In Veneto 18 miliardi di sofferenze bancarie il 10% del buco italiano

Su 315 mila affidamenti sono 81.200 quelli non restituiti Cgia: il 79% dei crediti deteriorati in mano ai grandi gruppi

PADOVA. “Npl” e sofferenze bancarie: il Veneto ha raggiunto i 18,6 miliardi di euro, pari al 10 per cento del dato nazionale che in termini assoluti si attesta a 186,7 miliardi (dati al 30 settembre 2016). E in Veneto sono 81.200 i clienti che hanno ricevuto affidamenti senza restituirli alla scadenza e finiti a ingrossare l’esercito delle sofferenze. Il dato inserito nel contesto generale, vede un numero totale di affidamenti pari a 315.211 e un tasso di “sofferenza” del 25,8 per cento: una percentuale nettamente inferiore alla media nazionale del 37,6.

E come succede nel resto d'Italia, anche nella nostra regione il 79,3 per cento dei crediti deteriorati è in capo al 10% del top rate o prime rate, ovvero i “migliori affidati”, alias le grandi famiglie, ai gruppi societari o alle grandi imprese. Nonostante siano poco affidabili, questi “big” hanno ottenuto l'82,2% del totale dei prestiti erogati dal sistema bancario.

«Un autentico paradosso» segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo, «che non ha eguali nel resto d'Europa. Anche nel Veneto, chi è insolvente continua a ricevere la stragrande maggioranza dei prestiti bancari. Chi, invece, dimostra di essere affidabile, come le piccole imprese o i lavoratori autonomi, riceve i soldi con il contagocce».

Tale situazione ha provocato una forte contrazione degli affidamenti all'economia reale della nostra regione. Non essendo in grado di recuperare una buona parte dei prestiti erogati, le banche hanno deciso di non rischiare più e hanno chiuso i rubinetti del credito, penalizzando soprattutto gli artigiani, i piccoli commercianti e il popolo delle partite Iva. Solo nell'ultimo anno (settembre 2016 su settembre 2015) gli impieghi alle imprese venete sono crollati di 5,9 miliardi di euro.

«Nel rapporto tra banche e imprese» prosegue Zabeo, «quelle di grandi dimensioni hanno sempre fatto la parte del leone, mentre le piccole e le micro, ancorché più affidabili rispetto alle altre, continuano ad avere un potere negoziale con gli istituti di credito pressoché nullo. Da ciò si evince che nel suo complesso il sistema presenta delle distorsioni molto preoccupanti che vanno assolutamente eliminate. Un’anomalia tutta italiana che si è alimentata in questi ultimi decenni attraverso il massiccio ricorso al credito relazionale; ovvero i soldi, nella stragrande maggioranza dei casi, venivano prestati agli amministratori, ai soci e ai conoscenti senza garanzie, con la complicità delle istituzioni predisposte al controllo che, colpevolmente, hanno fatto finta di non vedere il sistema di relazioni personali».

A livello territoriale, infine, la provincia che presenta il valore più alto di crediti deteriorati è Padova: al 30 settembre 2016 le sofferenze hanno toccato quota 4,1 miliardi di euro. Seguono con 3,8 miliardi Treviso e con 3,6 miliardi Verona e Vicenza. Chiude la graduatoria regionale la provincia di Belluno con 374 milioni di euro.

Se, invece, analizziamo la situazione veneta riferendoci alla quota di sofferenze causata dalla migliore clientela (il primo 10% degli affidati) troviamo al primo posto Verona (81,6 per cento). Nel secondo gradino del podio c'è Padova (81,2 ) e nel terzo Venezia (79,1) Chiude la classifica Belluno (74,1 per cento).

Dopo l’analisi dei numeri, Renato Mason, segretario della Cgia di Mestre, aggiunge: «Accogliamo con grande soddisfazione l'ipotesi di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta che faccia chiarezza su quanto accaduto in questi ultimi anni. La fiducia nei confronti delle banche salvate con il contributo dei soldi pubblici si riconquista anche attraverso la pubblicazione dei nomi, degli importi non ancora restituiti e della quantità di aiuti che questi istituti si sono fatti carico sino a ora per le ristrutturazioni di queste aziende insolventi. Non vorremmo, infatti, che coloro che hanno contribuito a dissestare i bilanci di molti istituti ce li ritrovassimo tra qualche tempo a pontificare come maestri di vita o peggio ancora come Cavalieri del lavoro. Nel caso tutto questo non fosse possibile per una questione di privacy, auspichiamo che la Commissione parlamentare di inchiesta o una legge ad hoc consentano ai soci delle banche in difficoltà di poter comunque visionare i dati che noi abbiamo elaborato e che sono a disposizione di chiunque voglia capire le anomalie del sistema creditizio italiano». (al.sal.)

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova