«Il Veneto raccoglie la sfida, negozi chiusi alla domenica»

L’assessore regionale Marcato: «Il decreto Monti che liberalizza gli orari va modificato. Bastano 20 aperture festive l’anno, il Parlamento ora decida in tempi rapidi»

PADOVA. «Il Veneto è pronto a raccogliere la sfida per bloccare le aperture domenicali dei negozi. Bisogna dare dignità al lavoro e al riposo e quindi mi piace ricordare la frase di papa Wojtyla quando parlava di “capitalismo dal volto umano”. Siamo tutti d’accordo: giunta regionale, parlamentari, sindacati e associazioni dei consumatori hanno già elaborato una proposta che verrà presentata alla Conferenza Stato-Regioni. Certo, imporre lo stop tout court sarà difficile ma si può arrivare a 20 aperture l’anno tra domeniche e superfestività».

Roberto Marcato, assessore regionale alle Attività produttive e al Commercio, raccoglie l’appello lanciato da Marcello Cestaro, presidente del gruppo Unicomm, che ha chiesto al Veneto di guidare la battaglia per modificare il decreto Monti che nel 2011 ha liberalizzato gli orari dei negozi.

Assessore Marcato, quali impegni si sente di assumere: non le sembra una sfida quasi impossibile?

«Di impossibile non c’è nulla. Io raccolgo l’appello di Cestaro, che è perfettamente in linea con le nostre iniziative. Nel 2011 la Regione ha approvato la legge 30 che fissava il limite massimo di 20 aperture l’anno fra domenicali e festive, ma è stata impugnata e dichiarata incostituzionale alla luce del decreto Monti. Oggi il quadro è cambiato e i dipendenti dei centri commerciali chiedono il diritto al riposo, così il Veneto ha istituito il “tavolo etico” presieduto da don Enrico Torta, cui partecipano Federdistribuzione, sindacati e parlamentari per elaborare una strategia condivisa».

ZAGO TREVISO MANIFESTAZIONE COMMESSE'' NON TOGLIETECI LA DOMENICA''
ZAGO TREVISO MANIFESTAZIONE COMMESSE'' NON TOGLIETECI LA DOMENICA''

A che punto siete?

«Ci siamo posti due obiettivi: sensibilizzare la comunità e modificare il decreto Monti. Alla prossima conferenza Stato-Regioni io chiederò che la competenza in materia di commercio torni a noi e non più al Governo. Le Regioni hanno una visione territoriale molto più completa e il Veneto può avere esigenze diverse rispetto alle Marche. Poi va rivisto il decreto Monti, inserendo il limite massimo di 20 aperture».

E con quali motivazioni?

«L’aspetto etico è fondamentale: a Natale e a Pasqua è giusto restare con la famiglia e non lavorare 7 giorni su 7. Poi c’è l’aspetto economico e dai dati di Federdistribuzione risulta che non c’è stato un aumento del volume di vendite ma gli stessi ricavi sono spalmati su 7 giorni invece di 6. In Austria e in molti paesi Ue i negozi chiudono al sabato pomeriggio e riaprono al lunedì: se hai fatto la spesa ti salvi, altrimenti vai al ristorante».

Ma il Veneto da solo cosa può fare, anche il Friuli ha provato a mettere un freno ma la Consulta ha fermato la Serracchiani. E quindi?

«Il problema è proprio questo: serve una legge nazionale che affidi poi i poteri alle Regioni, che dovranno adottare dei criteri omogenei per evitare il nomadismo dello shopping stile Far West da una città all’altra».

Assessore, dica la verità: è Monti che non le sta proprio simpatico o lei ritiene davvero che alla domenica sia giusto riposare?

«Siccome le parole sono pietre, il decreto “Salva-Italia” è nato in un momento del tutto eccezionale, ora stiamo uscendo lentamente dalla crisi e possiamo tirare un bilancio: conti alla mano risulta che il volume d’affari del commercio non è aumentato del 30% ma è rimasto sempre lo stesso, ma sono aumentate solo le tensioni nelle famiglie. Le aperture domenicali sono inutili e spero che le proposte di legge presentate dai partiti siano approvate. Lega, Pd, M5S hanno progetti analoghi, bisogna superare le divisioni ideologiche e portare in aula la modifica al decreto Monti».

Anche lei come Cestaro ritiene che sia giusto andare a messa o a passeggiare in montana nei giorni festivi?

«Certo. Abbiamo bisogno di un capitalismo dal volto umano, altrimenti in nome del Pil e del dio denaro liberalizziamo tutto. Ci sono altri valori: una mamma ha diritto a passeggiare con i bimbi e il marito alla domenica e se il Pil non cresce dello 0,00001% va bene lo stesso».

Assessore, allarghiamo l’orizzonte: qual è lo stato di salute del commercio in Veneto?

«C’è una leggera ripresa dei consumi, ma trovo ci sia poca razionalità nelle aperture dei centri commerciali. Nel raggio di un paio di km si offrono gli stessi prodotti: non si tratta di villaggi turistici con l’ombrellone, la spiaggia e il mare pulito in grado di richiamare clienti e turisti da ogni angolo d’Europa, ma di strutture più o meno simili. La Francia che ha aperto la strada ora sta facendo dietrofront: pensiamoci. Riflettiamo, ci vuole razionalità. Basta con le cattedrali nel deserto, non dobbiamo ripetere gli stessi errori del decreto Tremonti con cui si è sconvolta la campagna del Veneto: metà di quei capannoni sono vuoti. Basta. La legge sul “consumo zero” del territorio ha questa precisa funzione: evitare il boom di strutture che poi restano mezze vuote. Ci vuole una programmazione, con investimenti oculati e rispetto della qualità della vita. Alla domenica è giusto riposare e non lavorare».

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