero, assassinato sull’altare e oggi venerato santo dal popolo di Dio. Il 3 ottobre 1978, a pochi giorni dall’improvvisa morte del pontefice in carica, Romero celebrò una messa in memoria. Con la brevità del suo pontificato – disse Romero – Giovanni Paolo I aveva avuto «solo il tempo di dare al mondo la breve ma densa risposta che Dio dà al mondo attuale.
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LA CASA MUSEO NELLA SUA CANALE D’AGORDO
Nella devozione popolare, Papa Luciani è già considerato un santo, neppure solo un beato, anche se agli onori degli altari salirà probabilmente il prossimo anno, come tutti auspicano a Canale (e non solo). A testimoniare che a “don Albino”, come lo chiamano ancora al paese natale, si attribuiscono grazie e addirittura miracoli sarà una stanza della sua casa natale dove verranno esposti tanti quadri ed altre testimonianze di “per grazia ricevuta” .
«Ne sono arrivate da tutto il mondo», conferma il direttore Loris Serafini, «ovviamente non si tratta di grazie o guarigioni certificate, ma testimoniano di certo la straordinaria devozione per Luciani».
Oggi, su richiesta e su prenotazione, apre, insieme al Musal (Museo Albino Luciani) anche la ristrutturata casa natale, visitabile ai primi due piani già nel 2019. I fedeli avranno l’occasione di entrare anche nelle altre cinque stanze del secondo piano, immergendosi così completamente nella vita di Luciani e della sua famiglia.
«Siamo davvero felici di questa riapertura», aggiunge Serafini, «durante i mesi di chiusura abbiamo lavorato molto per poter essere pronti a questo momento che rappresenta solo l’inizio di tante iniziative in programma e che, come ogni anno, ricorderanno e celebreranno Albino Luciani».
La casa in via Rividella 8, dove alle 12 di giovedì 17 ottobre 1912 nacque Albino Luciani, aprì alcune stanze nell’agosto 2019, con una visita del cardinale Stella, postulatore della causa di canonizzazione di Giovanni Paolo I.
«Per tutti fu una grande emozione poter entrare nelle stanze che videro nascere e crescere Luciani fino all’ottobre 1923, quando entrò nel seminario di Feltre».
Dopo l’inaugurazione, furono centinaia i fedeli che accorsero a Canale per vedere di persona la stua, il locale più caldo della casa dove il piccolo Albino vide la luce e fu battezzato per imminente pericolo di vita dalla levatrice Maria Fiocco; o la stanza da letto dove Luciani, da vescovo di Vittorio Veneto, riposava durante le visite al fratello. —
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IL PAPA VICINO A MEZZADRI E CONTADINI
Luciani inedito. Il papa (il vescovo e il patriarca) di cui poco o nulla si parla e si scrive. Perché scomodo, forse. Perché fra i tanti pellegrinaggi a Roma per la beatificazione del 4 settembre c’è anche quello dei Bellunesi nel mondo?
Ecco cosa il vescovo Luciani, fresco di nomina, raccontò il 26 dicembre 1959 agli emigranti di Moriago della Battaglia. «Mi vengono in mente le serate nella cucina della mia casa quando ero bambino. La mamma ci faceva pregare per nostro padre che faceva il muratore o lo spaccapietre in Svizzera. Lo vedevo soltanto durante meno di due mesi, in inverno, allorché il gelo lo cacciava dai cantieri… Ho compreso poi la sollecitudine dolorosa di mia madre; quella ancor più amara di mio padre, costretto per darci un po’ di pane a lavorare lontano dalla sua famiglia, dal suo paese, dalle sue montagne. Anche per questo, soprattutto per questo, conosco i vostri sacrifici, le vostre rinunce, conosco lo stato d’animo di chi, come voi, s’appresta fra alcuni giorni a lasciare nuovamente la propria casa e vorrei che mi consideraste uno dei vostri».
È con il medesimo afflato che Luciani, sia da vescovo che da patriarca, si pone in relazione col mondo del lavoro, operaio in articolare. «Da sabato 19 novembre 1960 era in corso alla Zoppas di Conegliano lo sciopero a tempo indeterminato, dopo che erano state già fatte nove giornate da maggio dello stesso anno. – racconta Vittorino Dal Bo, allora operaio diciottenne – L’agitazione era nata a sostegno della vertenza degli elettromeccanici che volevano raggiungere un contratto integrativo “nazionale” di categoria. Decidemmo, come componenti del “Comitato di resistenza”, decidemmo di andare ad illustrare i motivi della nostra vertenza al Vescovo Luciani. Albino Vescovo, dopo che avevamo illustrato i motivi della lotta, espresse solidarietà alla vertenza in atto e nel momento del congedo, senza che noi avessimo chiesto alcun contributo, lui stesso offrì 50.000 lire (di quei tempi!) “quale - disse - contributo personale del vostro pastore”, con la raccomandazione di non fare pubblicità».
La notizia finì sul giornale. Gino Zoppas si arrabbiò col cappellano dei lavoratori e lo cacciò dalla fabbrica. Luciani intervenne con lo stesso Zoppas e sabato 17 dicembre venne firmato il primo accordo integrativo “aziendale” che aprì la stagione dei contratti a questo livello.
È lo stesso Luciani che qualche anno dopo, a Natale, si rifiuterà di andare a celebrare la messa al calzificio De Nardi, come forma di sostegno delle rivendicazioni delle 250 dipendenti. Sono storiche le lotte dei mezzadri nel 1971, che vedono la Coldiretti dalla parte di quelli che allora venivano definiti i “padroni”. Il vescovo di Treviso invita la Cisl a smetterla con la mobilitazione. E Luciani?
«Sono convinto che la strada tracciata dalla Cisl per i mezzadri sia quella giusta; ricordatevi però che la vostra responsabilità è grande perché migliaia di famiglie attendono da voi la soluzione ai propri problemi», dirà il vescovo di Vittorio ai sindacalisti.
Quelli di Vittorio Veneto sono gli anni della conversione conciliare del prelato di origini bellunesi. Quando sarà a Venezia, Luciani cambierà registro. Ma non col mondo del lavoro, con Marghera in particolare.
Siamo nell’agosto del 1970. Luciani si reca personalmente nelle fabbriche occupate – l’Italsider, la Breda, Montefibre, la Montedison – dove conoscerà, tra l’altro, un leader sindacale, cattolico ma particolarmente intransigente nella difesa dei lavoratori, Ferruccio Brugnaro, il padre dell’attuale sindaco. Va ad ascoltare i problemi e a celebrare, se glielo consentono. Si muove sempre nell’ottica della difesa delle famiglie e, quindi, per la sicurezza dei posti di lavoro.
Taluno lo rimprovera di paternalismo. Il patriarca non si scoraggia. Scriverà ai preti, a conclusione delle vertenze, confermando che gli operai avevano ragione a scioperare: per ottenere un trattamento da persone umane e da fratelli. E sui “padroni” è severissimo. «La religiosità di un padrone è zoppicante se si limita alle pratiche di culto, ai doveri familiari, alla carità materiale; è completa se si estende al campo economico, adempiendo anche i doveri della giustizia sociale».
Nell’aneddotica c’è perfino un presunto miracolo di cui riferire. Ricordate quel Vittorino Dal Bo della Zoppas?
«Nel 1965 fui colpito da una emorragia duodenale. Venni ricoverato d’urgenza nell’Ospedale di Conegliano. Mi fecero le trasfusioni di sangue – ha raccontato Dal Bo a Goriziano Merotto, un collega -. Il venerdì santo venne in ospedale di Conegliano il Vescovo Luciani per visitare gli ammalati. Avevo la febbre oltre 40 gradi e i medici avevano dichiarato che la malattia era grave. Luciani si diresse verso il mio letto. Dandogli del “tu” gli chiesi: “Cosa fai qua oggi con tutto il lavoro che hai da fare in Cattedrale?”. Albino mi rispose: “Do preferenza agli ammalati”. La mattina successiva la febbre era sparita! Domenica, giorno di Pasqua, mi portarono per pranzo il solito “brodetto” perché non potevo mangiare. Chiesi invece di avere un uovo sodo. La suora, con stupore, dovette darmelo. Lo mangiai. Dopo otto giorni fui operato e guarii completamente».
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